La ricetta di Gianfranco Bologna, pioniere dell’ecologismo, per curare il Pianeta A partire da una nuova definizione di noi stessi.
di Luca Fraioli
Ci sono idee che si diffondono prima tra gli iniziati, tra gli esperti. Rimangono per anni sotto traccia, pur essendo dirompenti nelle loro conseguenze. Poi improvvisamente rompono gli argini, tracimano e inondano il dibattito pubblico. È il caso recentissimo del rapporto tra noi esseri umani e tutto ciò che ci circonda. In rapida successione nelle librerie, sono arrivati saggi che, attingendo alle evidenze scientifiche emerse negli ultimi anni, rimettono le cose al loro posto. Ciascuno usa il lessico che gli è più famigliare, ma il messaggio, in fin dei conti è lo stesso. Il geologo e paleontologo spagnolo Luis Arsuaga lo dice così: «La Terra è un unico grande sistema formato da una serie di sfere concentriche interconnesse tra loro… e noi esseri umani rappresentiamo una parte decisiva del sistema globale». L’astrofisico e star della tv americana Neil deGrasse Tyson cambia scala spazio-temporale, ma esprime un concetto analogo: «Non siamo noi a vivere nell’Universo. È lui che vive dentro di noi, grazie agli atomi di cui siamo fatti. Siamo polvere di stelle, nel vero senso della parola».
A loro si aggiunge uno studioso italiano che ha dedicato la vita alla protezione dell’ambiente e che nel suo ultimo saggio ribadisce fin dal titolo:Noi siamo natura. Gianfranco Bologna è presidente onorario della Comunità scientifica del Wwf Italia, Full member del Club of Rome, segretario generale della Fondazione Aurelio Peccei. E il libro pubblicato da Edizioni Ambiente è un compendio di tutto quello che la scienza ha capito del cosmo, della Terra e dell’essere umano. Se Arsuaga e de-GrasseTyson attingono soprattutto alle rispettive discipline (la geologia e l’astrofisica) per arrivare alla conclusione che noi siamo tutt’uno con la natura, e non qualcosa di distinto, Gianfranco Bologna spazia dall’economia all’evoluzionismo, alla biologia molecolare, alla genetica, alla teoria dei sistemi complessi.
E alla fine tutta questa scienza non fa che ricordarci ciò che un tempo sapevamo e che abbiamo finito per dimenticare. «Soprattutto noi abitanti dei Paesi più ricchi del Pianeta», dice Bologna, «abbiamo perso cognizione del fatto che noi siamo natura. Il velocissimo sviluppo tecnologico e il modello di crescita materiale ci hanno di fatto allontanati culturalmente dal mondo che ci ha prodotti». E perché è importante oggi riacquisire quella consapevolezza? Perché il cuore della tanto sbandierata sostenibilità «risiede prima di tutto nel pieno riconoscimento del fatto che noi siamo natura… La crescita quantitativa infinita e il cosiddetto auto-equilibrio spontaneo del mercato sono in chiara rotta di collisione con i limiti bio-geofìsici del meraviglioso pianeta che abitiamo».
Fatte queste premesse, Bologna esibisce nelle pagine successive documentatissime prove, con centinaia di citazioni di studi scientifici e di interventi dei massimi esperti mondiali in ogni disciplina, per una bibliografia monumentale di quasi venti pagine. Ma trova il modo di citare anche fuoriclasse della letteratura, come Giacomo Leopardi e Primo Levi, che pure si erano interrogati sul rapporto tra noi e il mondo.
La conclusione è che la scienza moderna, da Darwin agli scopritori delle onde gravitazionali, ci ha definitivamente confermato che non siamo esseri eletti, a cui è consentito, in virtù di tale ipotetica superiorità, sfruttare senza limiti le risorse della Terra. Ciononostante continuiamo a farlo, «col rischio di diventare la prima causa di una profonda estinzione della vita sull’unico Pianeta che conosciamo in cui questo fenomeno è presente». Anche perché secondo Bologna «la stragrande maggioranza dei politici e dei decisori ignora le basilari conoscenze dell’ecologia e delle scienze della Terra, vive in una dimensione culturale molto distante dalla natura».
Non c’è dunque speranza? Gianfranco Bologna si affida alle parole del suo mentore, Aurelio Peccei, cofondatore del Club di Roma: «L’uomo moderno deve ritrovare la propria umanità… Questo nuovo umanesimo dovrà avere un carattere rivoluzionario… e il suo successo è la stessa condizione di sopravvivenza dell’umanità». Parole che quarant’anni fa rimasero, quasi, inascoltate, forse perché troppo visionarie per l’epoca. Oggi le conoscenze scientifiche elencate inNoi siamo natura, oltre alle prove tangibili di quanto le nostre attività stiano alterando il Pianeta, possono fare la differenza.