Viareggio e il senso di giustizia
17 Gennaio 2024NEWS
17 Gennaio 2024di Pierluigi Piccini
Cosa ne è stato dell’epoca di grandioso sviluppo politico, sociale e artistico di Siena? Che fine hanno fatto i mercanti, i politici, i banchieri e i ‘santi’ che hanno reso questa città una delle più influenti e all’avanguardia del Medioevo? Quando si è arresa Siena o almeno ha tentato di giungere ad ‘onorevoli’ accordi? Quando i ‘nobili’ non per titolo, ma per egemonia culturale sono diventati ‘sudditi’ di una classe dirigente assetata soltanto di danaro e di potere? Cosa ne è stato di quei cittadini senesi “nobili e popolani armati” che nel 1555 pur di conservare una liberalità politica e culturale si rifugiarono a Montalcino (la Repubblica di Siena ritirata a Montalcino) per non sottostare ai nuovi ‘patroni’ medicei? Tali quesiti mi conducono obbligatoriamente ad interrogarmi su un’altra questione: ci sono ancora “nobili” e “popolani” capaci di contrastare i “potenti”, i “colonizzatori”. Contrastare o almeno farci degli accordi onorevoli e vantaggiosi per il territorio. Nel passato sicuramente quando Siena ha perduto l’autonomia di Repubblica e da quel momento è iniziato un lento e costante declino che ha avuto fasi alterne di accelerazione e di rallentamento, ma sempre in una spirale crepuscolare. Nel recente passato ha saputo costruire poco forse solo un’industria legata ai vaccini e qualche discreto artigiano. Sembrava che fosse rimasto in modo totalizzante solo il Monte, gestito prima in accordo con i poteri nazionali, poi solamente in sede locale e a seguire, per gli errori commessi, amministrato dall’esterno. Tutta l’ultima fase è stata condotta all’insegna della subalternità senza una proposta concordata che venisse dagli enti locali interessati. Una gestione imbarazzante che ha rasentato in alcuni casi il ridicolo. Abbiamo registrato una fiammata di autonomia qualche anno fa, prima della totale gestione locale della Fondazione e della Banca, con il rifiuto ai “potentati” e la voglia di gestire direttamente il proprio futuro. Al periodo appena menzionato, e per una coincidenza particolare e lungimirante di accordo tra i soggetti cittadini governati e con il sostegno culturale della comunità accademica cittadina, Siena ha vissuto una stagione “da ricordare”. Oggi, quello che è rimasto è la memoria di un passato immaginario fortemente ideologizzato. La città si trova in una situazione di narcisismo esagerata priva di una forza endogena capace di confrontarsi con il contemporaneo e nell’attualità disegnare il proprio futuro. Siena ha da qualche anno partorito al suo interno gruppi diffusi di dirigenti privi del background culturale e politico necessario a fronteggiare la sfida che la crisi aveva generato e che continua ancora ad esserci. I gruppi che si sono nella quasi totalità arresi lasciando che “sconosciuti” si occupino dei momenti gestionali più importanti, accontentandosi della rappresentanza e dei soliti intrecci, non solo politici. Siamo al puro provincialismo! Nell’attualità è anche estremamente difficile far nascere gruppi dirigenti nuovi per l’incapacità di trasmettere esperienze da è tra generazioni. Diviene così facile trovare giovani che preferiscono lasciare il territorio perché consapevoli della percezione di declino che ormai viene avvertita sempre più distintamente. Il “nuovo” non è fatto in casa con i rischi che ciò comporta di non conoscenza della stratificata realtà locale. Un esogeno che risponde a logiche diverse da quelle del territorio a cui, spesso, la classe dirigente locale è subalterna. Durante l’ultima campagna elettorale è nata la figura dell’esperto suonatore di campanelli ministeriali. Semplici suonatori non avendo più neppure gli strumenti per accordarsi, né progettazione da offrire, tuttalpiù svendere qualcosa di quello che Siena è stata. Così i “sapienti non sono più coloro che ordinano rettamente le cose, e le sanno ben governare” come suggerisce Tommaso d’Aquino, ma i “sapienti” diventano coloro che mescolano le cose per poterle confondere e ingrossare le loro fortune a svantaggio dei governati.