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11 Aprile 2023Il libro Raimondo Vianello, Dario Fo e Walter Chiari: ecco alcuni nomi di celebri detenuti di Coltano arrestati nel 1945 dagli Alleati per aver scelto la Repubblica di Salò. Ce lo racconta Gianni Oliva
di Mario Bernardi Guardi
Nell’estate del 1945, Raimondo Vianello venne rinchiuso nel campo americano di Coltano, nei pressi di Pisa. Era stato un «ragazzo di Salò», aveva scelto Mussolini, la Repubblica fascista, l’alleanza con la Germania, arruolandosi come volontario, sottufficiale in un reparto di bersaglieri. Ebbene, nel 1998, in un’intervista rilasciata a Marcello Veneziani per il settimanale Lo Stato , Vianello esordì dicendo: «Non rinnego né Salò né Sanremo» e ribadì i motivi ideali della sua scelta, a partire dai valori a cui era stato educato e dalla convinzione che una battaglia non va abbandonata, meno che mai quando si sa che è già persa.
Gianni Oliva, studioso antifascista, riporta questa testimonianza nel suo ultimo libro, dedicato alle «ragioni» di chi combatté «dalla parte sbagliata» (Il purgatorio dei vinti. La storia dei prigionieri fascisti nel campo di Coltano , pp.206, euro 21). A contrassegno, l’attenzione storica, la «pietas» e la serenità di giudizio già rivendicate nel 1996 da un altro antifascista, Luciano Violante, nel discorso di insediamento a presidente della Camera dei Deputati.
Ce ne sono di cose da raccontare e Coltano è un nome che vale da documento e da simbolo. Perché è qui che nel dopoguerra, nel campo di prigionia allestito dagli Alleati, furono internati trentamila fascisti, molti dei quali giovanissimi, testardamente impegnati a cercare «la bella morte» nell’ «ultima trincea». Ed ecco che vengono fuori un bel po’ di nomi illustri tra i militanti di Salò che pagarono duramente per la loro scelta: per l’appunto, Raimondo Vianello, e poi altri futuri attori come Enrico Maria Salerno, Walter Chiari, Ugo Tognazzi, Dario Fo, il giornalista sportivo Enrico Ameri, l’olimpionico Gianni Dordoni, Mirko Tremaglia, destinato a diventare ministro, Gorni Kramer, futuro direttore d’orchestra nonché un futuro grande giornalista scomodo come Mauro De Mauro, che indagherà sulla morte di Mattei e nel ’70 sarà rapito e fatto fuori, ma non si è mai saputo da chi. I nomi illustri non si contano. Infatti, a Coltano, o più probabilmente nella vicina Metato, fu rinchiuso in una gabbia per mesi, al sole diurno e al freddo notturno, il grande poeta dei Cantos , l’americano Ezra Pound, appassionato ammiratore di Mussolini.
Ma perché gli americani vollero Coltano come campo di prigionia per quegli gli irriducibili di Salò? La vasta area agricola, compresa tra Pisa e Collesalvetti, è nota perché nel 1911 Guglielmo Marconi vi costruì un centro radio presto divenuto il più importante d’Europa: da lì, nel 1931, partì l’impulso radio che accese a Rio de Janeiro le luci al Cristo Redentore . Un’altra la funzione di Coltano nei non sopiti furori del dopoguerra: gli angloamericani — racconta Oliva — lo scelsero perché era vicino alle loro basi militari, perché era un luogo sicuro dato che era compreso tra ampie distese coltivate e il mare, ed era decentrato rispetto ai centri industriali dove maggiore era la tensione politico-sociale. Qui, in un terreno di origine paludosa che era già stato bonificato in epoca medicea, c’era spazio per realizzare baracche, punti di raccolta, depositi, reticolati di recinzione, torrette di avvistamento, fossati di divisione. Detto e fatto: nel maggio del 1945, requisiti 1200 ettari e allontanati gli agricoltori con un modesto indennizzo in contraccambio, in poche settimane fu realizzato un gigantesco campo, già operativo a metà giugno, e presidiato dai reparti della divisione «Buffalo».
La disciplina dentro era rigida, tra le urla dei sorveglianti, i colpi di fucile sparati poco sopra le teste per intimidazione, le manganellate, le crude vessazioni quotidiane, le ispezioni improvvise. E di tutto dà conto Oliva che ricorda anche i vari campi di smistamento diffusi in tutto il territorio italiano (a Collescipoli, presso Terni, fu rinchiuso Ardengo Soffici, uno dei «ragazzacci» dell’avanguardismo culturale fiorentino) e, in Toscana, quelli di Scandicci, San Rossore e Laterina. Aggiungiamo che, nel tracciare mappe di nomi, luoghi, eventi e personaggi, Oliva, da storico serio, ricorda che i documenti a nostra disposizione sono pochi e, inevitabilmente, le ipotesi molte.
Comunque un po’ di «dati» ci sono e la storia si (ri) scrive puntando su quelli.
Abbiamo accennato a Raimondo Vianello e alla rivendicazione, sorniona e signorile, della scelta fascista. Sulla stessa lunghezza d’onda è un altro non pentito e cioè Walter Chiari, volontario nella «Decima Mas», collaboratore del giornale del reparto L’Orizzonte e, secondo alcune testimonianze, combattente nei reparti della Wermacht durante la battaglia delle Ardenne.
Volontario a Salò e prigioniero a Coltano è anche Enrico Maria Salerno, che si arruola diciassettenne, e che, del caldo sfibrante e dei maltrattamenti nel campo, ben presto non ne può più. Così gioca la carta della «pazzia», smaniando e imprecando. Allora lo sbattono a Taranto, dove imperano fame, sporcizia e malattie, poi la sua destinazione sarebbe l’Algeria, ma lui riesce a sfuggire alla detenzione con una fuga rocambolesca.
C’è poi la «storia» di Dario Fo. L’acceso comunista del dopoguerra era stato anche lui un «ragazzo di Salò»? Ammissioni e smentite, polemiche mediatiche con tanto di risvolti giudiziari — materiale su cui Oliva argomenta sine ira et studio ” — non risolvono ancora la «questione: andò tra i repubblichini perché ci credeva? Oppure era una sorta di simpatizzante della Resistenza infiltrato tra i “fasci”? Ma è vero o no che partecipò a dei rastrellamenti antipartigiani?» Processato nell’80, il futuro Nobel fu assolto, ma i dubbi restano. Come gli faceva notare, scherzandoci sopra, il camerata Giorgio Albertazzi, grande amico suo e di Franca Rame, e anche lui processato e assolto. Ma pentito mai.
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