Nel documento di accompagnamento c’è la ricostruzione dei fatti a partire dal 7 ottobre, data degli attacchi di Hamas: “Il 9 ottobre, le autorità israeliane hanno annunciato l’assedio totale di Gaza, bloccando l’ingresso di cibo, carburante e assistenza umanitaria e interrompendo la fornitura di acqua ed elettricità, nel mezzo di una massiccia campagna di bombardamenti“. E poi, “il 13 ottobre, l’esercito israeliano ha ordinato l’evacuazione della parte nord e centrale della Striscia e di Gaza City, verso sud – un ordine che può essere considerato alla stregua di un trasferimento forzato della popolazione civile e che costituisce una violazione del diritto internazionale umanitario”.
Nell’appello sono contenuti i dati (aggiornati al 24 ottobre): dal 7 ottobre sarebbero state uccise almeno 1.402 persone in Israele e 5.791 (di cui 2.360 minori) nella Striscia di Gaza, mentre i feriti ammonterebbero a circa 5.445 in Israele e a 16.297 nella Striscia di Gaza. Inoltre – anche se meno noto nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est – sarebbero stati uccisi almeno 95 palestinesi e 1.738 persone sarebbero state ferite da forze israeliane e coloni. Molte di queste vittime sono – ancora una volta – civili. A questi numeri vanno aggiunti i 23 giornalisti. Nelle riflessioni dei promotori dell’iniziativa, accanto alla condanna di Hamas, si evidenzia come il diritto di Israele alla difesa non sia un diritto alla vendetta. Mentre si parla – senza mezzi termini – dei crimini di guerra di Israele.
“Noi chiediamo il rispetto del diritto internazionale e lo sblocco degli aiuti umanitari”, spiega Silvia Stilli, portavoce dell’Associazione organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (AOI). Un concetto che declina con forza Riccardo Noury di Amnesty International: “Serve il cessate il fuoco ora – dice, mentre quasi non prende in considerazione i distinguo che parlano di tregua umanitaria – È un tema di diritti. Senza cessate il fuoco non c’è neanche la possibilità che gli ospedali funzionino, con il fatto che non arrivano i carburanti”. E poi parla senza mezzi termini di una “narrazione schiacciata” su “doppi standard”, di “un sostegno quasi acritico a Israele”, di “una modalità selettiva di esprimere solidarietà alle vittime”. Che costituisce un salto di qualità rispetto a quanto accaduto con l’aggressione russa dell’Ucraina: “Lì è stata immediata la condanna dei crimini di guerra della Russia, quella dei crimini di guerra di Israele deve ancora arrivare netta e inequivocabile”. Mentre il fatto che si confonda Hamas con il popolo palestinese è “un errore non innocente”.
Anche il presidente delle Acli, Emiliano Manfredonia, ci va dritto: “Ci saremo anche noi, per stare dalla parte delle vittime e non di Israele o Palestina. Vorrei dire anche che se Israele è una democrazia deve dimostrare di più”. Per lui, il 7 ottobre è stata una cesura: “Gli attacchi di Hamas sono stati più antisemiti, che anti-Israele”. Denuncia: “Non puoi tenere in scacco un Paese intero senza acqua, né luce. Rispetto la necessità di difendersi, che però non è vendicarsi”. Poi equipara quello che accade nel resto del mondo: “Chiudere le frontiere, alzare i muri è sbagliato. Senza contatto con il dolore degli altri, la pace è impossibile”.
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Non a caso Francesco Vignarca (rete Pace e disarmo) continua a organizzare dialoghi anche virtuali tra esponenti della società civile palestinese e ucraina. Lui ci tiene a ricordare che in fondo si è riattivata la rete Europe for Peace, che è la stessa che ha organizzato le mobilitazioni per la pace in Ucraina. “La risposta violenta ha dato prova di non essere efficace”, chiosa. Mentre Federico De Sanctis (Anpi) ribadisce il fatto che si sono risvegliati i peggiori fantasmi, israeliani e palestinesi. “Condanniamo i massacri e la risposta di Israele, che non è riconducibile al concetto di difesa, ma è una punizione collettiva”.
Domani ci saranno in giro per l’Italia una serie di manifestazioni pro-Palestina. Ed è Erasmo Palazzotto (oggi direzione Pd), che sarà alla fiaccolata di stasera, a mettere l’accento sul fatto che spera non ci siano parole d’ordine sbagliate, vista la “propaganda d’odio” da entrambe le parti. Il rischio esiste. Ieri, peraltro, il Campidoglio guidato da Roberto Gualtieri si è affrettato ad attivare l’ufficio decoro per togliere dalla facciata del Circolo Arci Sparwasser al Pigneto uno striscione che riportava la scritta “Fermiamo il massacro: Free Palestine”. Campidoglio che in serata precisa in una nota: “Le rimozioni da parte dell’ufficio decoro urbano del Comune di Roma di manifesti, striscioni e scritte relativi al conflitto in Medio Oriente avvengono su indicazione della Questura, anche a seguito delle decisioni prese in sede di Comitato per l’Ordine e la Sicurezza”.
La politica, intanto, oggi si divide. Alla Fiaccolata hanno aderito il Movimento 5 Stelle e Verdi Avs. Dunque, parteciperanno Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni (a Milano). Il Pd manderà una delegazione ufficiale. Dovrebbe esserci il responsabile Esteri, Peppe Provenzano. Mentre la segretaria difficilmente si farà vedere. Il cessate il fuoco tout court è per lei una piattaforma difficilmente condivisibile.