MILANO — S’innalzano ovunque le gru e ovunque agli incroci si abbattono i ciclisti. La città si allarga, i cantieri dilagano e il mattone, che prospera sfrenato, rende più ricchi i possidenti; ma più affaticati e vulnerabili, e non solo economicamente, tutti gli altri.
Dallo scorso novembre, il conto delle vittime della strada tra chi pedala e finisce travolto dai camion è cresciuto sino a diventare un record nero, senza eguali in Italia. Tragico e insopportabile, specie per una metropoli pianeggiante, a trazione centrosinistra. Che si dice “green”. Che ha chiuso il centro alle auto e ha istituito la zona B contro i diesel più vecchi.
Per la capitale del Nord produttivo, con un’altissima densità di ciclisti e di associazioni civiche e sportive legate al pedale. Per una Milano che nel programma politico di Beppe Sala prevede l’aumento delle piste ciclabili, che ha decretato in alcuni quartieri il limite massimo dei 30 chilometri all’ora, ha modificato in alcuni punti strategici la segnaletica, arretrando la linea d’arresto delle automobili per dare la precedenza alle due ruote, la strage dei ciclisti va ben oltre il lutto cittadino: tutto questo sforzo politico a che serve se poi muoiono così tante persone?
Francesca Quaglia, 28 anni, in perfetta forma, tanti lavori nelle case editrici, curriculum importante, traduttrice dall’inglese e dalle lingue scandinave, è la sesta vittima. E’ stata travolta ieri in piena Porta Romana. Dentro il cuore antico e pulsante della città. È la quinta donna ammazzata da un camion.
Dove è caduta sono accorsi a migliaia, com’era accaduto già negli altri angoli di Milano che si vanno riempiendo delle croci dei ciclisti. Ciclisti che finiscono schiacciati dovunque.
Dai Bastioni di Porta Nuova, e cioè dalla fine di corso Garibaldi, vicino alle architetture magnifiche della Feltrinelli, dove Silvia Salvarani, 66 anni, maestra di yoga, è stata travolta da una betoniera; alla circonvallazione esterna, tra piazzale Loreto e viale Brianza, nello stesso luogo dove vennero esposti i corpi di Benito Mussolini, Claretta Petacci e altri del regime fascista: qui un camion è diventato il patibolo dell’innocente Veronica d’Incà, 38 anni.
Cristina Scozia, un anno di più, ancora a causa di una betoniera, è caduta in corso di Porta Vittoria, vicino alla grande biblioteca pubblica Sormani e a duecento metri dal palazzo di giustizia. In periferia un cinquantacinquenne, Li Tjanjiao, che affiancava un camion lungo la via Comasina, celebre per il bandito Renato Vallanzasca, non ce l’ha fatta.
E così via, morti, feriti, coma, ricoveri in ospedale; e da questo cimitero si capisce che il divieto della giunta comunale di far entrare in città i mezzi dalle 3,5 tonnellate in su, se privi di sensori e strumenti di segnalazione, che scatterà solo tra un mese, il 1 ottobre, non può curare né il dolore sin qui sparso, né la situazione del traffico.
Le cronache raccontano di camionisti sotto shock, con le mani nei capelli, e di periti delle assicurazioni che studiano precedenze e traiettorie, ma ci chiediamo se c’entrino o non c’entrino con questa strage il sistema degli appalti e dei subappalti, la fretta danarosa, i massacranti turni di lavoro dei cantieri. E non sappiamo a chi rivolgere la domanda per ottenere una risposta onesta.
In questa Milano, che s’è riempita come non mai di turisti, che attrae studenti di ogni parte del mondo per le università, che ha una vita sociale incredibile per chiunque abbia denaro da spendere, è difficile ragionare sui prezzi sociali che si stanno pagando. Milano rappresenta ogni mese di più la locomotiva economica e finanziaria in un Paese che annaspa, come e dove trovare un punto d’equilibrio? Certamente, abbiamo mezzi molto grossi e pesanti da una parte e pochi chili di metalli e gomme dall’altra. Chi è destinato a soccombere, tra mezzi così diseguali, è chiaro a tutti. Ma oltre al cordoglio delle autorità e alle manifestazioni dei ciclisti — già molti anni fa nacque a Milano “Critical Mass”, con migliaia di giovani che pedalando a passo d’uomo bloccavano il flusso delle auto — sinora non si registrano cambi di rotta. Non nella realtà.