Nata a Kiev ed emigrata in Francia, Némirovsky morì ad Auschwitz. Adesso vengono pubblicate le sue lettere scritte prima della guerradiMariarosa Mancuso
Una professionista, capace di destreggiarsi tra anticipi, editori, contratti di lunga durata, rendiconti in patria e all’estero, racconti tenuti fuori dall’esclusiva. Forte di una precoce bravura letteraria e dell’immediata popolarità rafforzata da cinema e teatro. Conosciamo la tragica fine di Irène Némirovsky, deportata e morta a Auschwitz. Aveva messo al sicuro le figlie Denise e Elisabeth ( nate in Francia) e affidato una valigia piena di manoscritti all’amica Julie Dumont, che non l’aprì. Lo fecero le figlie ormai grandi, nel 1956: dentro, tra altri materiali, c’era il manoscritto incompiuto di Suite francese, allora non ritenuto meritevole di pubblicazione. Quasi mezzo secolo dopo, era il 2004, rilancerà il nome della scrittrice in Francia e all’estero.
Conosciamo meno bene gli anni felici prima della guerra. QuesteLettere di una vita iniziano nel 1913, a Vichy: Irène ha dieci anni e cura l’asma con l’acqua della sorgente termale. Poche parole, quasi una cartolina. La raccolta comincia davvero nel 1921 per arrivare, con qualche licenza, al 1945 – tre anni dopo la morte di Némirovsky.Ha annotato e curato la raccolta Olivier Philipponnat, che insieme a Patrick Lienhardt aveva firmato la biografia della scrittrice. La sezione dal 1942 in poi –Incubo – era già nell’edizione Adelphi di Suite francese.
Nel 1921, a 18 anni, Irène non perde una festa da ballo, come usava nella buona società parigina. Un’amica la rimprovera: « Fai troppo la civetta: non va bene far perdere la testa ai ragazzi in questo modo » . La governante Zezelle era stata licenziata, la madre era poco interessata alla figlia.
Irène si vendicherà scrivendo Le bal:una gran festa danzante organizzata da una famiglia colpita da improvvisa fortuna, sabotata dalla figlia che butta gli inviti nella Senna ( diventerà nel 1931 un film con Danielle Darrieux, allora tredicenne: Alle porte del gran mondo). Con lo stesso pseudonimo maschile – Pierre Nerey, il cognome è l’anagramma di Irène – uscirà La nemica.
Secondo e definitivo affondo contro le madri egoiste.
A 23 anni Irène Némirovsky sposa Michel Epstein, figlio di un banchiere russo in esilio. Per i pettegoli, assieme al padre, il modello diDavid Golder, il primo vero libroche esce nel 1929 da Grasset e conquista la Parigi letteraria. L’anno dopo viene adattato per il cinema da Julien Duvivier, uno dei registi più popolari degli anni 30 (e oltre, dopo la guerra dirigerà un Don Camillo).
Il manoscritto di David Golderera stato spedito anonimo all’editore Grasset. Fermoposta, senza indirizzo del mittente. L’editore era entusiasta, mise annunci sui giornali per trovare l’autore e intanto fece i preparativi per mandare il libro in stampa. Irène Némirovsky era stata in ospedale per partorire la prima figlia Denise, al suo ritorno trovò la lettera di Grasset ( non tutti gli editori odiano e cestinano i manoscritti degli sconosciuti).
Némirovsky approfitta per far circolare un altro racconto, sotto pseudonimo. Mossa da professionista, intenzionata a vivere della sua scrittura (il marito a volte sollecitava i pagamenti alla scadenza, ma l’accordo matrimoniale teneva separati i redditi dei coniugi). All’amica di gioventù, compagna di balli scatenati, Irène scrive: « Come puoi pensare che mi scordi delle vecchie amiche, per via di un libro di cui si parla per 15 giorni e che tra 15 giorni sarà dimenticato come tutto si dimentica a Parigi? » .
La frase potrebbe arrivare da Balzac, quando racconta l’editoria, i giornali, le volatili mode parigine nelle Illusioni perdute. Per Némirovsky non sarà così, i suoi rapporti con gli editori e con i letterati sono la sezione più interessante. Spostano l’accento dalla tragedia personale, per restituire la narratrice di 15 romanzi e 50 racconti alla storia delle lettere francesi – e cosmopolite, con la famiglia era fuggita da Kiev a Pietroburgo, poi in Finlandia e in Svezia, poi Parigi, e infine Issy- l’Évêque, quando i tempi si erano fatti di nuovo cupi.
Sono lettere cortesi, ma poco diplomatiche. Ringrazia i recensori e i critici, puntualizzando gli eventuali fraintendimenti nella lettura dei suoi racconti o romanzi. Non si sottrae alle interviste ( e le domande sciocche non sono un’invenzione recente). «Il cuore tornerà ancora di moda? » le chiedono nel 1933. Risposta: « Tutte le generazioni hanno due chiodi fissi, la fame e l’amore » .
Il passaggio all’editore Albin Michel le frutta un contratto ventennale: 4 mila franchi al mese che le consentiranno di sopravvivere dopo l’occupazione tedesca. Non avrà mai la nazionalità francese ( e aveva perso quella russa) e non sarà mai ammessa alla Societé des Gens des Lettres. Irène Némirovski rimase un’ebrea apolide ( pur convertita al cattolicesimo), il peggio che poteva capitare nella Francia occupata. La celebrità e il talento letterario non facevano punteggio.
Irène Némirovsky
Lettere di una vita
Adelphi Traduzione Laura Frausin Guarino pagg. 460 euro 24Voto 8/10