Sull’Occidente, a tratti presentato, soprattutto da Vance come una religione o un insieme di valori, qualcosa di più: tal che alla domanda dei colleghi stranieri, posta anche in termini leggermente urticanti, che fanno pensare a un pizzico d’invidia per l’innegabile successo della premier italiana, si può rispondere che sia questo il risultato più importante dei due confronti tra Trump e Meloni e tra Vance e il vertice del governo italiano: dimostrare o voler dimostrare che l’Occidente esiste ancora. “In che senso? “, potrebbero ancora chiederci i qualificati osservatori di cui prima. Nel senso che, solo per fare un esempio, era quanto meno avventata l’affermazione di VdL a Die Zeit, pronunciata proprio alla vigilia del viaggio di Meloni, secondo cui «l’Occidente come lo conoscevamo non esiste più». E di conseguenza anche le scommesse, della stessa VdL e di alcuni leader europei, sulla costruzione di un sistema alternativo di alleanze, a cominciare dalla Cina di Xi-Jinping. Non perché non sia lecito scommettere, né ipotizzare piani diversi, di fronte all’evidente, progressivo disinteresse di Trump e dei suoi più stretti collaboratori per l’Europa; ma un conto è una scommessa e un conto è la realtà di un’alleanza. Che, acciaccata per quanto sia, può essere rammendata, restaurata, rafforzata anche in un tempo breve. Mentre tra il volgere lo sguardo da un’altra parte e realizzare effettivamente qualcosa – per restare sempre alla concretezza – ce ne vuole.
Sì dirà che le strizzatine d’occhio verso la Cina, o verso il complesso mondo arabo, a cui s’è assistito in queste settimane di confusione dopo l’annuncio (e il ritiro per novanta giorni) dei dazi americani potevano essere mosse tattiche, anzi sicuramente lo erano, per spingere Trump a pensarci bene prima di tagliarsi i ponti con l’Europa. Ma che questa fosse la strategia più adatta a ottenere il ripensamento, non è detto. Fatto sta che Trump la sua marcia indietro – si vedrà fino a che punto – sugli europei considerati fino a poco prima «parassiti e scrocconi» l’ha fatta davanti a Meloni, cioè di fronte alla sola leader dell’Unione che s’è schierata contro quelle strizzatine, e quando il primo ministro spagnolo ha preso un’iniziativa in senso opposto, lo ha attaccato.
Poi ci sono le affermazioni seguite ai faccia a faccia. Magari ambigue, come la dichiarazione del segretario di Stato americano Rubio, che pur ribadendo che l’Ucraina non è la priorità dell’amministrazione di cui è membro, ha confermato che gli Usa non intendono affatto ritirarsi dalla Nato, ed è quello, sembra di capire, lo strumento di pressione attraverso il quale si pensa di agire sulle resistenze di Putin. A condizione, ovviamente, che tutti i Paesi che ne fanno parte mantengano gli impegni economici per il finanziamento dell’alleanza fin qui disattesi. Insomma, anche in questo caso, l’Occidente c’è e la Nato c’è. Mentre di altre alleanze strategiche – a parte quella dei “volenterosi” promossa da Starmer e Macron in una cornice comunque occidentale – non si vede neanche l’ombra.
Come poi si possa stabilire un asse con un Paese schierato in questo momento con Putin e come quest’asse possa servire a ottenere la pace in Ucraina, è tutto da capire. E seppure si trattasse di intese commerciali per rimediare alla tempesta dei dazi, questo tipo di accordi, che in passato, è giusto rammentare, furono fatti perfino con Putin, in genere si fanno in tempi di pace. Finché in Ucraina si continua a combattere e finché Putin punta a espropriare Zelenski dell’intero territorio, sarebbe alquanto strano fare affari con chi dichiaratamente o dietro le quinte lo aiuta a realizzare i suoi obiettivi.
In conclusione, la politica estera – materia a cui presto o tardi tutti i presidenti del consiglio italiani si sono appassionati – è fatta di risultati reali e di mutamenti di clima che precedono, spesso, gli stessi risultati. Meloni con il suo viaggio ha realizzato un cambiamento di clima, non solo tra Italia e Usa ma anche tra Europa e Stati Uniti. Adesso, c’è molto da lavorare, e molto da riflettere prima di parlare. Un’idea di Trump, nel bene e nel male ormai ce la si è fatta. E la sua apparizione nella Sala Ovale con Meloni non ha certo contribuito a dissipare i dubbi. Conoscendo l’Italia e l’Europa, la strada s’intravede, ma è molto in salita.