Stefano Stefanini
L’attacco Houthi al mercantile greco True Confidence è un drammatico salto di livello – politico, economico e di sicurezza – nella crisi del Mar Rosso. È il secondo obiettivo centrato in pochi giorni. Ci sono vittime (due, più cinque ustionati). L’equipaggio ha dovuto abbandonare la nave. Tutto questo sotto gli occhi elettronici della neo-lanciata missione Ue Aspides e della robusta presenza americana e britannica. L’agenzia marittima britannica (Ukmto), che per prima ha dato la notizia, riferiva che «le forze della coalizione stavano sostenendo» la True Confidence, senza specificare se il sostegno precedeva l’attacco – in questo caso con ben scarso successo – o se consiste nelle operazioni per portare in salvo l’equipaggio.
Questo successo degli Houthi riflette una loro crescente capacità di attacchi sofisticati e coordinati, capaci di evadere o aggirare le difese elettroniche, contraeree e missilistiche, delle navi europee e angloamericane. Si era già visto in occasione dell’attacco alla Duilio di qualche giorno fa: il drone teneva impegnato il nostro cacciatorpediniere, mentre gli Houthi lanciavano missili contro navi commerciali. Quand’anche motivati dalla solidarietà con la causa palestinese e dal disastro umanitario di Gaza, gli Houthi non vanno per il sottile sui bersagli. La True Confidence era il classico mercantile di proprietà armatoriale greca registrata in Liberia, battente bandiera di Barbados. Legami con Israele: zero. Non fa differenza. Il vero obiettivo Houthi è la libertà di navigazione attraverso il collo di bottiglia di Bab el-Mandeb che conduce al canale di Suez. Il traffico era già dimezzato negli ultimi mesi. Può ancora diminuire dopo il colpo riuscito di ieri contro la True Confidence e le vittime nell’equipaggio.
Quale armatore o assicuratore rischierà la navigazione a una manciata di miglia dai missili e droni Houthi? Il prezzo del petrolio era rimasto finora – vedremo oggi – indifferente nel vago assunto che, per amicizia araba, gli Houthi risparmierebbero i traffici dei Paesi del Golfo. Sarà, ma la psicologia che muove i prezzi del Brent è molto fragile.
I Partigiani di Dio (Ansar Allah) non sono ribelli politicamente sprovveduti. Sanno benissimo cosa stanno facendo e quali siano le conseguenze. Negando, di fatto, la libertà di navigazione commerciale attraverso il Mar Rosso e il Canale di Suez, prendono di mira l’Occidente, e soprattutto l’Europa; i Paesi europei che hanno solo porti nel Mediterraneo – Grecia, Italia, Turchia in primis – sono quelli che soffrono di più. L’Egitto, privato dei proventi del Canale di Suez, è una vittima collaterale – gli Houthi, zelantemente sciiti, non sprecheranno molte lacrime per il regime sunnita di Abdel Fattah Al Sisi. Ma, dietro l’escalation degli attacchi, c’è anche la manina, politica e tecnologica, dell’Iran o gli Houthi fanno tutto da soli?
L’Iran nega di voler allargare la crisi mediorientale oltre la guerra fra Israele e Hamas, che oggi compie esattamente quattro mesi dal massacro del 7 ottobre, e la tragedia umanitaria di Gaza. I fatti raccontano un storia diversa, sia negli attacchi di Hezbollah a Israele dal Libano che in quelli alle basi americane, in Iraq, Siria e Giordania – mini basi rimaste sul terreno con esclusivi compiti di antiterrorismo, per impedire il ricostituirsi di una rete dell’Isis. A Teheran le Guardie Rivoluzionarie sono uno Stato nello Stato, salvo ovviamente l’obbedienza alla Guida Suprema, Hezbollah e Houthi son ben capaci di decidere da soli. In Medio Oriente c’è molta libera iniziativa, ma da dove arrivano ai Partigiani di Dio missili come quello che ha colpito la True Confidence e droni come quello intercettato e abbattuto dalla Duilio? Tutto fatto in casa dagli artigiani di Sanaa?
L’attacco di ieri rende più difficile il compito e le regole d’ingaggio della missione navale «difensiva» approvata martedì con voto quasi bipartisan del Senato italiano. Oltre alla crescita di capacità offensive, che ci deve comunque preoccupare, con l’escalation gli Houthi avvertono e minacciano l’Europa, appena scesa nelle acque infide del Mar Rosso con Aspides. L’Italia che ha il comando in mare e la Grecia che ha quello strategico sono in prima linea. Ci troviamo di fronte a una sgradevole scelta: limitare la missione al pattugliamento proteggendo soprattutto le nostre navi e la sicurezza dei nostri marinai, offrendo al naviglio commerciale una protezione marginal; o elevare il livello di guardia per assicurargli un vero ombrello. Quest’ultimo può richiedere una difesa attiva che arrivi a colpire la basi da cui partono gli attacchi. Siamo pronti a farlo? Se non intendiamo correre questo rischio, dobbiamo accettare le conseguenze della prudenza: non sentendosi protette, le navi commerciali preferiranno fare il giro dell’Africa. Ma se i portacontainer e magari anche le petroliere vanno per il Capo di Buona Speranza, a cosa serve Aspides? Gli Houthi sanno cosa vogliono. Noi lo sappiamo?