Il Kunst s’allarga un salto nel futuro con un’altra sede all’avanguardia
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23 Ottobre 2024Arezzo Disegni, dipinti, documenti: prestiti dai principali musei per la mostra a cura di Cristina Acidini: «Partito da una condizione svantaggiata, grazie alla cultura è diventato una celebrità»
Con 20 opere in arrivo dagli Uffizi, la più importante delle quali è forse Il ritratto di Alessandro de’ Medici , del 1534, custodito in Galleria, con la Diana di Efes o prestata dal Mann di Napoli, con i disegni preparatori della Cena di Ester e Assuero che saranno esposti di fonte alla grande opera di proprietà del Museo d’arte Medioevale e Moderna di Arezzo, e poi prestiti dal Louvre e dal Met, il 31 ottobre apre al pubblico la grande mostra che chiude nella sua città — nelle due sedi della Galleria Comunale d’arte Moderna e contemporanea e nell’ex chiesa di sant’Ignazio — le celebrazioni per i 450 anni dalla morte di Giorgio Vasari: Vasari. Il Teatro delle Virtù è il titolo.
Curata da Cristina Acidini, che si è avvalsa della collaborazione di Alessandra Baroni, ci condurrà in un viaggio non solo nell’universo vasariano ma anche in quello a lui coevo, per sviluppare — e questo è l’intento della curatrice — «un racconto sul suo percorso personale fatto attraverso disegni, dipinti e documenti. Volevamo fare emergere questo suo volere fin dall’inizio, e partendo da una condizione svantaggiata visto che era rimasto anche orfano ben presto di padre — farsi una solida cultura che gli consentisse di muoversi con estrema familiarità e ottenendone la stima tra gli umanisti che gravitavano intorno ai Medici, nel periodo in cui fu legato a loro con Cosimo I, ma anche dei grandi cardinali e dei papi». «Se c’è un insegnamento da trarre da Vasari è quello di credere nella propria cultura che, nel suo caso, fu anche un importante ascensore sociale — continua la curatrice — Fu grazie a questa che diventò quello che era, una celebrità, e che ha potuto creare la storia dell’arte attraverso le sue Vite e rendere gli artisti delle celebrità dando vita a un’Accademia fatta apposta per loro. Non dimentichiamoci che fino ad allora erano ritenuti meri artigiani o poco più».
Per centrare l’obiettivo tra i prestiti importanti, sempre dagli Uffizi, arriva il San Girolamo della Galleria Palatina, mentre dalla chiesa dei Santi Apostoli a Firenze e diretta nell’ex chiesa di Sant’Ignazio è partita l’Allegoria dell’Immacolata Concezion e «una pala d’altare strepitosa — osserva ancora Acidini — con quel diavolo attorcigliato all’albero, dove lui, con l’aiuto certamente di teologi, mette in scena quello che non è ancora un dogma ma una verità di fede su cui la chiesa a quel tempo stava ancora dibattendo».
È questa, forse, l’opera più importante fra quante sono state assemblate per dare consistenza a un progetto espositivo che intende rivalutare tutto l’apparato di allegorie e simboli dell’arte vasariana — rappresentato in mostra anche dall’Allegoria del Sonno e dall’Allegoria dell’oblio e dal disegno preparatorio con Le primizie della Terra offerte a Saturno , base dell’Affresco della Sala degli Elementi di Palazzo Vecchio, prestati dal Met — un’arte quella del nostro difficilmente tra l’altro da mettere in mostra in maniera esaustiva data la complessità di un uomo che fu pittore, scrittore, storico dell’arte, architetto. A rendere ulteriormente prezioso l’evento di Arezzo promosso dal Comune, dalla Fondazione Guido d’Arezzo e dalla Fondazione Cr Firenze, con il patrocinio del Ministero della Cultura, ci sono 17 lettere, un carteggio tra Vasari e Michelangelo, arrivato ai curatori, come ci racconta Carlo Sisi, presidente del Comitato scientifico che ha curato gli eventi dell’anno vasariano, «Scortato dai carabinieri, visto che si tratta di una parte di quell’archivio Vasari su cui è ancora in corso un contenzioso tra lo Stato e gli eredi Festari. Si tratta di lettere commoventi, in una c’è un sonetto che Michelangelo scrisse proprio per il Vasari, in un’altra vengono spiegate le ragioni per cui lui, il Buonarroti, non intende tornare a Firenze».
Altra opera simbolo di questa mostra — a cui il direttore degli Uffizi Simone Verde intende dare un seguito scientifico con l’organizzazione di un convegno nel centro studi che intende aprire a Boboli sul Vasari storico dell’arte e primo architetto del primo museo della storia, quali sono le Gallerie da lui presiedute — è la Chimera di Arezzo che torna nella sua città fino al 2 febbraio e che rappresenta un dono graditissimo. Spiega Stefano Casciu, direttore dei musei regionali, raccontando la nota vicenda di Vasari che, vista la Chimera da poco ritrovata, decise di portarla in dono al granduca a Firenze: «Per me autorizzare questo prestito dall’Archeologico di Firenze, è stata una grande gioia, perché pur sapendo che la Chimera è patrimonio fiorentino ormai storicizzato, sento in questo modo di fare cosa veramente gradita alla popolazione di Arezzo. Tante volte in città chi mi ha riconosciuto, magari in un negozio o per strada, ha espresso con me il desiderio di vederla». Anche solo per qualche mese, come stavolta, ma è pur sempre una gioia come ha sottolineato ieri a Roma alla presentazione il sindaco della città Alessandro Ghinelli.
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