Nello del gatto
Con alcune ore di ritardo, che avevano fatto temere che potesse saltare tutto, Hamas ha consegnato la lista dei tre ostaggi che oggi dovrebbero essere rilasciati da Gaza. Si tratta di Eli Sharabi, Or Levy e Ohad Ben Ami.
In cambio, dalle carceri israeliane saranno liberati 183 palestinesi, tra i quali 18 all’ergastolo, 54 a lunghe condanne e 111 che sono stati arrestati nella Striscia di Gaza durante la guerra, ma che non hanno partecipato al massacro del 7 ottobre.
Il ritardo di Hamas, che non ha rispettato la scadenza delle ore 16 locali per presentare la lista, è stato giustificato dai miliziani con una protesta nei confronti di Israele: secondo Hamas, nemmeno Netanyahu avrebbe tenuto fede ai termini dell’accordo, impedendo l’ingresso a Gaza degli aiuti umanitari concordati, in particolare macchinari pesanti, tende e case mobili necessarie per fornire riparo ai rifugiati.
Accusa respinta al mittente dal Cogat, il reparto dell’esercito che sovrintende alle attività nei Territori e che coordina l’ingresso di aiuti a Gaza, che ha comunicato di aver fatto entrare nella Striscia, dal 19 gennaio (data di inizio della tregua) 8.400 camion di aiuti, una media di più di 400 camion al giorno, compresi 3.084 al Nord: «Non tollereremo alcuna violazione degli accordi da parte di Hamas», ha detto. I militari riferiscono anche di aver fatto entrare a Gaza 130.938 tende, delle quali 45 mila a nord.
Tornando agli ostaggi che dovrebbero essere liberati oggi, Eli Sharabi, 53 anni, è stato rapito dalla sua abitazione del kibbutz Be’eri. Sua moglie e le figlie di 16 e 13 anni furono uccise il 7ottobre, anche se i loro corpi furono identificati successivamente. Anche Ohad Ben Ami, 56 anni, è stato sequestrato da Be’eri, assieme a sua moglie Raz, ammalata di tumore al cervello, che è stata liberata a novembre 2023. Or Levy, 34 anni, è stato rapito mentre si trovava al Nova Festival con sua moglie assassinata tra le sue braccia. Lo attende fuori il figlio di 3 anni.
«Riporta indietro la mia famiglia, i miei amici, riporta tutti a casa». È questo, intanto, l’appello che Yarden Bibas, liberato il primo febbraio da Gaza, ha lanciato al premier Netanyahu. La moglie di Yarden, Shiri, e i suoi figli, Ariel di 5 anni e Kfir di 2 anni, sono ostaggio di Hamas che, nel novembre di due anni fa, annunciò la loro morte. Sulle loro condizioni non si hanno certezze, anche se le speranze di rivederli in vita sono poche.
Il premier stasera, alla fine dello Shabbat, dovrebbe ripartire per Gerusalemme mentre la delegazione israeliana dovrebbe partire per Doha dove è aperto il tavolo per i negoziati sulla seconda fase della tregua. Il condizionale è d’obbligo, dal momento che non è neanche chiara la composizione della stessa delegazione e da Washington continuano ad arrivare dichiarazioni che irritano il mondo arabo.
L’ultima, proprio del premier israeliano. «I sauditi possono creare uno Stato palestinese in Arabia; hanno un sacco di terra laggiù», ha detto Netanyahu durante un’intervista con il Canale14 israeliano. Quando gli è stato chiesto se uno Stato palestinese fosse necessario per la normalizzazione con l’Arabia Saudita, ha respinto categoricamente l’idea, definendola una «minaccia alla sicurezza per Israele». «Soprattutto non uno Stato palestinese. Dopo il 7 ottobre? Sai cos’è? C’era uno Stato palestinese, si chiamava Gaza. Gaza, guidata da Hamas, era uno Stato palestinese e guarda cosa abbiamo ottenuto», ha detto il premier, prevedendo però un accordo imminente con i sauditi. «Penso che la pace tra Israele e Arabia Saudita non sia solo fattibile, penso che accadrà», ha riferito Netanyahu.
Il premier ha lodato il piano di Trump di spostare i gazawi dalla Striscia. Piano che il presidente americano intende perseguire, ma con calma. Ricevendo nello Studio Ovale il premier giapponese Shigeru Ishiba, il presidente americano ha detto che non c’è «nessuna fretta» sul suo controverso piano per Gaza e ha ribadito che non ci sarà bisogno di truppe Usa nella Striscia. Intanto, da Gaza sui social si diffondono molti video di locali che vogliono lasciare la Striscia a causa dell’enorme distruzione. Su richiesta del ministro della difesa Katz, l’esercito sta studiando un piano per l’evacuazione dei gazawi che potrebbe avvenire attraverso l’aeroporto di Ramon, nei pressi di Eilat.