L’europa e la posta in gioco
30 Luglio 2022“Ho deciso fondo il partito che non c’è e mi alleo con Conte Il Pd non è più a sinistra”
30 Luglio 2022Mentre leggo le prime notizie che arrivano da Civitanova Marche, sull’assassinio brutale, in pieno sole, in pieno centro, lungo Corso Umberto I nell’ultimo venerdì di luglio, temo ciò che diremo, penseremo, ascolteremo sulle ragioni per le quali ciò che è accaduto, è accaduto. Alika Ogorchukwu è stato ammazzato con la stampella che gli reggeva i passi in seguito a un incidente d’auto, così ha dichiarato il suo avvocato. L’aggressore, che è già in stato di fermo, ha dichiarato invece che Ogorchukwu aveva importunato la fidanzata. La squadra mobile di Macerata ha richiesto e sta visionando i video delle telecamere di sicurezza, le testimonianze degli astanti indicano in Ogorchukwu una presenza abituale nella zona.
C’è un racconto di Moravia, Ladri in chiesa, se non ricordo male, che racconta di un lupo che ha fame per lui e per i cuccioli, ma non trova cibo. Così, traguardando la valle, scorge una luce e si muove, rapido, verso quella. La luce viene da una casa dove vive un contadino, che sta per mettersi a letto. Il lupo entra nella casa del contadino perché ha fame, il contadino si alza e imbraccia il fucile perché ha paura. E il contadino, appunto, ha ragione perché ha paura, e il lupo pure, in effetti, ha ragione, così il contadino spara e il lupo salta. E la ragione, chiosa Moravia, porta alla morte. Quando da ragazzina ho letto il racconto, che fa parte deiRacconti romani, ho capito – come la luce che vede il lupo, come il lampo dello sparo del contadino – che la ragione, in sé, non è qualcosa che sempre risolve. Ma che può essere utilizzata per giustificare.
Un’aggressione (il lupo), un delitto (il contadino).
A Civitanova Marche gli aggettivi – quasi la geografia sia una indicazione di carattere o temperamento, o quasi sia memoria, e non lo è, chiariva Wlodek Goldkorn domenica sulle pagine di Robinson – indicano che l’aggredito è nigeriano, e l’aggressore italiano. Non è però uno scontro di popoli, ma di società civile, di immaginazione politica. È uno scontro di stanchezza dopo anni di pandemia, all’ingresso di una crisi economica, per alcuni reale, per altri percepita, è la fine di quella certezza per cui l’altro esiste con le proprie differenze e queste differenze non sono, d’abbrivo, né buone né cattive, né amiche né nemiche, ma rappresentano possibilità e, con ottimismo, occasioni. Che succede quando qualcuno sta picchiando un uomo in una strada, e altri, uomini e donne, assistono e non fanno niente, ma dicono. Dicono fermati, senza intervenire. Dicono basta, senza muoversi. Per paura o perché dimentichi di umanità o forse speranzosi, pensano che nulla di irreparabile accadrà, niente, che sarà una baruffa da raccontare. Succede che ci siamo disabituati a considerare le conseguenze. Che non siamo più capaci di valutare quando a una causa corrisponde un effetto. L’illogicità è una forma di violenza.
Ogni oltraggio, ha scritto Gadda (La cognizione del dolore) è morte, e tanto resta scritto e sentito, nel cuore e negli arti. Non conosco la vita di chi è stato ucciso, ma so che è finita, e non conosco la vita di chi ha aggredito, ma so che è spezzata. Non comprendo e non ammetto le ragioni di chi uccide, e so che le stampelle sono state pensate per sorreggere un essere umano e non per annichilirlo. Non accetto che ci siano partiti politici – esseri umani all’interno di quei partiti politici – che useranno la geografia per dire che l’Italia non è un Paese abbastanza sicuro per gli italiani, che gli stranieri sono qui per sottrarre risorse, che chi è arrivato in un posto è diverso da chi ci è nato. Se è vero che un uomo solo ha alzato una stampella per colpire, è vero altrettanto che il clima narrativo, emotivo, politico intorno a ciascuno di noi, è un clima di diffidenza, di lotta per la sopravvivenza, di bassa fiducia nella scuola come principale strumento di prassi civile e di palestra etica. È morto un uomo che aveva un figlio, che non aveva neppure quarant’anni, che aveva deciso di vivere e lavorare – come poteva, come gli riusciva – nel nostro Paese e ciò che ha trovato è stata la mancanza della possibilità di un futuro. La morte violenta di Alika Ogorchukwu mi dice solo questo – e questo vorrei che fosse detto, gridato, preteso politicamente – mi dice che da oggi siamo ancora di più un Paese nel quale non è possibile immaginare, e avere, un futuro.