MILANO — I soci storici di Mediobanca bocciano l’offerta di scambio lanciata dal Monte dei Paschi di Siena il 24 gennaio scorso. L’assemblea dell’Accordo di consultazione di Piazzetta Cuccia, che raggruppa l’11,87% del capitale e comprende nomi noti come la Mediolanum della famiglia Doris, la famiglia Gavio e la famiglia Pecci, si è riunita ieri e ha «preso atto, condividendole, le valutazioni preliminari del cda di Mediobanca in ordine all’inadeguatezza dell’offerta pubblica di scambio promossa da Mps».
Dunque i soci del patto si sono stretti intorno all’ad Alberto Nagel e al management dicendo a chiare lettere che preferiscono continuare con l’attuale modello di business “specializzato” che sta dando buoni risultati.
L’Accordo di consultazione ha registrato l’adesione di due nuovi azionisti che però erano già soci di Mediobanca. Federico Falck ha apportato lo 0,13% e Alberto Aspesi, direttamente e attraverso la controllata Bocca di Rosa srl, ha conferito un altro 0,33% del capitale. Mentre il patto ha registrato la vendita dello 0,21% di azioni Mediobanca che appartenevano a Beniamino Gavio, che però al momento mantiene un altro pacchetto pari allo 0,61% all’interno dell’Accordo. In seguito a questi movimenti la quota degli azionisti storici passa dall’11,62% all’11,87% e conferma Angelo Casò alla presidenza e Massimo Doris e Alberto Pecci alla guida del comitato.
Certo l’11,87% non è poi così tanto se confrontato con il 19,7% detenuto dalla Delfin della famiglia Del Vecchio e a poco meno del 10% che ha al suo attivo Francesco Gaetano Caltagirone, entrambi sostenitori dell’Ops lanciata da Luigi Lovaglio con il Monte dei Paschi. A loro potrebbero aggiungersi anche un altro 3% posseduto dalle gestioni assicurative delle Poste e il 2% dell’Enpam, la cassa dei medici, che comprarono i rispettivi pacchetti nel settembre 2023 per sostenere la lista di minoranza presentata da Delfin. Il totale raggiunge circa il 35% ma per andare oltre e arrivare almeno al 51%, l’offerta di Lovaglio deve convincere i fondi e i piccoli azionisti a scambiare le proprie azioni Mediobanca con azioni Mps. Cosa che al momento nessuno sembra intenzionato a fare se si osservano i prezzi di mercato dei due titoli. Lo “sconto” espresso dalla Borsa, a ieri, è infatti pari al 14,8%, essendo il titolo Mps sceso del 10% dall’annuncio dell’offerta mentre quello Mediobanca ha guadagnato il 9% circa. Se si aggiusta questo importo con i dividendi che Piazzetta Cuccia e Rocca Salimbeni staccheranno a maggio, la differenza da colmare è pari a circa 2 miliardi.
Un eventuale premio che Mps voglia offrire per allettare gli azionisti Mediobanca ad aderire al concambio porterebbe l’esborso ancora più in alto, fino a circa 3 miliardi. Un livello obbiettivamente difficile da sostenere per il Monte che ha a disposizione circa 1,5 miliardi se non vuole mettere a rischio l’alto livello di patrimonializzazione faticosamente raggiunto.
Il Monte potrebbe acquistare azioni Mediobanca sul mercato, ma non a un prezzo superiore a quello offerto a tutti gli azionisti e quindi in questo momento, visto lo sconto, non può farlo. Oppure chiamare altri soci forti a condividere il piano industriale di Lovaglio. Ma finché in Borsa permane lo sconto di mercato difficile trovare soggetti disposti a consegnare le azioni Mediobanca perdendoci nel cambio. La strada del Monte al momento appare dunque in salita, ma è lunga visto che l’offerta non partirà prima di fine giugno. E assomiglia sempre più a uno scontro tra il mercato da una parte e grandi imprenditori che auspicano un cambio di governance per Mediobanca e la sua partecipata Generali dall’altra.