ALESSANDRO BARBERA
FRANCESCO MOSCATELLI
ROMA-MILANO
I retropensieri sull’incontro riempiono da ore le conversazioni della politica romana. Partiamo dai fatti, allora: mercoledì scorso Mario Draghi è stato ospite nell’abitazione milanese di Marina Berlusconi. Un faccia a faccia «programmato da tempo» fra due persone che a malapena si conoscevano e che non è passato inosservato a Palazzo Chigi. L’ex premier aveva consuetudine con Silvio, non con i due figli più grandi, coloro ai quali sono passate le redini degli interessi di famiglia, del gruppo Fininvest e le fidejussioni bancarie di Forza Italia. All’incontro – di cui ha dato notizia ieri l’Ansa – era presente l’ex braccio destro del Cavaliere Gianni Letta. Per inciso: da allora lo stesso Letta si è visto due volte a Roma con Fedele Confalonieri e il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani.
Racconta un portavoce del gruppo: la visita è stata «un’occasione di reciproca conoscenza», per discutere anzitutto del rapporto sulla competitività presentato lunedì a Bruxelles dall’ex premier. La numero uno di Mondadori si ritrova molto nelle riflessioni di Draghi: dei rischi che corre il Continente, della necessità di costruire campioni europei e di andare ben oltre gli istinti sovranisti che albergano nel governo Meloni. Ma di questo parleremo dopo.
L’aspetto interessante della faccenda è che durante il faccia a faccia Marina avrebbe illustrato a Draghi le attività transnazionali di Fininvest: Mediaset è tuttora a capo di uno dei principali network sovranazionali che non a caso si chiama Mfe (Media for Europe). Oltre che sul mercato spagnolo, Mfe è presente in Germania, Austria e Svizzera come azionista al trenta per cento di ProSieben. Negli ultimi tempi Mfe ha messo gli occhi anche sul mercato portoghese. In sintesi: una strategia di crescita che va nella direzione auspicata dall’ex banchiere centrale: per sopravvivere e competere nel mercato globale occorrono economie di scala.
Durante il pranzo Marina e Draghi avrebbero discusso a lungo anche del Cavaliere. Come è noto il rapporto fra il banchiere e il fondatore di Forza Italia ha avuto alti e bassi: Berlusconi ha sempre rivendicato (a ragione) il sostegno all’ex funzionario del Tesoro per la nomina a governatore della Banca d’Italia e poi al vertice della Banca centrale europea. L’ultima fase del rapporto personale e politico fra i due è stata più complicata: Berlusconi prima sostenne, e poi insieme a Matteo Salvini fu l’artefice del suo addio da Palazzo Chigi a luglio del 2022. Una crisi che Giorgia Meloni – la quale di quella maggioranza di larghe intese non faceva parte – subì. Fosse dipeso da lei, il governo Draghi avrebbe dovuto durare più a lungo: la leader di Fratelli d’Italia non era pronta a molte delle scelte difficili che il contesto economico le avrebbero imposto.
Per ironia della sorte e della Storia, anche questa volta Meloni deve fare i conti con l’attivismo della famiglia Berlusconi. E qui veniamo alla parte della storia che sta animando i retropensieri della politica. Proprio questa settimana, mentre a Bruxelles si complicava la trattativa per la nomina di Raffaele Fitto a commissario italiano nel nuovo esecutivo comunitario, Palazzo Chigi ha fatto sapere di aver chiesto un incontro con l’ex banchiere centrale per discutere del suo rapporto sulla competitività. Un annuncio che è suonato come un messaggio preciso ai naviganti, ovvero l’intenzione di Meloni di contare sul prestigio e l’autorevolezza riconosciuta nel mondo a Draghi per far avere all’Italia il posto che gli spetta nel nuovo scacchiere del potere europeo, nonostante il no della delegazione di Fratelli d’Italia alla conferma di von der Leyen come presidente della Commissione. Non è ancora chiaro quando l’incontro fra Draghi e Meloni avverrà. Nell’agenda della prossima settimana della premier diffusa ieri non ve ne è traccia. Per questo a Palazzo Chigi la notizia dell’incontro fra Draghi e Marina è suonato disturbante, un’invasione di campo di colei che di fatto controlla le finanze di uno dei due grandi partiti alleati di Meloni.
Che fra le due (Marina e Giorgia) in questo periodo non corra buon sangue, è cosa acclarata. In un’intervista a fine giugno al Corriere della Sera Berlusconi ha detto apertamente di sentirsi più «in sintonia» con la sinistra su temi come l’aborto, il fine vita o diritti di genere. Una linea confermata durante l’estate da alcune iniziative del vicepremier Tajani ad esempio a favore del riconoscimento della cittadinanza agli stranieri. Una presa di posizione che ha spinto Palazzo Chigi a guardare con sempre più sospetto l’atteggiamento del partito centrista della coalizione. L’incontro di ieri con Draghi è apparso come l’ennesimo sgambetto. Una fonte autorizzata di Fratelli d’Italia osserva con malizia il «timing dell’incontro», proprio nel giorno in cui Giancarlo Giorgetti, al vertice dei ministri finanziari di Budapest – unico grande Paese che non ha voluto boicottare la protesta contro il presidente ungherese e filorusso Viktor Orban – ha discusso dell’ipotesi di una tassa europea sugli extraprofitti delle imprese. Una tassa che più governi hanno tentato di introdurre (anche quello di Draghi) e che nei mesi scorsi è stata oggetto di una polemica interna alla coalizione. Bisogna riavvolgere il nastro all’estate 2023, quando il governo Meloni approvò e poi rinunciò a imporla alle banche italiane. Fra le ipotesi fatte nelle settimane precedenti c’era anche quella di estenderla alle compagnie assicuratrici come Mediolanum, tentativo affossato dall’intervento di Tajani. Fra Tesoro e Palazzo Chigi quest’estate è tornata in auge l’idea di ritentare la strada, evitando le accuse di incostituzionalità piovute sul primo intervento. Un’idea che nel frattempo si è inabissata, e non per volontà di Meloni.