La pirateria è una catastrofe per i libri
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10 Marzo 2024Attualità Autoritarismi, secolarizzazione: Ortensio Zecchino legge il celebre saggio (Rubbettino)
di Ernesto Galli della Loggia
Se è vero che ogni libro testimonia del proprio tempo e del proprio autore allora non si sbaglia pensando che un libro come questo di Ortensio Zecchino ( Perché non possiamo non dirci «cristiani». Letture e dispute sul celebre saggio di Benedetto Croce , Rubbettino) s’iscriva per il primo aspetto nella sensazione oggi sempre più diffusa che l’Occidente si trovi davanti a una grave minaccia, specialmente rivolta ai valori politici e alle dimensioni umane frutto della sua storia. Oggi minacciati, per l’appunto, dalla crescente presenza planetaria di regimi illiberali che non solo verso tali principi nutrono il più aggressivo disprezzo, ma non nascondono di voler avere un ruolo egemonico sulla scena del mondo.
Da qui la suggestione di un «ritorno a Croce», al Croce che tra gli ultimi anni Trenta e i primi Quaranta del secolo scorso si trovò a vivere una temperie in qualche modo analoga. Con la civiltà democratica assediata dai totalitarismi, i loro eserciti vittoriosi e apparentemente invincibili, la loro esaltazione della violenza e della razza. Un Croce che, meditando su questa vera e propria «Finis Europae» indicò nella centralità del cristianesimo il baluardo ultimo contro quello che gli appariva un ritorno della barbarie: ci sono momenti e crisi della storia in cui, se vogliamo salvarci, non possiamo non dirci cristiani, appunto.
Zecchino ricostruisce con accuratezza sia i precedenti giudizi sul Cristianesimo nell’opera crociana sia l’amplissimo ventaglio delle reazioni che il suo saggio suscitò quando esso apparve verso la fine del 1942 e poi in seguito. Dall’ovvia e immediata ostilità degli ambienti fascisti (Bottai in primis) a quella di un «eretico» come Bonaiuti, all’ostilità aspra e altezzosa della «Civiltà Cattolica» e dei gesuiti, fino al ragionato dissenso, nel tempo più vicino a noi, di studiosi pur in modi diversi sensibili all’insegnamento di Croce come Calogero, Sasso e Garin.
La centralità cristiana
La civiltà democratica assediata e la riflessione su una imminente «Finis Europae»
Ma è evidente che a chi, come Zecchino, si è nutrito di politica militando nella Democrazia cristiana e poi nel Partito popolare quel che più interessa è il rapporto che il saggio fece nascere tra Croce e il mondo politico cattolico, allora appena in via di ricostituzione. Ed è senz’altro questo, come dicevo all’inizio, ciò che il libro testimonia circa il sentire del suo autore, così com’è senz’altro questa la parte forse più nuova e certo di maggiore e immediato interesse per noi oggi.
Più o meno esplicitamente il testo crociano indicava la sostanza cristiana del liberalismo e una ferma avversione a «una concezione materialistica del vivere umano»: posizioni che egli era andato maturando negli anni precedenti il conflitto. Ovvio che gli eredi del vecchio popolarismo — memori di come proprio l’impossibilità di un accordo tra liberali e cattolici avesse aperto a suo tempo la strada al fascismo — fossero immediatamente colpiti e interessati da queste posizioni. A cominciare da don Sturzo, che dall’esilio non aveva mai smesso di seguire con attenzione l’opera del filosofo, per finire con De Gasperi autore già dieci anni prima di una recensione problematicamente critica alla Storia d’Europa.
Zecchino illustra diffusamente e con osservazioni sempre acute il rapporto profondo, una vera e propria consonanza sul grande tema della libertà che venne stabilendosi specialmente tra Croce e De Gasperi nonché i cattolici a lui vicini nel complesso clima del dopoguerra, caratterizzato dalla forte presenza di una sinistra social-comunista suggestionata dallo stalinismo. Per poi da qui allargare la propria riflessione al problema attuale di una secolarizzazione che sta rendendo sempre più pressante l’interrogativo posto a suo tempo dal cardinale Ratzinger: «L’annullamento generalizzato della religione, il suo superamento, deve essere considerato un necessario progresso dell’umanità sulla via della liberta e della tolleranza universale, o no?».