Riconoscere la sofferenza
7 Ottobre 2024Nel fango con Orbán
7 Ottobre 2024
di Guido Olimpio
Quali sono gli obiettivi di Israele? Dai siti atomici a quelli dedicati alla produzione e all’esportazione del greggio,
ecco le opzioni minime e massime a disposizione dell’Idf
Quella tra Israele e Iran è una «strana» guerra dove gli attacchi sono annunciati o quasi. Escono indiscrezioni sui target, appaiono su Internet foto satellitari disponibili per tutti, sono descritte le ipotetiche contromosse e «rivelate» le consultazioni strette con il Pentagono. C’è una dose di propaganda, un’altra di cortina fumogena per mascherare le proprie intenzioni e gli scenari concreti.
Tel Aviv ha dichiarato di essere pronto a rispondere allo strike missilistico di Teheran mentre i pasdaran hanno avvertito che replicheranno di nuovo. Rullano i tamburi, molte le parole, diverse le opzioni per l’Idf. La supremazia non mette, però, al riparo da sorprese e imprevisti.
Siti petroliferiDopo un raid degli Houthi yemeniti sulla zona centrale con un vettore balistico, gli israeliani hanno preso di mira il porto di Hodeida in Mar Rosso e gli impianti petroliferi. Pesanti i danni. Secondo molti osservatori lo Stato ebraico ha considerato lo stesso schema nei confronti delle infrastrutture iraniane. In cima alla lista il terminale sull’isola di Kharg, ad una ventina di chilometri dalla costa, punto di partenza di buona parte della produzione di greggio (tre milioni di barili al giorno). Subito dopo c’è la raffineria di Abadan, vicino al confine iracheno, a seguire network logistici. Un’azione in questo settore metterebbe in difficoltà sul piano economico (e sociale) la Repubblica islamica, severe le conseguenze anche per la Cina che è uno dei principali importatori. Tuttavia, ci sono state pressioni di Washington e probabilmente di altre diplomazie sul premier Netanyahu affinché «risparmi» le installazioni in quanto vi sarebbero ripercussioni sul prezzo del petrolio. Interessante che da giorni le grandi petroliere iraniane che erano vicine alla «stazione» si sarebbero allontanate.
La variante più temuta è quella dei siti nucleari. Gli israeliani dedicano la «punizione» al programma nucleare, lo strike non è solo una rappresaglia ma diventa un tentativo — ulteriore — di ostacolare i progetti. Questo è un obiettivo di lungo termine, inseguito ben prima dell’attuale crisi e attuato con sabotaggi, eliminazione di scienziati, intrusioni cyber. Ci sono però alcuni ostacoli. Il primo è tecnico. I laboratori sono dispersi sull’intero territorio e quelli più significativi (Natanz e Fordow) sviluppati nel sottosuolo o in un bunker protetti in gallerie scavate nelle montagne. L’Idf ha ordigni studiati per perforare lo scudo — i bunker buster —, li ha impiegati a Beirut nell’eliminazione dei capi Hezbollah, però possono non essere sufficienti. Un rapporto redatto da specialisti ha ricordato che solo gli americani dispongono di una super bomba, la Gbu 57 A/B in grado di scardinare i «gusci» di cemento e roccia. L’alternativa, allora, può essere quella di danneggiare gli ingressi o qualsiasi struttura in appoggio. Sono ancora gli osservatori a mettere in guardia sulle controindicazioni: non sappiamo se vi possono essere effetti; Teheran può decidere di accelerare con i suoi piani verso la Bomba chiedendo aiuto alla Russia in nome di un’alleanza in campo tecnologico ormai consolidata e rilanciata di recente.
Siti militariTel Aviv sceglie una risposta simmetrica su: basi, centri di ricerca bellica, caserme, batterie missilistiche e radar, fabbriche per la produzione di missili, porti, installazioni come quella di Chahabar utilizzata come punto di partenza per droni, navi dei pasdaran (compresa la Behshad, finto cargo schierato per mesi al largo dello Yemen in appoggio agli Houthi e ora in acque più vicine). Non sono escluse intrusioni cibernetiche che paralizzino attività quotidiane (è già avvenuto) o creino problemi all’industria. E resta concreta la minaccia di omicidi mirati di figure rappresentative, anche se il regime è consapevole del rischio e ha adottato misure di protezione che hanno incluso la guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei.
A Teheran non hanno dimenticato la fine di Ismail Haniyeh, alto l’esponente di Hamas assassinato durante una missione nella capitale e sotto la sorveglianza dei guardiani della rivoluzione. E neppure l’agguato al padre del programma atomico Fakrizadeh crivellato dai proiettili di una mitragliatrice controllata in remoto da uomini al servizio del Mossad.