Francesco Arcangeli, Longhi e Morandi fra i dolori di un amore asimmetrico
12 Gennaio 2025Il più grande segretario di stato della storia
12 Gennaio 2025ANNIVERSARI
Nel 135° della nascita numerose iniziative e due pubblicazioni si soffermano sull’opera del sacerdote cremonese In particolare sulla sua missione tra i “fratelli carcerati” In alcuni discorsi la sua visione su temi giubilari: giustizia, speranza e misericordia «Chi non crede che la creatura umana si possa redimere, non è cristiano», diceva
Il 13 gennaio 1890, in una frazione di Cremona, al Boschetto, vedeva la luce don Primo Mazzolari, « volto di un clero non clericale» secondo la definizione di papa Francesco pronunciata nella parrocchiale di Bozzolo; salutato da Giovanni XXIII come «la tromba dello Spirito Santo nella Bassa padana »; un profeta del quale Paolo VI affermò pubblicamente «Camminava avanti con un passo troppo lungo e spesso noi non gli si poteva tener dietro! E così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi». Anche questo nuovo anniversario della nascita – il 135° – non viene dimenticato dalla sua terra natale. E, la ricorrenza, richiamata attraverso diversi momenti pubblici, diventa pure occasione di nuovi approfondimenti promossi insieme da varie associazioni. Ieri presso la biblioteca del Centro pastorale diocesano di Cremona c’è stata la presentazione del libro di don Antonio Agnelli: Il Vivente, i poveri, la pace. Profezia e modernità di don Primo Mazzolari (Edizioni San Paolo, pagine 208, euro 18,00), con il racconto dell’abbandono fiducioso al Vangelo del parroco a Cicognara e a Bozzolo, alla base della formazione della sua coscienza libera e del suo impegno per gli ultimi e i lontani. Oggi pomeriggio si farà memoria del « parroco d’Italia » , dopo il ritrovo alla parrocchiale di Santa Maria Annunciata, al Boschetto, nella stessa cascina San Colombano, dove in una «famiglia di famiglie » nacque don Primo. Altro appuntamento, poi, sabato prossimo, 18 gennaio, alle 16,30 presso la sala della Consulta del Comune, dove si terrà un incontro dedicato al tema del carcere e della giustizia, durante il quale sarà presentata la nuova raccolta mazzolariana Oltre le sbarre, il fratello, curata da don Bruno Bignami e don Umberto Zanaboni (rispettivamente postulatore e vicepostulatore della causa di beatificazione di don Primo) con prefazione di monsignor Gian Carlo Perego (Edb, pagine 134, euro 14,00). Interverranno l’ex magistrato Gherardo Colombo, il cantautore Omar Pedrini, la giornalista Nicoletta Tosato. Con loro i due curatori del libro che, nell’anno giubilare, invitano a fermarsi sui temi della giustizia e del carcere ai quali guardare, riflettendo su questi scritti degli anni ‘40 e ‘50 – un’omelia, un commento per un giornale, conferenze tra le quali due inedite tenute a Genova nel 1940 (si veda l’ampio stralcio in questa pagina) e l’altra a Cremona nel 1955 – superando apparenze e pregiudizi nei confronti dei carcerati.
« Non abbiamo il diritto di spegnere lo spirito con un nostro giudizio. È il peccato che non si perdona, perché è contro la virtù della speranza, contro la fede nella redenzione. Chi non crede alla redimibilità di una creatura umana non è cristiano », si legge nel discorso di Mazzolari dal doppio titolo “ Al di là delle sbarre, c’è il fratello”. « Non giudicate…», tenuto il 27 giugno 1949 all’Arena Giardino di Cremona nell’ambito di un’iniziativa promossa dalla “Lega di preghiera e di carità pro carcerati” (nata a Cremona per volere del vescovo Giovanni Cazzani). Nello stesso testo – pubblicato subito quell’anno e da allora ristampato in altre edizioni – un accostamento balza agli occhi. Quello delle due parole al centro dell’anno santo straordinario del 2015-2016 e di quello ordinario appena iniziato: i due giubilei di papa Francesco. Ovvero misericordia e speranza. Per don Primo: « La misericordia è la gemma della speranza, la speranza è il fiore della redenzione. L’espiazione è troppo poca cosa, se spegne le sorgenti della speranza, se moltiplica la stirpe di coloro che hanno diritto d’incendiare questo mondo, che non lascia passare neanche una goccia d’acqua». Una prospettiva quella mazzolariana – non diversa da quella della cosiddetta giustizia riparativa: che auspica dialogo non condanne, offerte di opportunità invece che chiusure di catenacci, nella convinzione che «la giustizia è nelle mani di pochi, la misericordia è nelle mani di tutti ». Anzi, a ben vedere, una giustizia riparativa che vorrebbe andare oltre. E che, come evidenzia qui nella prefazione l’arcivescovo Perego in una lettura attualizzante, vorrebbe essere capace di farsi anche giustizia distributiva e infine redentiva: nel segno di nuove condivisioni di luoghi, risorse, possibilità reali, percorsi di fraternità con i carcerati.
Non è tutto. Le riflessioni di Mazzolari – che nel suo ministero pastorale più volte incontrò detenuti e celebrò per loro (a Cremona, Mantova, Milano ai tempi della Grande Missione voluta dal cardinal Montini nel ‘57) – «possono fare del bene anche oggi. A pensare la comunità cristiana come casa della redenzione. A dare spazio a una giustizia più umana», scrivono i curatori del volume. Proprio come ha chiesto papa Francesco ai governi in quest’anno giubilare, confidando in forme di amnistia o di condono della pena volte ad un fiducioso reinserimento nel tessuto comunitario. Commentano Bignami e Zanaboni aprendo questa silloge di testi tanto datati quanto attuali nella loro grondante umanità: « I problemi delle carceri sono sotto i nostri occhi: suicidi, sovraffollamento, disumanità, carenza di percorsi educativi, violenza diffusa… Nel carcere il pericolo più forte è quello di perdere la speranza. Da luogo di redenzione rischia di diventare palestra criminale. L’assurdo è che proprio la società sicuritaria che invoca legalità si comporta in modo illegale nei confronti di chi ha calpestato la legge. Il paradosso delle norme a diverse velocità manifesta un problema di visione, di umanità e di senso della giustizia. I passi da fare sono molteplici: dal migliorare le condizioni carcerarie all’accompagnamento di chi ha commesso reati per renderlo protagonista della sua redenzione». Disse don Primo in un’altra conferenza qui riportata, “Credere nella redenzione”, pronunciata a Cremona, il 5 luglio 1953 : « Io non so se l’umanità arriverà a spezzare le sbarre delle sue innumerevoli prigioni, ma il sogno fa parte della mia fede nella redenzione, perché, se quelle sbarre si schiudono appena e non si spezzano, vuol dire che anche i nostri cuori si aprono solo saltuariamente alla redenzione».