
Due memorie
19 Aprile 2025
L’ANIMA SCOLPITA DI ODESSA
19 Aprile 2025La formula meloniana Cos’è il «nazionalismo occidentale»? Sappiamo che l’espressione è stata usata da Giorgia Meloni nel corso della sua conversazione con Trump. Secondo Robert Tait, corrispondente del Guardian da Washington, la presidente […]
Cos’è il «nazionalismo occidentale»? Sappiamo che l’espressione è stata usata da Giorgia Meloni nel corso della sua conversazione con Trump. Secondo Robert Tait, corrispondente del Guardian da Washington, la presidente del consiglio italiana l’avrebbe introdotta precisando che si tratta di un’espressione nuova, della cui appropriatezza ha detto di non essere certa. In realtà, non è stata la prima volta che Meloni ha usato, in inglese, la formula «western nationalism».
Lo aveva già fatto nell’ottobre scorso, sempre negli Stati uniti, durante la cerimonia nel corso della quale le era stato conferito un premio dal think tank conservatore Atlantic Council. In quella sede, Meloni aveva attribuito la paternità dell’espressione a Anthony J. Constantini, autore di un articolo pubblicato sul sito Politico il 4 settembre del 2023, grosso modo un anno prima, che aveva come titolo «Meloni’s Western Nationalism» (il nazionalismo occidentale di Meloni).
Si tratta di un commento pieno di elogi per la leader di Fratelli d’Italia. In particolare, Constantini contrappone il nazionalismo della «piccole patrie» di leader come Orbán, a un diverso atteggiamento che considera di maggiore respiro e ambizione politica: «Questo nazionalismo occidentale, che ha come obiettivo la sopravvivenza e la prosperità della civiltà occidentale – anziché concentrarsi esclusivamente sul proprio Stato – è una novità sulla scena europea. E in quanto tale, ha la possibilità di rielaborare radicalmente il funzionamento della politica dell’Unione europea».
In sostanza, l’innovazione introdotta da Meloni, secondo Constantini, sarebbe di aver superato il nazionalismo «classico», per così dire, che vede le nazioni come potenzialmente in conflitto, per sostituirlo con una variante «occidentale», che farebbe riferimento a una «civiltà» e non a un’identità nazionale.
Vale la pena di sottolineare che, nella sua conversazione con Trump, Meloni dopo aver affermato di non essere certa che «western nationalism» fosse l’espressione adatta a esprimere il suo pensiero, ha aggiunto: «Parlo principalmente di Occidente, ma non mi riferisco allo spazio geografico. Parlo di civiltà (civilization), e voglio renderla più forte».
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Si direbbe proprio che sia la stessa tesi cui alludeva Constantini. Tutto sommato, è comprensibile che Meloni non abbia fornito a Trump i riferimenti bibliografici. Sappiamo che l’uomo non è incline a soffermarsi su un tema di conversazione, specie se non è lui a parlare, ma credo valga la pena di chiedersi perché Meloni è rimasta così colpita dalle osservazioni di un PhD student molto attivo (Constantini scrive per diversi siti di area conservatrice) e con un passato da undergraduate all’università di San Pietroburgo.
La spiegazione più plausibile è che nel «western nationalism» Meloni abbia trovato una formula in qualche modo congeniale, che si riallaccia anche a una vecchia idea del partito nel quale è avvenuta la sua formazione politica.
Penso a quella «Europa nazione» che un tempo veniva contrapposta al progetto mercantile e materialista delle comunità europee.
Le cose sono molto cambiate da quando quella formula circolava nelle discussioni interne alla destra fascista e post-fascista italiana. Oggi abbiamo una Unione europea che è percorsa da inquietudini che hanno spinto diversi partiti moderati e conservatori a spostarsi a destra. In questo nuovo clima, quella che un tempo era una tesi richiamata soprattutto per distinguersi, senza arrivare a dirsi antieuropei, può diventare (opportunamente tradotta in inglese) il nome di un progetto egemonico.
Meloni è senza dubbio molto ambiziosa, e coltiva la speranza, se non di prenderne la guida, certamente di avere un ruolo centrale nella trasformazione dell’Unione europea in una civiltà che assume un ruolo non solo culturale ma geopolitico.
Vero che il «nazionalismo occidentale» è diverso da quello classico. Quella «infiammazione della coscienza nazionale» – come la chiamava Isaiah Berlin – che è stata tra le cause di due guerre mondiali. Ma ciò non vuol dire che si tratti di un’idea politica benigna, mansueta, che non debba destare preoccupazioni. La civiltà occidentale da restaurare e proteggere dalla minaccia degli «altri» è un tema del suprematismo bianco sin dai tempi della guerra civile americana, e forse non è un caso che proprio da oltre oceano arrivi il suggerimento raccolto da Meloni.