Il malessere senza risposte
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21 Giugno 2022Il commento
La Colombia ha appena scelto il suo prossimo presidente, Gustavo Petro, ex guerrigliero, ex sindaco di Bogotà e senatore. Nonostante la sua lunga traiettoria politica, Petro si presenta come un outsider deciso a cacciare dal potere le élite che hanno sempre governato il suo Paese. È la stessa cosa che hanno promesso Andrés Manuel López Obrador in Messico, Gabriel Boric in Cile, Pedro Castillo in Perù, Alberto Fernández in Argentina e vari altri presidenti latinoamericani. Il prossimo 2 ottobre si voterà anche in Brasile ed è quasi certo che la vittoria se la giocheranno l’attuale presidente, Jair Bolsonaro, e l’ex presidente Lula da Silva.
Oltre a prendere di petto i loro avversari, tutti questi leader promettono radicali cambiamenti istituzionali e riforme economiche. Tutti loro si sono impegnati anche a ridurre fortemente la povertà e la disuguaglianza.
Ci riusciranno? No. Da decenni, ormai, nessuno della lunga lista di predecessori che hanno cercato di realizzare grandi cambiamenti (e soprattutto permanenti) nel loro Paese sono riusciti nell’intento. L’eccezione a questa tendenza sono stati Hugo Chávez e il suo successore, Nicolás Maduro, che hanno trasformato, loro sì, il Venezuela in modo spettacolare: l’hanno distrutto.
Il nuovo presidente colombiano è il membro più recente di questo club di perdenti che arrivano al potere con promesse populiste che non riusciranno a realizzare o che imporranno aqualunque prezzo, senza curarsi dei costi e di altri effetti nefasti. Inoltre, dovranno governare società con livelli di polarizzazione politica e sociale che spesso rendono impossibile raggiungere accordi e compromessi fra gruppi politici o segmenti della società contrapposti fra loro e che non si tollerano reciprocamente. Come in molte altre parti del mondo, in America Latina le decisioni importanti del Governo sono bloccate dalla polarizzazione che si nutre di identità di gruppo: religione, razza, genere, regione, età, interessi economici, ideologie e così via. Questa polarizzazione, che è sempre esistita, è resa ancora più forte oggi dalla postverità, questo apice di disinformazione, notizie false e manipolazione e disseminazione di messaggi che creano sfiducia.
Sono queste le «tre P» che definiscono la realtà politica del nostro tempo: il populismo (divide et impera, prometti e vincerai), la polarizzazione (l’uso e abuso della discordia) e la postverità (a chi credere?).
Governare con successo in questo contesto diventa ancora più difficilese si tiene conto della situazione economica dell’America Latina. La salute delle economie della regione è strettamente legata ai prezzi internazionali delle materie prime che costituiscono le loro maggiori esportazioni. Quando la domanda e i prezzi internazionali salgono, i Governi latinoamericani ottengono risorse che alimentano la spesa pubblica e placano le tensioni politiche e sociali. Se la domanda e i prezzi scendono, la conflittualità politica e sociale aumenta. È uno schema ricorrente.
Tutto sembra indicare che l’economia mondiale subirà una forte contrazione e che l’America Latina non potrà evitare l’impatto degli shock esterni. L’inflazione, un fenomeno finora sconosciuto per la gran maggioranza dei giovani della regione, tornerà a farsi sentire dopo decenni in cui l’aumento dei prezzi aveva smesso di essere parte della vita quotidiana. L’inflazione sarà una perniciosa fonte di impoverimento, disuguaglianza e stagnazione economica.
E i suoi effetti politici si combineranno con una drammatica condizionepreesistente: la disillusione verso la democrazia. Milioni di latinoamericani pesantemente colpiti dalla pandemia, la disoccupazione, la pessima qualità dei servizi pubblici, l’insicurezza e la criminalità hanno perso la speranza che elezioni e democrazia possano dare loro le opportunità che i politici gli promettono da lungo tempo.
Questo è il contesto in cui dovrà governare il presidente Gustavo Petro. Ha tre alternative: la prima è cercare di mettere in atto il suo ambizioso programma di cambiamenti attraverso accordi opportunistici con alcuni leader, partiti di opposizione e gruppi sociali ostili a lui, la qual cosa inevitabilmente lo costringerà a fare concessioni. La seconda alternativa è che Petro proponga al Paese un accordo nazionale ampio e inclusivo: un’alleanza ampia che consenta di prendere decisioni importanti e sia sincera e credibile potrebbe dargli il sostegno che gli serve, ma anche in questo caso dovrebbe fare concessioni che potrebbero essere dure da mandar giù per il presidente e quanti lo hanno appoggiato nella campagna che lo ha portato alla conquista della carica più alta. La terza opzione che rimane è quella di comportarsi come hanno fatto in altre parti del mondo i presidenti delle tre P: indebolire surrettiziamente le istituzioni, le norme, i pesi e contrappesi che definiscono la democrazia.
Speriamo che la democrazia colombiana sopravviva alle tre P.