«It takes two to tango» (occorre essere in due per ballare il tango), così si dice Oltreatlantico per ricordare che un accordo tra due parti si può raggiungere solamente quando c’è un comune interesse a trovare un punto negoziale reciprocamente soddisfacente. Sono nelle condizioni, il presidente ucraino e l’autocrate russo, di trovare un accordo di pace reciprocamente soddisfacente?
Sono molti coloro che auspicano la “pace in Ucraina”, ma nessuno dice come raggiungerla. Chi lo dice, invece, è Vladimir Putin. Nella sua intervista a Tucker Carlson del 12 febbraio scorso, rivolgendosi ai leader americani ed europei, Putin ha detto: «Se volete veramente fermare la guerra, allora dovete fermare la fornitura di armi all’Ucraina. Fate questo e la guerra finirà in poche settimane». Putin propone la resa dell’Ucraina, piuttosto che un punto negoziale reciprocamente soddisfacente per russi e ucraini.
di Sergio Fabbrini
«It takes two to tango» (occorre essere in due per ballare il tango), così si dice Oltreatlantico per ricordare che un accordo tra due parti si può raggiungere solamente quando c’è un comune interesse a trovare un punto negoziale reciprocamente soddisfacente. Sono nelle condizioni, il presidente ucraino e l’autocrate russo, di trovare un accordo di pace reciprocamente soddisfacente?
Sono molti coloro che auspicano la “pace in Ucraina”, ma nessuno dice come raggiungerla. Chi lo dice, invece, è Vladimir Putin. Nella sua intervista a Tucker Carlson del 12 febbraio scorso, rivolgendosi ai leader americani ed europei, Putin ha detto: «Se volete veramente fermare la guerra, allora dovete fermare la fornitura di armi all’Ucraina. Fate questo e la guerra finirà in poche settimane». Putin propone la resa dell’Ucraina, piuttosto che un punto negoziale reciprocamente soddisfacente per russi
e ucraini.
La visione dell’Ucraina di Putin assomiglia all’idea che la destra israeliana ha della Palestina. Una terra di nessuno, demilitarizzata, depauperata, un luogo inospitale verso chi la pensa diversamente da chi l’ha occupata. Per Putin, si tratta di riportare dentro la nazione-impero russa ciò che le è appartenuto storicamente. Ha detto Mykhailo Podolyak (consigliere del presidente ucraino), «la Russia non sta combattendo per conquistare terreno, ma per imporre il suo diritto a vivere nel passato». Ha conquistato il 20 per cento del territorio ucraino pagando il prezzo di 400.000 soldati morti e feriti, con un’economia divenuta dipendente dalla Cina. Si tratta di una guerra, ha scritto Lawrence D. Freedman (Foreign Affairs del 23 febbraio) che «Putin ancora non può vincere». La proposta di Putin è inaccettabile per Zelensky, l’apertura al negoziato non andrebbe però trascurata.
A sua volta, Zelensky propone termini negoziali che sono difficilmente realizzabili, dicendo che non parlerà con l’autocrate russo fino a quando quest’ultimo non si sarà ritirato da tutti i territori occupati. Questa posizione è comprensibile perché Zelensky dipende dal consenso interno e non potrà essere rieletto sulla base di una perdita territoriale. Lo è di meno, se si considera lo stato delle alleanze che ha reso finora possibile la resistenza ucraina. In Europa, la Germania del socialdemocratico Scholz ha reso esplicita la sua posizione favorevole all’appeasament nei confronti della Russia. Il rifiuto di trasferire a Kiev i missili da crociera Taurus per evitare (così Scholz) “di entrare in conflitto aperto con la Russia” riflette la posizione filorussa del partito del cancelliere, oltre che degli interessi industriali che egli rappresenta. Scholz non ha avuto difficoltà a trasferire 250 missili da crociera Taurus in Corea del Sud, senza temere di entrare in conflitto con la Cina. Per il cancelliere tedesco, l’Ucraina non può perdere, ma neppure deve vincere. La Russia non deve essere umiliata perché con essa si ritornerà a fare affari in futuro. In America, l’ascesa impetuosa di Trump nelle primarie del Partito repubblicano sta condizionando da tempo il funzionamento del Congresso, dove la Camera dei rappresentanti (che, per costituzione, ha “il potere della borsa”) è controllata dai repubblicani. Di conseguenza, una legge che prevede 106 miliardi di dollari a favore di Ucraina, Israele e Taiwan è ancora bloccata. Difficilmente ci saranno nuovi finanziamenti all’Ucraina prima del prossimo novembre. Anche sul piano militare, l’Europa e l’America sono divise al loro interno. In Europa, la spaccatura tra la Francia di Macron (favorevole ad un ruolo attivo della Nato) e la Germania di Scholz (che vede la Nato come una mera alleanza dissuasiva) ha raggiunto un punto critico. In America, la radicalizzazione filo-putiniana di Trump renderà improbabile la costruzione di un consenso bi-partigiano con i democratici nella politica estera e militare. Come potrà, Zelensky, sostenere la sua posizione negoziale?
Solamente Kiev dovrà decidere se continuare la guerra oppure a quali termini avviare il negoziato di pace. Di fronte ha due scenari. Il primo è la preservazione dello status quo. La proposta di recuperare il controllo di tutti territori occupati dalla Russia, così come la richiesta russa di demilitarizzare l’Ucraina, non consentono di trovare un punto negoziale reciprocamente soddisfacente. Il risultato sarà il prolungamento della guerra, con qualche metro guadagnato e qualche metro perso alternativamente dall’uno e dall’altro esercito. Il secondo scenario implica un cambiamento di paradigma, “terra per sicurezza”. Se la Russia non rinuncia ai territori occupati, Kiev non rinuncia alla propria sicurezza, rendendo esplicito che sicurezza significa Nato (non già Unione europea che non può proteggere neppure sé stessa). Per Zelensky il sacrificio di rinunciare al 20 per cento del territorio deve essere accompagnato da un impegno della Nato ad integrare il restante 80 per cento nel suo sistema di sicurezza. È la soluzione “Germania occidentale”, come l’ha definita Ivan Krastev (su il Financial Times del 17 febbraio). Così come l’occupazione sovietica della Germania dell’est fu bilanciata dall’entrata della Germania dell’ovest nella Nato, così l’occupazione dell’Ucraina dell’est dovrà essere bilanciata dall’unica organizzazione che potrebbe garantire la sicurezza dell’Ucraina dell’ovest, la Nato. Occorre rivedere la struttura degli incentivi dei ballerini, se si vuole che finalmente ballino il tango.