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12 Febbraio 2024Nei comuni la divisione dei poteri tra indirizzo politico e gestione è di fatto vanificata (spoil system)
di Pierluigi Piccini
Un tempo che pare caratterizzato dal mancato rispetto delle norme e delle regole che disciplinano l’agire pubblico pone necessariamente una domanda: Chi controlla gli atti delle Amministrazioni e la loro legittimità. Fino alla Riforma Costituzionale n. 3 del 2001 erano in funzione i CO.RE.CO. (Comitati regionali di controllo) che con grande perizia e competenza riuscivano a controllare gli atti dei Comuni e correggere tempestivamente le deviazioni e gli errori dai fini istituzionali. Ma Oggi?
Teoricamente la Legge affida al Segretario Comunale la funzione di garantire attraverso la macchina amministrativa lo svolgimento in forma legittima delle decisioni collaborando con gli Organi Comunali. Ma è ben chiaro quanto conta oggi una tale figura che, scelta dal Sindaco (D.Lgs. 2000 numero 267 art. 99), finisce per non contrastare la posizione della maggioranza e risulta di fatto assoggettato alla politica. Il controllo sulla legalità degli atti (quello sugli Organi compete al Prefetto) dovrebbe passare quindi nelle mani del Sindaco che, come recita l’art. 50 del TUEL è il capo dell’Amministrazione. Ma sia nel caso del Segretario Comunale sia nel caso del Sindaco è assai difficile vedere applicato un controllo del genere tanto che alla fine le verifiche non vengono più esercitate per le “ragioni superiori” del momento, c’è sempre una giustificazione, una necessità.
A tutto ciò si aggiunge la situazione degli Organi, le loro funzioni e il loro ruolo. In alcuni Comuni è facile constatare che il ruolo ad esempio del Consiglio Comunale non è percepito come quello di Organo Fondamentale di rappresentanza dei cittadini, che ben potrebbe contrastare le eventuali deviazioni degli organi di governo – Sindaco e Giunta – ed intervenire a tracciare una propria autonomia decisionale e politica. Ma il Consiglio Comunale viene vissuto come nella politica degli anni 60’ senza una chiara consapevolezza del proprio ruolo e valore e soprattutto del proprio potere. Si continua a ritenerlo, soprattutto da parte delle maggioranze, come non rappresentativo dei cittadini ma l’organo al servizio della politica, quella di una sola parte. In più dentro i confini molto marginali e di mera ratifica dell’operato di altri. Le commissioni consiliari non hanno, poi nessun ruolo se non quelle che devono esprimere pareri obbligatori sugli atti, convocate sempre all’ultimo momento poco prima delle riunioni di Consiglio.
In una situazione del genere chi fa da padrona è la burocrazia amministrativa che porta in approvazione gli atti presentandoli come “atti dovuti”. Così per un verso la politica cancella il ruolo del Segretario e dello stesso Consiglio Comunale e per l’altro finisce per nascondersi dentro i provvedimenti della dirigenza comunale in modo da evitare ogni responsabilità gestionale e far finta di obbedire alla decisioni di quest’ultima. Insomma la maggioranza del momento non guarda più agli interessi generali e ai legittimi percorsi dei dipendenti e dei dirigenti comunali ma disegna il proprio tornaconto attraverso strumenti come la selezione dei e nei ruoli dei dipendenti. La copertura dei posti di responsabili con qualifica di dirigenti o di alta qualificazione in buona parte viene espletata applicando l’art. 110 del TUEL, cioè a tempo determinato. Tempo determinato che è quasi sempre inferiore al periodo amministrativo delle maggioranze in carica al momento delle varie selezioni con incarichi soggetti a riconferma da parte della stessa maggioranza politica. Bisogna considerare che questi incarichi hanno un riconoscimento economico non indifferente e che comunque vanno contro il dettato costituzionale (art. 97) che mira a un principio fondamentale che è quello del buon andamento della PA. Il tempo determinato dovrebbe essere una eccezione mentre la regola è il tempo indeterminato. La divisione dei poteri tra indirizzo politico e gestione è di fatto vanificata (spoil system). Se si mettono insieme il metodo di scelta del segretario comunale, con i controlli interni e i dirigenti a tempo determinato si capisce facilmente che le amministrazioni diventano nei fatti un tutto politico assoggettato alla maggioranza di turno. E ai cittadini e alle minoranze cosa rimane? Bella domanda! Quasi nulla, il ricorso all’ANAC, alla Corte dei Conti o al TAR regionale, ma su segnalazione. Segnalazione che non tutti i soggetti interessati si sentono di azionare per le ripercussioni che ci possono essere sullo stesso denunciante sia esso individuale o collettivo. Per non parlare, poi del ricorso al TAR con gli alti costi, diverse migliaia di euro, che ciò comporta e il rischio di pagare anche le spese processuali in caso di soccombenza. Questa è la situazione. Quindi c’è poco da stupirsi se in alcuni casi si sentono nelle comunicazioni degli amministratori o negli atti situazioni che non hanno nessun fondamento. Vige una certa forma di impunità di cui alcuni amministratori consapevolmente si fanno forti. E poi in cantiere c’è il tentativo di abrogare l’abuso d’ufficio che merita, però, una riflessione a parte…