«Non è una mossa difensiva», ha messo le mani avanti in conferenza stampa l’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, descrivendo la cessione della quota controllata dalla banca d’affari, il 13,1 per cento, nel capitale di Generali.

Fatto sta che l’operazione annunciata da Nagel e decisa domenica sera da una riunione straordinaria del consiglio d’amministrazione, punta a togliere dal piatto la preda più ambita da Francesco Gaetano Caltagirone e dalla famiglia Del Vecchio, i due scalatori con la targa del governo di Roma.

Tra meno di due mesi, infatti, partirà l’offerta pubblica di scambio (ops) su Mediobanca lanciata dal Monte dei Paschi, di cui i due attaccanti, insieme al ministero dell’Economia, sono i principali azionisti. Se l’operazione andasse in porto, come fino a oggi sembrava probabile, sarebbe passata di mano anche la quota di Generali in portafoglio all’istituto fondato da Enrico Cuccia.

Adesso però Mediobanca si difende facendo un passo di lato, per mandare a vuoto l’affondo dei suoi rivali. È l’ennesimo colpo di scena in una lotta di potere senza precedenti, che finirà per ridisegnare gli assetti della finanza nazionale. Tanto che sono in molti ora a ipotizzare una possibile discesa in campo di Intesa, l’unico grande gruppo bancario che finora è rimasto alla finestra, forte della sua posizione di leader di mercato.

Crocevia Trieste

Al momento, comunque, il fronte più caldo dello scontro resta quello delle Generali, che hanno appena rinnovato il proprio consiglio di amministrazione. Solo cinque giorni fa, all’assemblea dei soci a Trieste, la lista targata Mediobanca ha prevalso su quella sponsorizzata da Caltagirone, con la riconferma anche dell’ad Philippe Donnet.

Pochi l’avrebbero immaginato, ma quella vittoria si è subito trasformata nel trampolino di lancio verso un secondo e più impegnativo round. In estrema sintesi, secondo quanto annunciato nella mattinata di lunedì, a mercati ancora chiusi, Mediobanca lancerà un’ops sull’intero capitale di Banca Generali, quotata in Borsa e controllata dall’omonimo gruppo assicurativo, e per pagare questa impegnativa acquisizione userà proprio il suo 13,1 per cento di Generali.

Si profila quindi un’altra operazione carta contro carta, cioè con pagamento in titoli e non con denaro contante, come quelle già annunciate da Mps e da Unicredit sul BancoBpm. Quest’ultima, ostacolata dal governo con una serie di prescrizioni a norma di Golden Power, è partita in Borsa lunedì 28.

Ostacoli e incognite

Se l’offerta su Banca Generali, che potrebbe prendere il via a settembre, dovesse avere successo, Mediobanca farebbe un gran balzo in avanti nel settore del wealth management, cioè la gestione dei grandi patrimoni, in cui è già attiva, diventando il secondo operatore nazionale alle spalle di Intesa-Fideuram.

L’offerta vale 6,3 miliardi di euro e prevede di scambiare 1,70 azioni Generali per ogni azione di Banca Generali, sulla base delle quotazioni delle due società del 25 aprile. Sulla strada di Nagel, però, c’è un ostacolo supplementare, quello della cosiddetta passivity rule, la norma che impone alle società oggetto di offerte pubbliche in Borsa, come è il caso di Mediobanca, di non varare operazioni per contrastarle, per esempio aumentando o diminuendo il perimetro delle proprie attività. In questo caso però, secondo Mediobanca, la regola non si applicherebbe perché il valore delle azioni cedute, cioè Generali, è pari a quello dei titoli che verrebbero acquisiti.

Per dare via libera all’ops basterebbe quindi un’assemblea ordinaria, con il voto favorevole della maggioranza assoluta del capitale presente, invece di un’assemblea straordinaria che renderebbe obbligatoria la presenza di due terzi del capitale. E siccome Caltagirone e i Del Vecchio possiedono insieme quasi il 28 per cento di Mediobanca, sarebbe facile per loro bloccare l’operazione con l’aiuto di pochi alleati.

Non è escluso che la questione dell’applicazione o meno della passivity rule diventi oggetto di dispute legali nelle prossime settimane. Intanto Nagel tira diritto ed esclude che il governo possa intervenire applicando il Golden Power, perché, ha detto, si tratta «di una combinazione tra due istituti di credito italiani in cui non entra in gioco la salvaguardia dei prestiti alle aziende italiane», con implicito riferimento alle nozze tra Unicredit e BancoBpm finite nel mirino del governo.

Fattore tempo

Norme di legge a parte, anche il fattore tempo giocherà un ruolo importante. Subito dopo l’assemblea di Mediobanca per l’ops su Banca Generali, prevista per il 16 di giugno, dovrebbe infatti partire l’offerta di Mps per la stessa Mediobanca. Di fatto, quindi, i soci di quest’ultima sarebbero chiamati a esprimersi anche sull’operazione con Trieste. Se consegneranno le loro azioni al Monte, in pratica diranno no alla vendita della quota in Generali, perché se l’ops avesse successo il nuovo cda di Mediobanca, espressione anche di Caltagirone-Del Vecchio, certamente bloccherebbe l’ops su Banca Generali. In caso contrario, l’ops per acquisire Banca Generali partirebbe alle condizioni annunciate oggi.

A giochi fatti, il gruppo assicurativo si troverebbe in portafoglio il 6,5 per cento circa di azioni proprie, ottenute dopo aver venduto a Mediobanca il suo 50,1 per cento di Banca Generali, azioni proprie che comunque saranno sottoposte a un vincolo di Lock up, cioè non potranno essere vendute, nei successivi 12 mesi. Una volta trascorso questo periodo potrebbero però essere utilizzate anche per finanziare eventuali future acquisizioni.

A Trieste, comunque, si aprirebbe una nuova era. Si romperebbe lo storico legame azionario con la banca d’affari che fu di Enrico Cuccia e come nuovi principali soci resterebbero la famiglia Del Vecchio con il 9,9 per cento, Caltagirone al 6,8 per cento e l’Unicredit di Andrea Orcel al 6,5 per cento. Sempre che una nuova offerta non apra un’altra partita miliardaria.

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