IL RAPPORTO CON L’UE
Proprio dalla questione migratoria passa il rapporto che il pontefice in questi nove anni ha coltivato con le istituzioni dell’Unione europea, spesso spronate da Francesco a fare di più. Tanto che in occasione dell’intervista a “Che tempo che fa” del febbraio 2022, il papa ha parlato di una gestione «criminale» da parte europea sull’accoglienza dei migranti.
E poche settimane dopo, durante il viaggio a Malta in aprile, ha dichiarato: «Il Mediterraneo ha bisogno di corresponsabilità europea per diventare teatro di solidarietà». Per poi sottolineare: «Non possono alcuni paesi sobbarcarsi l’intero problema nell’indifferenza degli altri. E non possono paesi civili sancire per proprio interesse torbidi accordi con malviventi che schiavizzano le persone».
IL “SUO” SUDAMERICA
Da quando è il vescovo di Roma, Bergoglio non è mai stato in Argentina, sua terra natia. Ed è stato lui stesso a confessare che non ci tornerà, in caso di dimissioni dal soglio pontificio. I motivi del mancato viaggio in patria del papa non sono noti. Dal 2015 al 2019 a Buenos Aires il presidente è stato Mauricio Macri, con cui i rapporti non sono stati idilliaci. Inoltre sulla figura di Francesco in Argentina pesa ancora il suo discusso ruolo durante la dittatura della giunta militare tra gli anni Settanta e Ottanta. Ma dal 2013 il papa ha viaggiato molto nel continente sudamericano, tra Brasile, Ecuador, Bolivia, Paraguay, Messico, Colombia, Cile, Perù e Panama. Durante la crisi presidenziale in Venezuela del 2019, invece, il papa ha tenuto un atteggiamento di dialogo, cercando mediazione tra il leader Nicolas Maduro e Juan Guaidò, nome appoggiato dagli Stati Uniti. Un’equidistanza che da molti in occidente è stata vista come una sponda a Maduro.
I NATIVI IN CANADA
L’ultimo viaggio apostolico di papa Francesco, prima di quello in Kazakhstan dal 13 al 15 settembre, è stato il volo in Canada lo scorso luglio. Una visita che ha avuto lo scopo di riappacificarsi con la comunità indigena. Un «pellegrinaggio penitenziale», come lo ha definito lo stesso pontefice, per chiedere perdono dei crimini commessi nelle scuole cattoliche tra l’Ottocento e il Novecento contro le popolazioni indigene. Ennesima prova di riguardo nei confronti degli “ultimi”.
GUERRA IN UCRAINA
Una «guerra mondiale a pezzi» o frammentata, è quella che per papa Francesco si sta svolgendo ai giorni nostri. E di cui il conflitto in Ucraina è solo una parte. Le dichiarazioni del vescovo di Roma dopo l’inizio dell’invasione dell’esercito russo il 24 febbraio sono state molteplici, tutte condite dalla richiesta di un cessate il fuoco. L’invasione è stata «una pazzia» per il papa, che ha condannato la mossa di Putin, ma il pontefice ha anche invitato a «non ridurre a buoni e cattivi» la complessità della situazione, sottintendendo possibili responsabilità iniziali della Nato.
Frasi che prevedibilmente hanno suscitato polemiche.
Come quelle sulla morte in un attentato di Darya Dugina, figlia di Aleksandr Dugin, definita una «povera ragazza» da Francesco a fine agosto. «L’Ucraina è profondamente delusa dalle parole del pontefice», ha risposto il ministro degli esteri di Kiev Dmytro Kuleba, convocando il nunzio apostolico in Ucraina.
Gli sforzi per la pace e per la mediazione da parte di Francesco – che vorrebbe andare a Kiev e a Mosca – nonostante tutto proseguono, anche durante la guerra in Ucraina che ha polarizzato qualsiasi argomento.
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