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2 Giugno 2024Louise Bourgeois. L’artista, tra le più inquiete del XX e XXI secolo, torna a Roma. Focus sulla scultura
di Edoardo Sassi
Successo e notorietà planetarie, benché raggiunte quando l’artista era ormai ottantenne, la attestano da tempo tra i massimi protagonisti dell’arte del XX e XXI secolo. Un apprezzamento, di critica ma anche di pubblico, che per certi versi sorprende in una produzione contraddistinta dalla capacità di scavare nelle verità più profonde dell’esistenza, spesso inquietante e antigraziosa, che nulla concede all’estetica della facile seduzione.
Le celebri «gabbie» (Cells) come metafora ricorrente, vita e morte, inconscio, dolore, eros, la forza lacerante dei ricordi, carne e sangue sono infatti solo alcuni temi attraversati da Louise Bourgeois (Parigi, 1911 – New York, 2010), artista franco-americana vissuta quasi cent’anni e attiva per sette decadi, autrice di dipinti, disegni, stampe, performance ma soprattutto di sculture realizzate fin quasi al giorno della sua morte.
Ed è a lei che è dedicato un focus espositivo in Italia che coinvolge, con progetti diversi e complementari, Firenze e Roma. Titolo della mostra romana, alla Galleria Borghese dal 21 giugno, Louise Bourgeois. L’inconscio della memoria. Realizzata in collaborazione con The Easton Foundation — istituzione creata dall’artista che ne gestisce l’eredità — e Accademia di Francia-Villa Medici, l’esposizione è incentrata sulla pratica scultorea. Trenta opere in dialogo con gli ambienti della Borghese. Non solo l’architettura del Casino Nobile e la collezione, ma anche Giardini Segreti, Meridiana, Uccelliera.
Un legame, quello tra Bourgeois e il museo, per molti aspetti ideale ma non privo di elementi di concretezza. Louise infatti nel 1967 era a Roma, periodo in cui iniziò a viaggiare e lavorare in Italia, aprendo anche uno studio a Pietrasanta. In una lettera al marito Robert dell’8 novembre, descrivendo la fascinazione subìta dalla città, tra i luoghi più significativi del suo soggiorno cita proprio la Galleria creata dal cardinale Scipione: «Ho subito amato Roma. Il Pantheon che vedo dalla mia finestra, l’ho riconosciuto dal Piranesi di un tempo — la città è un caos di ogni singolo periodo storico accatastato uno accanto all’altro proprio nel centro della città! fantastico!». E su Villa Borghese: «È stato meraviglioso, è un sogno: sei Bernini». Un sogno (anche se i Bernini del museo sono otto) che lascia il segno sull’immaginario di un’artista da sempre votata alla ricerca. Lo sguardo sull’opera di Gian Lorenzo diventa così una delle (mille) «lenti» con cui Louise osserva il passato: «Esplorare l’influenza della storia dell’arte e l’ampia gamma di forme artistiche all’interno del percorso creativo di Louise — scrive in catalogo Cloé Perrone, curatrice della mostra con Geraldine Leardi e Philip Larratt-Smith, direttore della Easton Foundation — in particolare attraverso le sue interazioni con Roma e l’Italia, migliora la nostra comprensione delle sue espressioni artistiche. L’impegno di Bourgeois con la Galleria Borghese nel 1967, preceduto dal suo studio come docente al Louvre nel 1937, è una fase chiave del suo percorso».
Ad aprire l’allestimento, al centro del Salone d’ingresso, una delle opere-cardine di Louise, Cell (The Last Climb) del 2008, penultima delle monumentali e autobiografiche «gabbie» realizzate dalla fine degli anni Ottanta. Primario qui il tema della spirale. Un’installazione ricolma di ricordi di vita personale dell’artista, per la quale la parola cell ha una duplice valenza: organismo vivente e isolamento. Al suo interno anche la scala a chiocciola dell’atelier di Brooklyn che Louise dovette abbandonare nel 2005 e di lì a poco demolito, circondata da una rete. Dentro, sfere di legno e vetro blu paiono sollevarsi verso il cielo. Un’opera in cui, sul finire della sua vita, Bourgeois sembra rivelare una visione più ottimistica riflettendo comunque sul lento ma inesorabile scorrere del tempo.
In mostra anche Cell XX (Portrait) e Passage Dangereux, la più grande «stanza» realizzata da Bourgeois, nel Salone del Lanfranco, opera che racchiude il viaggio di una bambina dall’innocenza all’età adulta. Nei Giardini è invece collocato Spider, uno degli enormi ragni in bronzo, Leitmotiv della sua produzione e metafora di protezione materna. Nella Sala degli Imperatori, infine, la serie di teste di stoffa con orbite vacue, a contrasto con i busti antichi dei Cesari, a generare un effetto straniante sul visitatore.
«Con questa mostra — spiega la direttrice del museo, Francesca Cappelletti — confermiamo l’importanza del rapporto tra arte antica e contemporanea, con la Galleria che diventa luogo di incontro tra maestri di epoche diverse. Questa su Bourgeois in particolare è la prima mostra che dedichiamo a una donna. Le sue opere, che riflettono sul tema della memoria e della sua conservazione, in chiave contemporanea attualizzano ciò che la Galleria incarnava per Scipione: scrigno di tesori personali e luogo per custodire un’eredità costantemente rinnovata».
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