Ma perché Open to Meraviglia è, a suo modo, un vero capolavoro? Perché qui, al modico costo (pare) di 9 milioni di euro, si è trovato il modo di scimmiottare tutto, testo e immagini. Un doppio scivolone, un triplo salto mortale. Quanto al testo, non sto pensando al ben più serio Cacao meravigliao di Renzo Arbore, ma a un altro slogan di pochi anni fa, VeryBello, nato in malinconici corridoi ministeriali per battezzare non so che sito con un’etichetta tanto efficace da sparire dalla circolazione in poche settimane. L’idea è palesemente la stessa: cominciare uno slogan con una parolina inglese (mostrando così di essere à la page, globali, membri del jet set), per poi precipitare (sorpresa!) nell’italiano, dando prova di patriottismo. Ma l’altalena fra l’italiano e le altre lingue è uno sport pericolosissimo: è così che la città di Camerino, consegnata senza rimorsi a un traduttore automatico, diventa in tedesco Garderobe, per non dire del nome di Brindisi, che dopo tremila anni di storia onorata diventa inopinatamente Toast. Si rinnovano così i fasti di un governo Berlusconi, che al grido di guerra delle tre I (Inglese, Internet, Impresa) lanciò un sito dove si incontravano l’università Mouthfuls (Bocconi), la ministra Joy (Letizia) Moratti e simili voli pindarici.
Ma se Open to Meraviglia è scopiazzato da uno slogan quasi altrettanto goffo, non è da meno l’immagine che lo accompagna (la Venere di Botticelli, capelli al vento, in jeans o minigonna, che maneggia pizze, biciclette, telefonini). Ideona: peccato che sia copiata dall’enorme murale di Rip Cronk (2010), famosa immagine di Venice, California, sulla facciata a mare del “palazzo ducale” che imita alla lontana quello di Venezia. Venere è qui una disinvolta ragazza italo-californiana sui pattini a rotelle, la sorella maggiore della sciatta influencer ministeriale.
Non c’è niente di male a giocare con un’immagine tanto “iconica” come questa figura del Botticelli (nel 2015 una mostra sulla Botticelli Renaissance alla Gemäldegalerie di Berlino mise in fila altri esempi simili). Ma quel che colpisce in un’operazione come Open to Meraviglia è l’intenzione, pretenziosa, di attirare turisti in Italia presentando un’immagine del nostro Paese very Bella: belle ragazze, Colossei, pizza, vino (magari sloveno, si è poi scoperto). Tutti contenti, tutti felici in questo paradiso del consumismo; anche Botticelli, assoldato da ministri e loro accoliti. Ma l’Italia non è questa. Se proprio vogliamo manipolare la Venere, facciamolo come i ragazzi dell’Istituto Tecnico Cannizzaro di Colleferro (Roma), che nel 2016 dipinsero sul muro di una fabbrica in rovina la loro (anzi: la nostra) Venere a Lampedusa. Profuga su un barcone, indossa un salvagente e guarda triste le onde del mare che hanno inghiottito i suoi compagni di viaggio.
Mentre da tutto il pianeta un coro di risate saluta l’operazione Open to Meraviglia, dev’esserci chiaro che questa campagna è rivolta agli italiani prima che agli stranieri. Vuole convincerci che siamo belli, fortunati e felici, e che sciami di turisti correranno ad applaudirci.
Ci suggerisce il contrario: trasmette un’idea di incompetenza, goffaggine, ignoranza. Meglio, molto meglio la tragica Venere di Colleferro. Non dice le bugie, anzi mostra consapevolezza, mostra dignità.