MILANO — Al primo giorno del processo d’appello contro Alessandro Profumo e Fabrizio Viola sui derivati Mps il procuratore generale smonta le difese, e chiede di confermare la condanna a sei anni per i manager che guidarono la banca senese 10 anni fa, dopo l’emersione degli strumenti sottoscritti dai predecessori per nascondere le perdite nei conti legate all’acquisizione di Banca Antonveneta.
Le difese, con una memoria di febbraio, hanno provato a sfruttare l’assoluzione ottenuta in appello, nel 2021, da Giuseppe Mussari e Antonio Vigni – la prima gestione critica di Mps – per le accuse di aver contabilizzato i derivati Alexandria e Santorini come titoli di Stato. Ma il pg Massimo Gaballo ha definito quella sentenza «grottesca e sconcertante», e «una negazione terrapiattista» del principio contabile che fa prevalere la sostanza (di quei derivati) sulla forma (dei titoli di Stato sottostanti). Gaballo ha tacciato le tesi di Profumo e Viola (presente in aula) «di imbarazzante inconsistenza». Nel 2012 i due, rispettivamente presidente e ad del Monte, avevano corretto contabilmente quei contratti, postandoli come derivati fatti dalla precedente gestione, di cui si dicevano all’oscuro. Ma ora, contesta Gaballo, la nuova linea difensiva ispirata all’assoluzione di Vigni e Mussari sconfessa quella correzione, che all’epoca fu «accettata senza riserve dai consulenti della Procura, dai consulenti legali, contabili e finanziari di Mps, e da Consob, Banca d’Italia e Bafin». Il magistrato ha molto criticato anche le autorità di controllo, per la loro «colpevole connivenza» e «l’aver fatto finta di non sapere». Per il pg, inoltre, i due manager sapevano benissimo che le operazioni erano derivati, perché «nei contratti la parola derivati compariva 447 volte», come segnalato da Bankitalia, Bce e dalla Bafin tedesca.
La prossima udienza è settimana prossima, per chiudere con le particivili, che ieri hanno chiesto la carcerazione preventiva per Profumo e Viola. Il giudice poi ha fissato altre tre udienze, così che la nuova sentenza potrebbe arrivare entro l’estate, al riparo dalla prescrizione.
Intanto dal bilancio Mps 2022 è emerso che sei società del gruppo Caltagirone hanno fatto causa alla banca chiedendo 741 milioni di danni, per le perdite subite dagli investimenti in azioni tra il 2006 e il 2011, quando l’imprenditore romano puntò 856 milioni su Mps, somma che gli consentì di entrare in cda fino e esserne vice presidente. Già nell’agosto 2021 era emersa una richiesta danni stragiudiziale dell’imprenditore romano a Mps, per 500 milioni. Il quasi 5% di Caltagirone fu liquidato tra fine 2011 e i primi mesi del 2012: e lui nel gennaio 2012 si dimise dal cda. La richiesta danni è stata motivata con le informazioni scorrette che Mps avrebbe dato al mercato «fin dal 2006», con una «rappresentazione non veritiera» dei conti che condizionò le strategie d’investimento di Caltagirone. La sua richiesta danni comunque è già inclusa nei 5,8 miliardi di rischi legali pendenti su Mps, di cui 4,1 miliardi legati proprio alla correttezza delle informazioni finanziarie.