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19 Febbraio 2023Siena, la città per un nuovo umanesimo
di Pierluigi Piccini
Affrontare una campagna elettorale è sempre qualcosa di interessante quanto defatigante. Soprattutto quando bisogna tentare di avere un disegno complessivo che rappresenti il presente coniugato al desiderio di un futuro strategico. Viceversa le analisi e le proposte sono spesso di parte frutto di chi si avvicina ai problemi con la propria sensibilità o presunta conoscenza. Può anche accadere che chi si cimenta nella redazione di un programma elettorale si avvalga dei così detti esperti che possono avere caratteristiche diverse: accademici, operatori vari, semplici conoscitori delle differenti materie. Così facendo si costruiscono i programmi destinati ad avere una funzione giusto il tempo necessario per chiedere i voti agli elettori. Elettori che nella stragrande maggioranza dei casi li utilizzano come alibi per scegliere o non scegliere da che parte stare; quei pochi che li leggono. I partiti non usano quasi mai i programmi raccontati ai votanti, annullati come sono nella pratica amministrativa fin dai primi giorni. Ci sono poi i candidati come Montomoli che considera la città un gioco come se fosse un monopoli. “Giocavo per vincere anche da solo figuriamoci adesso che ho degli appoggi”. Gli appoggi sarebbero il campanello dei ministri romani che lui potrebbe suonare a discrezione. La città non è un gioco, ma una realtà seria tremendamente seria, forse troppo per chi ha avuto la vita facile fatta di supporti. Ancora più seria se pensiamo alla situazione nella quale ci troviamo, dove le città e Siena con esse, diventano il punto di sintesi delle contraddizioni della società contemporanea. Dove regna l’incertezza del presente e ancora di più del futuro e dove “siamo… invitati a una presa di coscienza permanente della comunità di destino del genere umano che è, al tempo stesso, una comunità in pericolo”. Ma pericolo per chi se non proprio per i suoi abitanti, per le persone, per la persona. Ma la città, la nostra città, può anche essere il luogo dove si costruisce una nuova soggettività, una inedita identità collettiva. Un innovativo metodo che combini i profili sociali, politici, scientifici e tecnici. Allora i singoli episodi di un futuro programma acquistano un sapore diverso quando si dovessero affrontare questioni come la socialità o la produzione, il progresso tecnico-economico o quello, ad esempio, legato all’occupazione o all’istruzione, all’integrazione o alla salute. “Una politica di civiltà (che) mira a riportare umanità e convivialità nelle nostre esistenze…Questa politica di civiltà umanizzerà le amministrazioni e le tecniche, difenderà e svilupperà convivialità e solidarietà. Sarà una politica di riconoscimento della piena umanità dell’altro. Una politica pienamente umanistica”. La città è il luogo dove si può tentare di impostare un nuovo umanesimo se solo se ne comprendesse l’importanza, se si riuscisse a farla condividere collettivamente. Tutto il resto diventerebbe rumore di sottofondo, come l’agitarsi rituale di personaggi politici sempre più stanchi che hanno come unico obiettivo una gestione del potere non finalizzato che quando va bene è per il partito a cui appartengono. Qualcuno potrebbe osservare che stiamo filosofeggiando senza considerare che molto nel senso sopra descritto si sta muovendo basterebbe saperlo riconoscere e metterlo in connessione. Credo che Siena abbia tutte le carte in regola per poterci provare senza suonare il campanello del potente amico di turno, come piace tanto al neo liberista Montomoli supportato da un gruppo di populisti.