Dopo l’emendamento sui poteri della Corte dei Conti, allarme della Commissione: “Monitoreremo” La replica di Palazzo Chigi: “Basta polemiche strumentali, la norma non modifica gli accordi”
ROMA — La necessità di non sfuggire a verifiche rigorose sul Pnrr accende lo scontro più duro fra l’Europa e il governo Meloni. Da Bruxelles arriva un monito a garantire un «adeguato controllo» alle modalità di attuazione del piano da oltre duecento miliardi di euro. La presidenza del Consiglio replica con una lunga nota in cui si additano «le polemiche strumentali» che giungono dall’esecutivo Ue. Il sottotesto è chiaro: Palazzo Chigi è coinvinto di essere sotto attacco politico. Quando sta per cominciare un lungo anno pre-elettorale che porterà, a giugno prossimo, al rinnovo del Parlamento di Strasburgo.
Succede tutto nel giorno in cuiin Italia si celebra la festa della Repubblica, fra parate e richiami al valore della Costituzione (ben scandito dalle parole di Mattarella) e della patria (evocata dalla prima ministra). Sul passato lessici diversi. Il futuro, al di là delle distanze, dipende anche dall’utilizzo del Pnrr. E dalle procedure di spesa: sul tavolo due norme volute dal governo e approvate in commissione alla Camera. La prossima settimana, in Aula, potrebbe essere posta la fiducia. La prima elimina il controllo concomitante della Corte dei conti, che aveva mosso dei rilievi sul piano, facendolo diventare successivo. La seconda proroga lo scudo alla responsabilità erariale,ovvero estende la durata del limite delle contestazioni della Corte ai soli casi di dolo e inerzia, con un colpo di spugna sulla colpa grave. Una disposizione, specie quest’ultima, che ieri l’associazione dei magistrati contabili è tornata duramente ad attaccare: «Non ha fondamento giuridico».
Da Bruxelles, in mattinata, arriva l’alert del portavoce della commissione Veerle Nuyts: il governo dell’Unione «non commenta i progetti di legge», è la premessa. Ma «il Recovery necessita di un quadro di controlli che siano adatti e proporzionati alla sua natura unica e in modo che i programmi di spesa si basino sull’efficienza». La commissione rimarca che «i sistemi di controllo nazionali rappresentano gli strumenti principali di protezione dell’interesse finanziario dell’Ue» ed è responsabilità degli Stati membri «osservare e verificare il rispetto del diritto dell’Unione e nazionale. Ciò comprende la ricerca, verifica e correzione efficace di conflitti d’interesse, corruzionee frodi come il doppio finanziamento». La presa di posizione fa salire la tensione sull’asse fra Meloni, che è a Roma, e il ministro Raffaele Fitto, volato a New York. L’incredulità diventa irritazione. Fitto, mercoledì, aveva dovuto violare la riservatezza che si è imposto dall’inizio del mandato per indire una conferenza stampa e spiegare che il governo sta agendo nella piena legittimità. Un confronto sul da farsi produce la decisione di diramare una lunga nota, otto punti, in serata. Il concetto che viene espresso è il seguente: l’esecutivo Meloni sta soltando attuando norme approvate dai predecessori. Il controllo successivo sul Pnrr, viene spiegato, è stato istituito da un decreto legge approvato nel maggio del 2021 da Draghi: un atto che, scrive Palazzo Chigi, «rappresentava una specifica milestone del Pnrr ed è stato rendicontato positivamente dalla commissione europea». Per quanto riguarda lo scudo erariale — ancora la tesi del governo —si sta soltanto rinnovando una proroga già adottata da Conte e dallo stesso Draghi. Viene ricordato che è stato aperto un tavolo di confronto con la Corte dei Conti al termine di un «lungo, cordiale e proficuo » incontro. Ma sono i modi e i tempi dell’intervento della commissione a destare sospetto: di lì la scelta di mettere per iscritto che le dichiarazioni giunte da Bruxelles «alimentano polemiche politiche strumentali che non corrispondono alla realtà». Meloni si fa scudo dei pareri positivi sul suo operato espressi da costituzionalisti come Cassese, Mirabelli e Coraggio. Ma è convinta che i rilievi non siano esenti da pregiudizio di natura, appunto, politica. Nessuno lo dice ufficialmente ma la sensazione, a Roma, è che sul Pnrr in ambienti dell’Ue si tenti di giocare una partita elettorale, a danno di un governo che sponsorizza l’alleanza fra Conservatori e Ppe. Come spiegano fonti dell’esecutivo: «Siamo davanti a un tackle scomposto della commissione e all’improvvisa alzata di scudi dei magistrati contabili che sulle proroghe dello scudo erariale negli anni scorsi erano stati quantomeno timidi». Palazzo Chigi avverte un clima da assedio. Mentre sulla terza rata del Pnrr non c’è ancora luce verde e la trattativa sulle modifiche del piano — con il travaso di risorse sul RepowerEu — è in salita.