Alla fine è diventata una «riunione informale» sulla sicurezza in Europa e la guerra in Ucraina, ma la chiamata a raccolta del francese Emanuel Macron ha tutta l’aria di un summit di emergenza per rimettere l’Unione europea al centro della scena internazionale, dopo le ultime mosse del presidente americano Donald Trump.

La scelta americana di muoversi sul fronte della pace in Ucraina con contatti verso il Cremlino e senza coordinarsi né con gli alleati europei né con lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky, infatti, ha alterato non poco lo scenario sul fronte est-europeo.

Per questo lunedì 17 a Parigi si aprirà un vertice promosso dalla Francia e intorno al tavolo si riuniranno i capi di governo di tutti i principali paesi dell’area: Germania, Gran Bretagna, Italia, Polonia, Spagna, Paesi Bassi e Danimarca. Ci saranno anche la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e il segretario della Nato, Mark Rutte, segno che la riunione sarà quantomai centrale per concordare una linea forte e soprattutto univoca da tenere nei confronti dell’interventismo degli Stati Uniti.

Seduta tra i “grandi” ci sarà anche Meloni, che tuttavia ha ottime ragioni per sentirsi osservata speciale. Al summit nessuno dimentica che la premier è stata l’unica a volare a Mar-a-Lago per incontrare Trump e anche la sua grande apertura nei confronti del tycoon, anche scavalcando diplomaticamente l’Unione europea. Scelta politica lecita anche se pericolosa e potenzialmente controproducente, come ha dimostrato il fatto che il presidente americano non si sia fatto scrupoli di annunciare dazi che penalizzeranno in particolare l’export italiano.

Gli equilibrismi

La sedia della premier italiana, dunque, sarà decisamente scomoda e Meloni avrà pochi amici verso cui voltarsi. Sono noti i suoi rapporti non amichevoli con l’ospite francese Macron, ma anche con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e lo spagnolo Pedro Sanchez il clima non è cordiale. Le questioni interne andranno messe da parte, almeno per necessità, tuttavia l’interrogativo che verrà posto all’Italia sarà anzitutto da che parte sta.

Se sia ancora abbagliata dalle sirene americane, oppure se intenda fare fronte comune con gli altri paesi europei nell’individuare una strategia che permetta di ritrovare centralità prima di tutto su due conflitti – quello in Medio Oriente e soprattutto quello in Ucraina – che si stanno combattendo alle porte dell’Europa e che su di essa in ogni caso impatteranno. Il mantra tra i leader europei è quello di «riprendere l’iniziativa» e ottenere dagli Stati Uniti di partecipare al tavolo delle trattative sul futuro ucraino dopo che l’inviato speciale Usa per il Medio Oriente Steve Witkoff aveva escluso che l’Ue partecipasse ai vertici.

Meloni fino ad ora si è mossa in modo prudente, non rinunciando a tentare di esercitare un ruolo di cerniera tra la nuova amministrazione americana e i vertici europei, visto anche il ruolo che lei stessa ha sempre rivendicato per l’Italia nella Commissione von der Leyen. Per ora, tuttavia, il primo a non averle voluto riconoscere questo ruolo sembra essere stato Trump che – alla prova dei fatti – ha escluso l’Ue dalle partite strategiche sulle sicurezza mondiale e ha annunciato politiche economiche molto aggressive e penalizzanti per i mercati europei.

Di qui la necessità ora per la premier italiana di sciogliere le riserve e chiarire se il suo allineamento sarà con l’Unione europea di Ursula von der Leyen o se preferirà continuare a mantenere una posizione più defilata – per non dire euroscettica – sulla linea di Viktor Orban, scegliendo di valorizzare il suo rapporto autonomo con l’amministrazione americana.

Rispetto al passato, i tentennamenti della premier italiana si sono visti soprattutto sulla questione ucraina: nel corso dei quasi tre anni di guerra, Meloni è stata sempre in prima fila a rivendicare vicinanza a Zelensky, sostenendo il diritto dell’Ucraina di negoziare una pace giusta alle proprie condizioni. Da quando il presidente americano ha invece aperto al dialogo Usa con la Russia, di fatto riabilitando Vladimir Putin, e si è spinto a dire che «l’Ucraina potrebbe un giorno diventare russa» anche il sostegno italiano alla causa ucraina si è quantomeno intiepidito.

Il vertice di Parigi

Quel che è certo è che il nuovo assetto globale vede gli Stati Uniti molto poco amichevoli nei confronti dell’Europa nel suo assetto attuale. L’Ue, dunque, è chiamata a ripensare – e in fretta – il suo assetto sia economico che militare e proprio ad aprire questa discussione servirà il summit di Parigi. Secondo fonti internazionali, infatti, sul tavolo dovrebbe esserci anche una riflessione sulla necessità di una forza europea di peacekeeping, quantomai necessaria se davvero in Ucraina sarà sancita una tregua. A maggior ragione se Trump porterà avanti la sua linea di disimpegno militare nell’area euro-asiatica. Secondo Reuters, infatti, gli Stati Uniti hanno chiesto agli stati europei di specificare quale ruolo intendono svolgere nelle future garanzie di sicurezza che Kiev esige per impedire a Putin di attaccare di nuovo. Dunque si dovrà ragionare di un possibile coinvolgimento delle forze europee sul campo e sulla disponibilità di ogni Paese a contribuire sul piano della difesa comune.

L’incontro di lunedì 17 alle 16 sarà solo l’inizio, ma l’obiettivo è chiaro: mettere in piedi una proposta comune e unitaria tra i principali paesi europei in vista di un futuro molto vicino in cui il ruolo degli Stati Uniti cambierà drasticamente. E Meloni dovrà sciogliere le riserve e chiarire da che parte starà l’Italia.

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