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2 Giugno 2022Dopo due mesi di forte crescita, ad aprile l’occupazione frena in tutti i segmenti. Salgono solo le assunzioni a termine Record storico a fronte di un calo complessivo dei dipendenti stabili e degli autonomi. In aumento anche gli inattivi
MILANO — Dopo due mesi di forte crescita il mercato del lavoro preme il pedale dello stop e innesta la retromarcia. Gli occupati tornano a scendere con la sola eccezione dei posti a termine, il cui aumento prosegue senza sosta e raggiunge quota 3 milioni 166 mila. Un record, il picco più alto dal 1977, cioè da quando sono disponibili le serie storiche. Ad aprile, secondo i dati provvisori diffusi ieri dall’Istat, il numero degli occupati è sceso di 12 mila unità rispetto al mese precedente. Numeri solo in apparenza modesti, se si pensa che a marzo l’incremento congiunturale era stato di 81 mila unità, perché svelano tra le righe diversi elementidi fragilità. Il primo, quello cronico, è sulla tipologia di occupazione: l’unica categoria a crescere è quella dei posti a termine (+9 mila) a fronte di un calo complessivo dei dipendenti stabili, scesi di 4 mila unità, e dei cosiddetti indipendenti, come lavoratori autonomi e liberi professionisti, in diminuzione di 17 mila unità.
E se i dati di marzo avevano offerto qualche schiarita sul fronte dell’occupazione femminile lo stesso non si può dire delle statistiche di aprile. La linea di genere spacca nettamente in due i dati mensili sugli occupati: mentre gli uomini crescono di 31 mila unità le donne scendono di 43 mila, portando il saldo complessivo in negativo.
Dati a cui si aggiunge un ulteriore elemento di allarme: dopo due mesi di discesa tornano a crescere gli inattivi, cioè coloro che non hanno un lavoro né lo cercano, in salita di 34 mila unità, pur lontani dai livelli osservati due anni fa all’inizio della pandemia.
Numeri da leggere insieme al marginale calo dei disoccupati (-17 mila, con il tasso di disoccupazione sceso all’8,4%), la cui diminuzione visto il calo contemporaneo degli occupati è soltanto in apparenza una buona notizia. Dal momento che la statistica classifica i disoccupati come chi cerca un impiego e non lo trova, il risultato è che una parte dei disoccupati sono diventati inattivi: hanno smesso di cercare lavoro.
Anche la classificazione per classi di età offre uno spaccato molto differenziato. Secondo l’istituto nazionale di statistica, l’occupazione cresce sia nella fascia dei giovanissimi (15-24 anni) sia in quella successiva (25-34 anni), con un incremento rispettivamente di 14 mila e 13 mila occupati, mentre il dato scende nettamente in quella tra 35 e 49 anni, con un crollo di 75 mila unità. Positivo invece il saldo tra gli over 50, con una crescita mensile di 36 mila occupati.
I numeri in discesa di aprile non cancellano però il recupero osservato negli ultimi mesisul mercato del lavoro. Il numero degli occupati si mantiene sopra i 23 milioni e ha riguadagnato i livelli pre-crisi. Il tasso di occupazione, cioè il numero di persone che hanno un impiego sul totale della popolazione — anche quella che non lavora — è stabile al 59,9%, il livello più alto di sempre.
Quel che invece desta ancora qualche margine di preoccupazione riguarda le ore lavorate, il cui livello per addetto è tuttora inferiore ai livelli pre-pandemici, come ricordato anche martedì nella relazione annuale di Banca d’Italia.
Più stazionari invece i dati comunicati ieri da Eurostat e relativi all’area euro e all’Unione europea. Dopo il calo di febbraio e marzo, ad aprile secondo i dati dell’ufficio europeo di statistica il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 6,8% nell’Eurozona e al 6,2% per l’intera Ue a 27, in netta flessione dall’8,2% osservato ad aprile 2021 nei Paesi della moneta unica e dal 7,5% registrato nell’Unione.