Costretto a posticipare come tanti l’orario di apertura per le celebrazioni del Giorno della Vittoria, il negozio d’abbigliamento moscovita “Monochrome” si era lamentato online con i clienti che «a nessuno importa degli affari altrui». Apriti cielo. È stato costretto a scusarsi dopo essere stato sommerso di critiche per la «mancanza di rispetto » per la festa nazionale. In occasione dell’80 anniversario della vittoria sovietica sul nazifascismo, tutti i moscoviti devono sopportare la loro quota di disagi, dal blocco d’Internet ai problemi col Gps. Persino il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha esortato tutti ad avere «pazienza » per le restrizioni imposte «per ragioni comprensibili». «Dobbiamo tenere conto del vicino pericoloso con cui abbiamo a che fare». Allusione a Kiev che nei giorni scorsi aveva intensificato gli attacchi con i droni, ma che ieri ha rispettato la tregua unilaterale di tre giorni decretata da Mosca per le cerimonie.
La sicurezza nella capitale è ai massimi livelli non soltanto per blindare l’annuale parata militare, ma anche per garantire l’incolumità dei leader e inviati di 29 Paesi stranieri presenti oggi, a partire da quello che lo stesso Vladimir Putin ha definito «il nostro ospite principale», il cinese Xi Jinping. «Caro amico», lo ha chiamato ieri il presidente russo accogliendolo nelle dorate sale del Cremlino prima del vertice durato sette ore. Xi non è stato da meno: Russia e Cina, ha detto, dovrebbero essere «amici d’acciaio che hanno superato cento prove del fuoco».
Col loro lungo faccia a faccia, ilprimo dall’insediamento di Donald Trump, Putin e Xi hanno voluto esibire ancora una volta la loro intesa di fronte a un Occidente «egemonico ». Il presidente cinese ha criticato la «tendenza» occidentale all’«unilateralismo » e alle «prepotenze egemoniche » in quello che è sembrato un chiaro riferimento alla guerra dei dazi lanciata da Trump. Più diplomatico Putin che ha tenuto a precisare che le due potenze «approfondiscono » la loro cooperazione, già «al suo livello più alto nella storia», «nell’interesse» dei loro popoli e «non contro nessuno».
Il tentativo del presidente statunitense di allontanare Mosca e Pechino, battezzato «piano di Nixon al contrario», sembra in ogni caso fallito. I due «partner senza limiti», ora «cari amici», anzi «amici di acciaio», hanno firmato «più di 20 documenti di cooperazione bilaterale» oltre a una lunga dichiarazione congiunta impegnandosi a cooperare in tutti i settori, compreso quello «militare», in particolare contro l’Iron Dome annunciato da Trump, e a «contrastare la strategia di Washington di “doppio contenimento” di Russia e Cina». Nessun progresso, sembrerebbe invece, sul progetto del gasdotto “Forza della Siberia 2” caro a Mosca.
Soldati cinesi marceranno oggi in Piazza Rossa insieme alle truppe russe e ai reparti di altri 12 Paesi. E in tribuna d’onore, accanto a Putin, oltre a Xi, siederanno i leader di Paesi centrasiatici, Cuba e Venezuela, il brasiliano Lula e l’egiziano Al Sisi, vari capi di Stato africani, nonché lo slovacco Fico, unico esponente dell’Unione europea, e il serbo Vucic che hanno ignorato gli avvertimenti di Bruxelles. Per la Russia la prova del «fallito isolamento».
La capitale, intanto, si è svuotata. In tanti hanno deciso di approfittare del lungo ponte di maggio per evitare il blackout previsto oggi. Le strade, invece, si continuano a riempire di mostre fotografiche e omaggi agli oltre 27 milioni di sovietici che persero la vita durante la Seconda Guerra Mondiale. Ieri sulla storica Vecchia Arbat sono stati allestiti “tunnel” rossi con iscritte le lettere dei soldati dal fronte e distese di garofani rossi, il fiore del lutto.