Data la sua importanza, è intuitivo che il marchio faccia da “booster” nell’attrarre interesse. La cattedra Unesco dell’università Unitelma Sapienza ha fatto un passo in più: una vasta ricerca internazionale per quantificarne (finalmente) l’impatto economico. I risultati preliminari verranno discussi al Festival dell’Economia di Trento, in un panel dedicato. Ed emergono alcune conclusioni di rilievo, su tutte che i beni tutelati orientano sensibilmente i flussi turistici, creando un contesto di stimolo all’impresa del settore e maggiore occupazione.
La lista dei patrimoni mondiali della World Heritage List (WHL) include beni archeologici, complessi monumentali, centri storici di grandi città o piccole realtà urbane, dimore storiche, paesaggi naturali. Su un totale di 1.199 siti riconosciuti, 59 sono italiani, contro i 57 cinesi e i 52 tedeschi e francesi. Per pesare l’effetto prodotto sono stati considerati una pluralità di dati connessi ai servizi turistici e ai servizi culturali e/o di imprese culturali e creative, esaminando la situazione, per i singoli siti campione, prima e dopo il riconoscimento nonché in relazione alla media nazionale dei medesimi dati aggregati con riferimento a siti culturali non dichiarati dall’Unesco patrimonio dell’umanità.
Il 2021 è il primo anno in cui il turismo e le imprese connesse hanno ripreso, quasi a pieno ritmo, a operare dopo la pandemia. A livello nazionale l’incremento di turisti nel 2021 rispetto al 2020 è stato del 41,24%. Nello stesso periodo nei siti Unesco è stato del 53,59%. Un trend positivo che trova successiva conferma nel 2022: mentre a livello nazionale l’incremento dei turisti, rispetto all’anno precedente, è stato del 50,65%, nei siti Unesco ha toccato quota 67,83%. Anche il numero di presenze mostra una maggiore ripresa nei territori dei siti patrimonio mondiale a seguito del calo dovuto all’emergenza sanitaria, con un +62,81% per il 2021 rispetto all’anno precedente, contro il dato del +38,73% del territorio italiano, e un +59,55% per il 2022 (il 42,48% del resto d’Italia per il medesimo periodo di riferimento).
«I primi dati mostrano come il riconoscimento Unesco abbia neutralizzato il Covid. Come se i viaggiatori, tornati liberi di muoversi dopo le chiusure, abbiano voluto prima di tutto visitare quei siti considerati unici al mondo», spiega il coordinatore dello studio Pier Luigi Petrillo, ordinario di Diritto comparato presso l’Unitelma Sapienza e professore di Cultural Heritage alla Luiss Guido Carli. «Anche grazie a corrispondenti in otto diversi Paesi e ad un gruppo di ricerca interdisciplinare che coinvolge economisti, giuristi, archeologi, storici e antropologi andremo a fondo del rapporto causa-effetto».
I siti patrimonio dell’umanità appaiono più attrattivi per le imprese culturali e creative e per quelle attive nel comparto dell’ospitalità. Le evidenze parziali documentano l’aumento del numero delle strutture ricettive, e dei relativi posti letto, nonché una maggiore capacità di ripresa, dopo il calo dovuto alla pandemia. Nel 2018 viene rilevato un incremento del numero di strutture pari al +16,26% rispetto all’anno precedente, contro il +5,48% del territorio nazionale per il medesimo periodo, e al +7,31% per il numero dei posti letto, contro il +1,5% dell’Italia; passando al 2022, il rialzo nel numero di strutture è pari al +6,47% rispetto all’anno precedente, contro il + 1,9% del territorio nazionale, e al +4,54% per il numero dei posti letto, rispetto al +1,56% dell’Italia. Il caso delle Colline del prosecco di Conegliano e Valdobbiadene mostra la vivacità del tessuto imprenditoriale dopo il riconoscimento Unesco, riuscendo a mitigare efficacemente gli esiti negativi della pandemia e mantenendo una tendenza positiva del numero degli addetti nelle imprese direttamente legate all’elemento delle Colline del prosecco. La ricerca evidenzia come dall’iscrizione del sito (2019) il numero delle aziende vitivinicole legate alla produzione del prosecco superiore (all’interno del perimetro del disciplinare Docg quasi del tutto coincidente con il sito Unesco) sia aumentato, passando dal 180 a 198 (dato 2020; +10% in un anno) fino a 209 nel 2022 (+16% in tre anni).
Più di recente l’Unesco ha anche istituito una Lista dei patrimoni culturali immateriali comprendente tradizioni, pratiche, saper fare, feste e rituali che definiscono l’identità culturale di una o più comunità. Sul totale l’Italia conta 19 elementi iscritti, ottavo posto a livello globale. Dei feedback consistenti sul versante occupazionale arrivano dall’Arte del «pizzaiuolo» napoletano, riconosciuta nel 2017. Il numero dei corsi amatoriali fino al 2023 sono aumentati del 65,3%, mentre quelli erogati all’estero fanno segnare +53,11%. Ugualmente sono cresciuti i corsi professionali, finalizzati a rilasciare l’attestazione di «pizzaiuolo» professionista.