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18 Settembre 2022Arte Storia di «Prometeo» e «Atalanta», capolavori dell’artista che si affermò come ritrattista della società internazionale. Furono tra i primi dipinti eseguiti per la sua città, dove ora sono tornati
di Liliana Barroero*
Fino al 2 ottobre nella chiesa di San Franceschetto a Lucca sono visibili al pubblico due splendidi dipinti di Pompeo Batoni (Lucca 1708-Roma 1787), Minerva infonde l’anima all’uomo modellato in creta da Prometeo e Atalanta piange Meleagro morente . Eseguiti per il patrizio lucchese Lodovico Sardini negli anni 1740-1743, sono rimasti in proprietà dei suoi discendenti fino a tempi recenti, per passare poi sul mercato antiquario e infine entrare nella collezione della Fondazione Cassa di Risparmio della città.
La lungimirante iniziativa riporta nella patria dell’artista due tra i suoi capolavori di soggetto mitologico. Sono ampiamente documentati dalla corrispondenza tra il giovane maestro e il suo committente; si tratta soprattutto di lettere di Batoni, mentre quelle di Sardini sono limitate a poche minute. Ma tutte illustrano efficacemente le ambizioni di un artista determinato a farsi strada nella capitale pontificia, incomparabile palcoscenico in quanto meta di viaggiatori di ogni nazionalità e di rango elevato: aristocratici, eruditi e collezionisti.
A quelle date, Batoni aveva già al suo attivo diversi rilevanti quadri d’altare e proprio nel periodo della commissione da parte del patrizio lucchese (che, per inciso, insieme ad altri illustri concittadini ne aveva finanziato il trasferimento a Roma) papa Benedetto XIV gli conferì uno degli incarichi più prestigiosi, la grande tela (circa 8 metri di lunghezza) raffigurante la Consegna delle chiavi e quattro ovati con gli Evangelisti per un ambente della coffee-house eretta nei giardini del Quirinale da Ferdinando Fuga. Di lì a qualche anno egli si sarebbe affermato come il ritrattista per eccellenza della società internazionale; ma consapevole che la fama si conseguiva soprattutto con soggetti di «historia» (religiosa, mitologica…) preferibilmente tratti da fonti classiche, realizzò nel medesimo periodo un cospicuo gruppo di dipinti di questo genere, molti dei quali per i suoi antichi patroni lucchesi.
Di norma le opere, prima di essere inviate a Lucca, venivano esposte nel palazzo fiorentino del marchese Andrea Gerini, che le mostrava non solo ai concittadini più illustri e competenti ma anche ai numerosi stranieri di rango che sostavano a Firenze. Lodovico Sardini aveva commissionato i due dipinti dopo aver potuto ammirare l’allegoria della Pittura tra la Scultura e l’Architettura, giunta a Lucca nel 1740 ed eseguita per Francesco Conti, altro antico protettore dell’artista, e Apollo con la Musica e la Geometria , del 1741 (entrambe le tele sono adesso nel castello di Rivoli).
In una lettera Batoni ne illustrava i soggetti, desunti dalle Metamorfosi di Ovidio, sottolineando come questi fossero stati scelti autonomamente da lui stesso; in un’altra egli dichiarava di provare un’ammirazione incondizionata per il «divino» Raffaello, suo perenne modello insieme alla scultura antica, a Correggio e ad Annibale Carracci. Secondo il mito, Prometeo aveva fabbricato con l’argilla un uomo cui Minerva infuse l’anima, qui simboleggiata dalla farfalla; come scrive Batoni, si rappresentava così l’origine della vita. L’altro soggetto, assai più drammatico e complesso, era una sorta di allegoria della morte.
L’iconografia del primo dipinto deriva da quella dei sarcofagi con il mito di Prometeo allora nel romano Palazzo Vitelleschi al Corso, poi Albani (oggi a Parigi, Louvre), studiato dall’artista intorno al 1730 in un disegno per Richard Topham (oggi a Windsor, Eton College), o da un altro di analogo soggetto conservato in Campidoglio. Entrambi recano Minerva in piedi con la farfalla, simbolo dell’anima, e il titano Prometeo sedente di fronte alla statua. Per la figura di Minerva Batoni si ispirò alla celebre Minerva Giustiniani ; Prometeo, dalla testa esemplata sul Laocoonte vaticano, era l’espressione di una grandiosità eroica. Infine la scultura in creta che Prometeo sta modellando riproduce la statua, allora ammiratissima, dell’ Antinoo del Belvedere, esempio della bellezza ideale giovanile.
L’altro dipinto risaliva anch’esso all’iconografia classica, richiamando il Sarcofago di Meleagro , allora in collezione Borghese e oggi a Parigi (Louvre), nella figura del giovane esanime, in quella sedente e piangente di Atalanta con il cane ai piedi, fino al gesto della madre Altea, combattuta tra l’impeto dell’ira mentre fa bruciare il tizzone al quale era legata la vita del figlio e l’immediato orrore per l’atto compiuto.
I due capolavori sono tra i primi dipinti eseguiti dal pittore per Lucca, molti dei quali destinati ai suoi antichi patroni. Ma le grandi tele d’altare, oggi nel Museo Nazionale di Villa Guinigi e in origine nelle chiese di Santa Caterina ¬— l’Estasi di Santa Caterina da Siena , del 1743 — e di San Ponziano — il Martirio di San Bartolomeo , del 1749 — lo fecero conoscere al grande pubblico, che presumibilmente non aveva accesso alle raccolte private. Consapevole di questa circostanza, Batoni diede prova di tutta la sua maestria nella composizione dinamica, nel patetismo delle espressioni e soprattutto negli straordinari effetti cromatici. Nelle già ricordate tele per Francesco Conti, l’Allego ria della Pittura , dell’Architettura e della Scultura , e Apollo, la Musica e la Geometria , Batoni intese, secondo le sue stesse parole, rappresentare il suo ritratto intellettuale, cioè quello di un pittore in grado di praticare le tre arti del disegno: «Ho dipinto me medesimo — scriveva in una lettera al marchese Gerini — con avere espresso le tre arti mie dilette, ma la pittura l’ho messa in mezzo, segno che è la mia sposa, ma non lascio di amare le altre due che sono le mie amorose». Altro suo credo era l’unità delle Arti, poste sotto il segno di Apollo e accompagnate da una disciplina matematica.
Nel breve catalogo che accompagna l’esposizione è illustrata pressoché l’intera produzione destinata a Lucca da Batoni, così da documentarne la prima maturità, quella del decennio 1740-1749, che coincise con la manifestazione del suo genio a Roma e in Europa.
* Storica dell’arte
e curatrice della mostra
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