I punti di intervento rapido si ispirano ai Cau emiliani, saranno aperti 12 ore e offriranno risposte alle patologie meno gravi Nella Asl Centro uno dovrebbe nascere nell’Empolese e poi c’è l’esperienza di Figline. Saranno coinvolti i medici di famiglia
diMichele Bocci
Per adesso si sa il nome: Pir. E cioè punti di intervento rapido. La Toscana inizia a lavorare sulla sua versione dei Cau, cioè i centri di assistenza e urgenza messi in piedi ormai da mesi dall’Emilia- Romagna. Era stato il presidente Eugenio Giani, subito dopo aver alzato l’Irpef per la prima volta in tanti anni per salvare il bilancio sanitario 2023, a ipotizzare di utilizzare l’esperienza della Regione guidata da Stefano Bonaccini. L’obiettivo è quello di offrire ai cittadini dei punti di intervento sanitario aperti 12 ore dove far vedere le patologie più banali, i problemi che in assenza di risposta sul territorio finiscono nei pronto soccorso, intasandoli con codici bianchi e verdi (ora si usano i numeri 4 e 5 per classificarli).
In Regione si sta discutendo su come procedere, partendo dal presupposto che saranno coinvolti soprattutto i medici di famiglia. Per ora alla Asl Centro si pensa a due Pir, uno dei quali nell’Empolese ( e poi c’è Figline, dove al Serristori ormai da tempo è stato avviato un servizio di emergenza per codici minori gestito dal pronto soccorso di Torregalli). La loro nascita si incastra anche con la riforma della guardia medica. Da molto tempo, ormai, è stata fatta una delibera che prevede di riorganizzare le guardie, cercando di recuperare alcuni medici dai punti che la notte lavorano meno (e mantenendo quelli nelle zone turistiche o comunque necessari).
Anche le guardie lavoreranno nei Pir. Diversamente dall’Emilia, l’idea è quella di utilizzare le Case di Comunità, strutture che sostituiranno le Case della Salute in base aquanto previsto dal Pnrr. I cittadini troveranno per 12 ore i medici, che potrebbero essere quelli di famiglia ma anche degli altri professionisti, convenzionati e non. Nelle strutture si verificheranno le condizioni di salute delle persone ed eventualmente si deciderà l’invio in ospedale. A vedere quello che sta succedendo in Emilia, comunque, solo una piccola parte dei casi finisce poi al pronto soccorso. Inoltre si pensa a coprire anche il turno di notte grazie alle guardie mediche, le cui postazioni in certi casi potrebbero essere spostate nelle Case di Comunità.
All’assessorato alla Salute, comunque, si sono presi ancora un po’ di tempo per definire tutti i contorni del progetto voluto da Eugenio Giani. Quel che è certo è che non si tratterà di una nuova organizzazione che permetterà di risparmiare ( la vera parola d’ordine della sanità di questi tempi) ma di migliorare i servizi ai cittadini, riducendo pure la pressione sui pronto soccorso.
A proposito dei medici di famiglia, in assessorato è stato chiuso il progetto per incentivare i professionisti disponibili a lavorare nelle cosiddette aree disagiate. C’è quasi un milione di euro a disposizione di chi è disposto ad aprire, o mantenere, lo studio nelle zone di confine, magari sull’Appennino, cioè quelle che normalmente non vengono scelte. Ai dottori verranno dati benefit come ad esempio l’affitto dell’ambulatorio, il costo dei viaggi e altri servizi.
Discorso diverso riguarda le carenze. In Toscana ci sono 89 medici di famiglia in meno rispetto al previsto ma, come ha spiegato di recente l’assessore alla Salute Simone Bezzini rispondendo a un’interrogazione, non ci sono pazienti senza assistenza. Vengono infatti usati incarichi provvisori o alzato il massimale da 1.500 a 1.800 pazienti ad alcuni degli altri medici in servizio. Quest’anno i numeri sono quindi contenuti, anche grazie al reclutamento di molti dei laureati che fanno il tirocinio per diventare medico di famiglia.