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di Marzio Breda
Il presidente: Italia affidabile. Nel 2023 pagati interessi come Francia e Germania insieme
Sergio Mattarella sa bene che ridurre il debito pubblico è una fatica di Sisifo per tutti i governi, anche per quelli che tentano davvero di farlo. Ma essendo, e non solo per dovere d’ufficio, contro ogni lassismo, alla vigilia della finanziaria definisce «ineludibile l’esigenza di abbatterlo». E, parlando a tutela del Paese, ricorda alla platea del Workshop Teha di Cernobbio che l’Italia, nonostante certe intermittenti stime, è «affidabile» e andrebbero revisionati alcuni meccanismi attraverso i quali la si giudica.
Lo spiega compiendo un excursus degli ultimi anni. «Nel 2023 l’Italia, a fronte di un debito per circa 2.863 miliardi di euro, e un ammontare dei debiti di Francia e Germania che, sommati, valgono quasi il doppio, il nostro Paese ha pagato in interessi poco meno di quanto ne abbiano pagato insieme Parigi e Berlino».
Il balzo dal 1992
Siamo un debitore onorabile, con una storia trentennale di avanzi statali primari annui e un debito pubblico cresciuto in larga misura dal 1992
Il motivo non è un mistero: per il diverso tasso d’interesse. Nel nostro caso punitivo, anche se l’Italia è «un debitore onorabile, con una storia trentennale di avanzi statali primari annui e un debito pubblico cresciuto in larga misura dal 1992 a causa proprio degli interessi».
I titoli pubblici
Molta strada resta da fare per dare razionalità a un mercato dei titoli pubblici: assumere come criterio con precisione i fondamentali dell’economia
Per il capo dello Stato «è evidente che molta strada resta da fare per dare razionalità a un mercato dei titoli pubblici che trascura temi come il rapporto debito pubblico-ricchezza finanziaria netta delle famiglie». Altrimenti si resta in una situazione non limpida, nella quale «il termometro della percezione dei mercati sull’affidabilità di un Paese può rivelarsi quantomeno opinabile». Per cui, aggiunge, «una dimensione europea potrebbe restituire verità». E il suo invito è «a procedere su una strada che assuma con precisione i fondamentali dell’economia come criterio e, insieme, a completare sollecitamente l’edificio finanziario europeo in maniera più rassicurante per tutti».
Le decisioni Ue
Le scelte di Bruxelles non sono imposte da oscuri poteri, ma concordate in sede Ue con procedimenti partecipati e trasparenti
Non si fermano qui le esortazioni di Mattarella per un processo di riforme. Ma rapido. Altrimenti l’Ue rischia di restare «un’incompiuta» in una fase di debolezza dell’intero Occidente. Non gli piace che si definisca l’Unione «un’utopia consolatoria» o «un vincolo soffocante», secondo il pretesto dietro il quale si ripararono i fautori della Brexit. Preferisce che si parli di un progetto «in divenire» e giudica le critiche «sconcertanti quando derivano da protagonisti che hanno preso parte ai passaggi» della costruzione europea. Allude ai leader di alcuni Paesi, come l’Ungheria ma anche l’Italia, abituati a recriminare sulla genesi di decisioni magari scomode facendosi scudo di Bruxelles per autoassolversi a casa propria. Si è sempre trattato, sottolinea puntiglioso, di scelte, «non di normative imposte da oscuri poteri, bensì concordate in sede comunitari tra i governi nazionali, la Commissione, l’Europarlamento, con procedimenti partecipati e trasparenti».
Il destino della Ue è una questione di responsabilità, di cui il presidente riepiloga certi passaggi storici — da Bretton Woods allo Sme, al trattato di Maastricht — che ci hanno portato a capire che «governare in autonomia le grandezze macroeconomiche vedeva le singole nazioni inadeguate».
Fatale un cenno alla teoria del discusso «vincolo esterno», ossia quell’insieme di regole europee che imbrigliano la politica fiscale degli Stati membri e che evochiamo quando non riusciamo a fare le cose. «Deriva dalle regole o dal debito? O è interno?», si chiede Mattarella. Infine, ma assai pesante, un cenno agli scenari prefigurati dalle ultime elezioni nel continente. «Nella pubblica opinione si riaffacciano spinte che immaginano, senza motivo, un futuro frutto di nostalgie di un passato che ci ha riservato, invece, spesso, tragedie». Brutti «fantasmi», come abbiamo visto in Germania.