Cosa ne pensa degli hotspot in Albania per i migranti intercettati in mare da navi italiane?

«L’Europa sta facendo ogni sforzo possibile per respingere queste persone, è inumano. Quel tipo di centri, in un Paese esterno all’Ue, sono il passo ulteriore per escludere disperati che cercano solamente di sopravvivere. È una scorciatoia, un modo per dimostrare che il governo italiano gestisce i flussi migratori, ma è un trucco. L’Europa ha una grande colpa: aver lasciato sole Italia, Grecia e Spagna, dove avvengono la maggior parte degli sbarchi».

Le statistiche dicono che per ragioni demografiche e di occupazione i migranti sono fondamentali. Perché attecchiesce la narrativa populista dei respingimenti?

«I politici, tutti, sanno benissimo che in Europa abbiamo bisogno dei migranti. Ma hanno paura di perdere consensi».

Cosa dovrebbe fare l’Ue?

«Mettere a punto regole precise per permettere a queste persone disperate di essere ricollocate in altri Stati. I giovani che arrivano sono una promessa per il futuro del nostro vecchio Continente. L’integrazione è la più grande arma per combattere il razzismo. Respingendo i migranti facciamo il gioco dell’estrema destra».

Tra poco voteremo alle Europee, quasi tutti i sondaggi danno la destra radicale in crescita. È preoccupato?

«Trovo pericolosa la crescita dell’estrema destra. Sono partiti contrari ai principi stessi che l’Europa rappresenta. Penso soprattutto a Francia e Germania: nel caso dell’Afd, poi, si tratta di una formazione chiaramente anti-democratica. Meloni è un discorso diverso».

Perché?

«Ha due facce: a Bruxelles e Strasburgo si comporta come una premier rassicurante, che aderisce ai valori europei. In Italia veste i panni della leader di estrema destra, con un passato che affonda le radici nel fascismo. Quanto è sincera in Europa e quanto cela la sua seconda faccia? Non lo so».

Qualcuno ha indicato il premier greco Mitsotakis come possibile presidente della prossima Commissione europea. Sarebbe l’uomo giusto?

«Lui ha detto che vuole guidare la Grecia fino al 2027. Il problema dell’Ue non è la Commissione, ma il sistema: il voto all’unanimità in molti temi cruciali rende tutto complicato. Basta vedere come Orban tiene scacco tutti con i suoi “no”».

È favorevole a un’Europa federale?

«Senza dubbio le cose funzionerebbero molto meglio. Questo non significa che riuscirebbe a risolvere un problema complesso come quello dei migranti».

Alle Europee del 2019 in Grecia l’affluenza fu del 58%, in Italia meno del 55%. Come lo spiega? Le persone sentono l’Europa come un’entità distante?

«Uno dei problemi è che in molti Paesi, specie in Grecia, pensano erroneamente che il voto in Europa non cambierà le loro vite. In realtà Bruxelles ci ha salvati, basta guardare le misure eccezionali adottate durante la pandemia. Ma le persone dimenticano troppo in fretta il passato, anche recente. E molti pensano che l’astensionismo sia un segnale da inviare al partito al governo».

Come reagisce alle immagini che arrivano da Gaza?

«Ogni giorno nella Striscia assistiamo a un massacro inaccettabile. L’attacco di Hamas contro israeliani innocenti è un crimine di guerra. Ma lo è anche quello che sta facendo l’esercito di Israele contro palestinesi innocenti. Non si può rispondere a un crimine di guerra commettendone un altro».

Crede che la soluzione dei due Stati sia quella giusta?

«Avrebbe dovuto essere adottata fin dall’inizio, ora è inapplicabile, non solo a causa di Israele ma anche di altri Paesi del Medio Oriente».

È pessimista anche per la guerra in Ucraina?

«Non ho mai avuto simpatia per Kissinger a causa dei suoi rapporti con la dittatura dei colonnelli. Però disse una cosa giusta: controversie come quelle tra Russia e Ucraina si possono risolvere solo con tavoli negoziali. Ora però è troppo tardi. Ed è evidente che fornire armi occidentali a Kiev non risolve nulla».

Nel 2025 il suo commissario Kostas Charitos compie 30 anni. Come li festeggerà?

«A luglio uscirà il mio nuovo libro, “La violenza del fallimento”. E sto già scrivendo il nuovo romanzo: spero di finirlo per l’inizio del 2025. Non ho ancora il titolo, la storia si basa su un triangolo che comprende la Grecia antica, l’intelligenza artificiale e il turismo».

Cinque anni fa ci lasciò Andrea Camilleri, suo grande amico. Cose la manca di più?

«Ho letto tutti i suoi libri e mi mancano quelli che non ha avuto il tempo di scrivere. Ma rimpiango soprattutto le nostre discussioni di politica e il suo incredibile senso dell’umorismo. Ricordo un episodio risalente al 2018, quando i 5 Stelle stavano formando il governo con la Lega. Gli chiesi cosa ci si doveva aspettare dal partito di Grillo. Lui mi rispose con due sole parole: “Rimpiango Berlusconi”».

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