L’Irpet fotografa il 2023: a dicembre la produzione industriale a – 5%, ma le previsioni dicono che i conti miglioreranno nella seconda metà del 2024
di Azzurra Giorgi
Un andamento negativo « particolarmente accentuato » nel 2023, con delle previsioni – da parte delle associazioni di categoria – di una ripresa solo nella seconda parte dell’anno. Sul comparto moda è ora l’Irpet a fare il punto della situazione, dopo che già nei mesi scorsi era emerso come il settore avesse frenato dopo il boom post- pandemico. C’è stato, spiega Irpet, uno stop in termini di produzione, esportazioni, domanda di lavoro, con una cassa integrazione che, invece, è cresciuta, e in modo stabile dal settembre scorso.
Alcuni dati: rispetto al totale dell’industria, la moda toscana ha sofferto di più con una produzione industriale che nel dicembre 2023 ha segnato un – 5% ( il totale dell’industria – 3%).
Peggio era andata a maggio e settembre: -12% e -11% (il totale – 5%). Nell’export hanno sofferto soprattutto le calzature (- 16,8% nei primi 3 trimestri2023) seguiteda tessile, pelle e abbigliamento. In provincia di Firenze, le esportazioni «fanno prevalentemente capo alle principali aziende del lusso nell’area di Scandicci» e il loro calo ha determinato «pesanti e negative ripercussioni su tutta la filiera che fornisce lavorazioni e prodotti intermedi» scrive Irpet. In quest’areail segno negativo è diventato più marcato dal secondo semestre 2023, e va avanti: «Anche nomi del lusso che finora tenevano in vita molto aziende hanno iniziato a ridimensionare budget e ordini – spiega il presidente della federazione moda di Confartigianato Toscanae nazionale Moreno Vignolini -. C’è molta attenzione, e quindi calma negli ordini e pochi approvvigionamenti, con tutto quel che ne consegue » . Quel che ne consegue è una produzione « a singhiozzo, non c’è una linearità – continua il presidente di Cna Federmoda Toscana Paolo Pernici -. Le aziende lavorano a scartamento ridotto, magari chi ha lavorato a gennaio e febbraio poi ha fatto due settimana di cassa ed è ripartita». Risvolti su domanda di lavoro e ammortizzatori ci sono stati già nel 2023. Secondo l’Irpet, la moda ha subito un rallentamento significativo negli avviamenti al lavoro da settembre, con un calo che « supera il 20% da agosto e raggiunge addirittura il -32% nel novembre 2023 rispetto allo stesso mese del 2022 » . Tra i settori quel che perde di più per « addetti dipendenti è il conciario» che resta, con le calzature, al di sotto dei valori pre-pandemia. In parallelo è cresciuta la cassa integrazione, con «un’impennata nell’ultimo trimestre » . Secondo i dati Inps e Fondo Bilaterale alternativo per l’Artigianato, a dicembre il numero di lavoratori in cassa è stato di 6.690, quasi il triplo di gennaio ( 2.723). Con pesi diversi tra settori e province. A dicembreil 9,9% dei lavoratori in provincia di Firenze nella pelletteria, concia e calzature era in cassa, in provincia di Pisa il 15%. Nel tessile di Prato l’ 8,9%. Il perché di questa situazione sta, spiega l’Irpet, molto probabilmente nel rallentamento generale dell’economia, nelle tensioni geopolitiche, nell’inflazione e poi « post Covid c’è stata forse anche troppa euforia in produzioni e consumi – continua Vignolini -. Con rincari, guerre, inflazione, le persone sono più prudenti, lo stesso le aziende » . Tanto che, spiega, « il rischio è che adesso ci sia una capacità produttiva del 60% rispetto all’anno scorso o due anni fa. I marchi del lusso si aspettavano anche una miglior ripresa in Cina: chi là aveva una forte fetta di mercato ha sofferto» . Ci sono magazzini con prodotti invenduti, e allora ecco anche la maggior cautela nelle produzioni. Ma ci sarà una ripresa? «Ci sono previsioni per la seconda metà del 2024 – dice Pernici -. Abbiamo chiesto un tavolo di confronto con la Regione, aspettiamo la convocazione. Il comparto è in difficoltà anche altrove, e ci sono marchi che hanno investito in altre regioni. Bisognerebbe parlare di parità di condizioni altrimenti ci facciamo concorrenza interna » . Sulle relazioni di filiera, perlopiù «governate in modo pressoché unilaterale dalle decisioni dei committenti » ossia i grandi gruppi imprenditoriali, si sofferma Irpet. Auspicando che, di fronte alla competizione internazionale e alla pressione sui prezzi, la Toscana diventi un « laboratorio innovativo » di buone pratiche aziende-committenti.