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Sul Corriere Fiorentino di sabato è riportata la notizia che nella bozza di manovra finanziaria sia previsto un taglio di 600 milioni per le finanza di regioni e comuni. L’idea sarebbe quella di assimilare (non si sa perché) i tagli agli enti ai tagli ai ministeri, anche questi disposti in finanziaria. Secondo l’Irpet, questo intervento potrebbe comportare un taglio di circa 15 milioni per i comuni toscani. Il provvedimento prevede poi la possibilità per gli enti locali in dissesto di aumentare l’addizionale all’Irpef dello 0,4%, più altri aumenti su tributi minori. Si amplia dunque l’autonomia tributaria ai comuni inefficienti così che, con le maggiori entrate, possano continuare a spendere molto e male, mentre agli altri comuni si tolgono risorse obbligandoli a risparmiare sulla spesa, una sorta di «spending review» dall’alto. Non è dato sapere come funzioneranno i tagli, forse attingendo al Fondo di Solidarietà Comunale, destinato alla perequazione fra fabbisogni e capacità fiscale. In questo modo si andrebbe a «pasticciare», con un provvedimento estemporaneo, un meccanismo strutturale, già attivo da qualche anno e in via di consolidamento. In effetti, con questo episodio dei tagli, si sta toccato il punto più basso delle relazioni finanziarie tra stato ed enti, facendo seguito a una Delega Fiscale che sul federalismo fiscale, all’art.14, ha tenuto un profilo a dir poco reticente. All’elencazione pedissequa di principi, già conclamati da tempo, ma sempre disattesi, non fa seguito nessun intervento concreto.
Il direttore dell’Anci all’Assemblea annuale dell’Associazione ha espresso il dissenso sul provvedimento adombrato e ha indicato invece sei interventi che sarebbero indispensabili per ridare fiato alle finanze comunali in una fase molto complicata e con una recessione alle porte.
Spero sia concorde ad aggiungere un settimo intervento: la riformulazione di un sistema di autentica autonomia decisionale e fiscale per i comuni, in applicazione della L.D. 42/2009, cosa peraltro richiesta tra le riforme (milestones) per accedere ai fondi Pnrr. Sarebbero stati quindi necessari elementi di delega ben più specifici e innovativi per affrontare le grandi questioni strutturali che affliggono la fiscalità comunale. In primo luogo, la mancata riforma del catasto immobiliare, che compromette l’equità del prelievo. Della distorsione pareva consapevole anche il governo quando aveva timidamente messo in cantiere, e poi subito tolta, la revisione catastale per gli immobili che hanno goduto del contributo 110%. Bisogna poi porre le condizioni per un ampliamento della base imponibile dell’Imu che, già ridimensionata per l’esenzione dell’abitazione principale, è stata falcidiata dalle numerose agevolazioni nella fase pandemica e post.
Infine, occorre ricostruire adeguati margini di manovrabilità autonoma verso l’alto delle aliquota dell’Imu, ormai esauriti per gran parte dei comuni. In conclusione non è il momento dei tagli è il momento delle riforme.