Venezia-Istanbul
9 Ottobre 2022Fulgido esempio di acculturazione
9 Ottobre 2022La storia della primissima produzione della fabbrica in 45 preziosi pezzi del ‘ 700 esposti dove tutto ebbe inizio Un evento che recupera il legame con il territorio
diBarbara Gabbrielli
A Sesto Fiorentino, ai piedi del Monte Morello, nel luogo in cui il marchese Carlo Ginori compì i suoi primi esperimenti per replicare la magia delle porcellane orientali e dove si aggiravano operai sporchi di caolino e decoratori dalla mano leggera, oggi c’è un nuovo pezzo di città. I palazzi, la farmacia, il bar hanno preso il posto delle fornaci dell’antica Manifattura di Doccia. Mentre la biblioteca comunale si è sistemata nella grande villa dove tutto ebbe inizio. Dal 1737 e fino agli anni Cinquanta del Novecento, l’edificio ha ospitato i forni e i laboratori di finitura e, nel salone affrescato da Vincenzo Meucci, il primo nucleo del museo. Ed è qui che, fino al 16 aprile, grazie alla mostra “L’oro bianco di Sesto Fiorentino”, tornano 45 preziosi pezzi della collezione permanente: tutte opere settecentesche che mostrano il meglio e le peculiarità della primissima produzione Ginori. Giusto un assaggio dell’immenso patrimonio costituito da più di diecimila oggetti in porcellana e maiolica del museo, la cui sede attuale, nel viale Pratese, in un edificio progettato dall’architetto Pier Niccolò Berardi, è chiusa al pubblico dal 2014. Molto si sta muovendo intorno a questa realtà così particolare, che rischiava di cadere nell’oblio. Nel 2017, il Museo Ginori è stato acquistato dallo Stato. L’edificio è in fase di ristrutturazione e il percorso espositivo verrà completamente riallestito. Un’ipotetica data di riapertura c’è già, il 2025. Ma nel frattempo, la Fondazione Museo Archivio Richard Ginori, istituita nel 2019 e presieduta dallo storico dell’arte Tomaso Montanari, si sta attivando per mantenere viva l’attenzione su Doccia. Qualche mese fa, la presentazione del nuovo logo e del sito. Nel corso dell’ultima Biennale dell’antiquariato di Firenze, è stato presentato il restauro di otto sculture in cera per la riproduzione in porcellana. E ora questa mostra: un evento che non solo serve a mostrare la bellezza e la raffinatezza delle opere prodotte dalla bravura delle maestranze e dalla caparbietà di Carlo Ginori, ma che recupera anche il legame tra Sesto e la sua fabbrica, una storia lunga 250 anni intrecciata al tessuto economico, alle lotte operaie e al patrimonio culturale di questo hinterland fiorentino.
Il candido busto di Carlo Ginori, traduzione in porcellana della scultura per il suo monumento funebre, dà inizio al percorso espositivo. « È stato un innovatore, uno sperimentatore, un figlio dell’Illuminismo, deciso ad avventurarsi in un campo difficile » . Definisce così il marchese, Oliva Rucellai, curatrice della mostra, insieme ad Andrea Di Lorenzo e Rita Balleri. Il 1737 è l’anno in cui muore Giangastone, l’ultimo discendente di casa Medici, finisce un’epoca, la corte è a Vienna e Firenze diventa una provincia dell’Impero. L’arrivo dei Lorena non stava favorendo la carriera politica del marchese che reagì tentando un’impresa unica. L’arte della porcellana era sconosciuta all’epoca. In Toscana non la produceva nessuno e in tutta Europa erano solo quattro le manifatture che si erano lanciate nell’impresa. Di queste, la Ginori è l’unica ancora attiva, sebbene entrata a far parte del gruppo internazionaleKering. Accanto al marchese, alcuni degli oltre mille vasi in maiolica e vetro che costituiscono il “ Museo delle Terre” e che testimoniano la capillare e pionieristica ricerca di materie prime. Nelle teche successive, una serie di capolavori raccontano le origini di Doccia attraverso i gusti e i costumi dell’epoca. Costante il richiamo alla tradizione orientale, come si nota nelle maioliche decorate in bianco e blu a imitazione delle porcellane cinesi. O nelle caffettiere con il tipico beccuccio a forma di drago. « La porcellana era un lusso da esibire sulle tavole più importanti » prosegue Rucellai.
« In mostra si trovano sculture e trionfi da dessert, fontane da tavolo e rinfrescatoi per le bottiglie che dimostrano la ricchezza formale e la perizia tecnica raggiunta dalla Manifattura Ginori fin dai suoi esordi » . Carlo Ginori fu abile anche a intercettare la passione dei viaggiatori del Grand Tour per la statuaria classica, inserendosi nella primissima “industria del souvenir” con le sue riproduzioni in porcellana di sculture antiche. Nella mostra di Sesto Fiorentino viene esposto il soggetto più presente sul mercato delle repliche settecentesche: la cosiddetta “Venere dei Medici”, che decora la Tribuna degli Uffizi, un must per chi arrivava in visita a Firenze. Qui in versione ridotta, mentre il museo custodisce quella che Carlo Ginori volle realizzare in scala uno a uno sfidando le difficoltà che la porcellana presentava soprattutto in fase di cottura, offrendo un ulteriore saggio di bravura della sua manifattura.