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L’Occidente rischia di perdere tutte le sue battaglie?
Il futuro dell’Ucraina e del Medio Oriente è carico di molteplici possibilità: da un lato una vittoria gloriosa, ma dall’altro anche una sconfitta totale. L’Occidente potrebbe perdere le sue guerre per procura sia in Ucraina che in Israele, per non parlare della guerra economica ingaggiata contro la Cina. Uno scenario catastrofico di tale portata appare quanto meno realistico, sebbene non del tutto prevedibile.
È lecito chiedersi, come mai? L’Occidente è infinitamente più ricco di Cina e Russia, ed è dotato di forze militari di gran lunga superiori. Gli Stati Uniti sono ancora i leader globali nello sviluppo tecnologico, e si apprestano a produrre una moltitudine di dispositivi high-tech. Noi tutti godiamo di governi e sistemi politici stabili, eppure questo non basta a risolvere la questione, a quanto pare.
Le ragioni sono diverse. Il tessuto sociale dell’Occidente è in fase di disfacimento. L’ascesa di Donald Trump e la Brexit non sono state quelle eccezioni che i difensori liberali dello status quo avevano pronosticato. Il Brasile ha conosciuto Jair Bolsonaro. L’Argentina ha appena eletto Javier Milei, l’ultraliberista che vuole abolire la banca centrale. Trump è ricomparso sulla scena politica come serio sfidante per la presidenza americana. A mio avviso, la ragione profonda dell’instabilità politica collettiva dell’Occidente è da ricercarsi nell’accavallarsi di crisi finanziarie, salvataggi monetari, austerità fiscale e una globalizzazione esasperata.
In secondo luogo, la quota occidentale della produzione economica globale è in progressivo declino, dal 60 percento del 1980 a circa il 40 percento di oggi. (Ho utilizzato la parità di potere d’acquisto stabilita dal Fondo monetario internazionale. Esistono anche altri parametri). Si prevede che tale quota scenderà ancora. Ciò che non si è ancora sgonfiato è il nostro ego, e la convinzione che siamo ancora noi a tenere in pugno le redini del mondo.
Terzo punto: il ricorso eccessivo dell’Occidente alle pressioni economiche ha scatenato una reazione violenta, da parte di tutti coloro che le sanzioni le subiscono, come pure dai paesi non allineati. Ma nemmeno le sanzioni funzionano come vorremmo. I beni di lusso occidentali non sono mai spariti dagli scaffali dei negozi a Mosca e a San Pietroburgo, trasportati da camion provenienti da paesi terzi dell’Asia centrale e del Medio Oriente. Il tetto massimo al prezzo del petrolio russo, imposto dall’Occidente, non ha dato i risultati sperati, in quanto la Russia e i suoi clienti hanno trovato il modo per aggirarlo. Lo scopo precipuo delle sanzioni era quello di impedire a Vladimir Putin di finanziare la sua guerra contro l’Ucraina. Dopo quasi due anni di combattimenti, la Russia ha adottato un’economia di guerra che ben presto potrebbe superare, in termini di produzione, l’entità degli aiuti militari forniti all’Ucraina dai paesi occidentali. È l’esatto opposto di quello che gli analisti occidentali avevano previsto. Le sanzioni si sono dimostrate un completo fallimento, conseguenza di un atteggiamento marcato da arroganza e ignoranza.
Quarto punto: continuiamo a sottostimare le capacità dei nostri avversari. La Cina ha reagito alle sanzioni statunitensi sui semiconduttori avanzati producendoli direttamente. Ricordo lo stupore espresso dai funzionari del governo americano sul finire di agosto quando hanno scoperto che Huawei aveva utilizzato un microchip ad elevate prestazioni nel suo ultimo smartphone. Chris Miller, autore del libro Chip Wars, non si era fatto scrupolo di schernire la Cina per i tentativi falliti di costruire un impianto di produzione di semiconduttori. Ma anche la sua narrativa aveva sottovalutato le capacità cinesi. Quando le più prestigiose università americane e inglesi incassano decine di migliaia di dollari e di sterline dagli studenti cinesi che le frequentano ogni anno, non sorprendiamoci se questi finiscono con l’apprendere un paio di cosette. Lo scorso anno il Regno Unito ha ospitato ben 150.000 studenti cinesi.
Nei veicoli elettrici, la Cina è già all’avanguardia. Nel giro di pochi anni, ha superato Germania e Giappone come principale esportatore di auto elettriche. In tutto questo si delinea uno schema che si riflette nella politica, negli affari e nelle università, ovvero che i politici e gli intellettuali occidentali sottovalutano di norma tutte le regioni del mondo a loro ignote.
Uno dopo l’altro, i fallimenti si accumulano. In Ucraina, l’esito del conflitto resta completamente aperto. Giorgia Meloni c’è cascata in pieno, quando ha ammesso, in una telefonata con un paio di giornalisti burloni, che l’Occidente è stanco e che lei personalmente sta studiando un piano per metter fine alla guerra. Putin avrà ascoltato i suoi commenti con un certo interesse, c’è da scommettere. E la sua linea d’azione razionale sarà senz’altro quella di proseguire nei combattimenti il più a lungo possibile. Non dimentichiamo che i guerrafondai sono coloro che traggono il massimo vantaggio dai conflitti, per tutta la loro durata. E inoltre, avendo riformulato lo scopo della guerra come una lotta contro l’Occidente, Putin non ha più alcun interesse ad accontentarsi di una conquista territoriale, né tantomeno ad accettare l’idea che il resto dell’Ucraina diventi membro della Nato e dell’Unione europea. Nel presidente cinese Xi Jinping, Putin ha trovato un nuovo alleato nella battaglia contro l’Occidente, anche se più anziano. E infine, perché cercare una soluzione prima delle elezioni americane? Se dovesse vincere Trump, Putin sicuramente potrebbe contare su un accordo più vantaggioso. Specie in questo momento, in cui l’Occidente è distratto da Israele, per Putin è più logico resistere.
Nel frattempo, l’Occidente sta perdendo alleati tra i paesi non allineati. Le ex colonie francesi in Africa sono in aperta rivolta. L’Unione europea ha perso il Medio Oriente. Agli Stati Uniti è venuto meno il sostegno di molti paesi del Sud America. In passato, si trattava di alleanze strategiche. La Cina è diventata il principale investitore in Cile. Cina e Russia sono attivissime in Africa. E tutti questi paesi non giocano più nella nostra squadra.
Mi torna in mente Norma Desmond, l’anziana star del Viale del tramonto, tra i personaggi più grotteschi e deliranti mai creati da Hollywood. «Eri una grande star», le dice Joe Gillis. «Sono ancora una star grandissima» risponde lei, «sono i film che si sono rimpiccioliti».
(Traduzione di Rita Baldassarre)