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7 Maggio 2023Da NY a Firenze
di Eugenio Tassini
Le città sono in crisi, ma non tutte per lo stesso motivo. Quella delle città d’arte, come Firenze e Venezia per esempio, non è una difficoltà economica, ma di identità. Il centro è popolato dai turisti, le case sono affittate a loro per brevi periodi, gli alberghi sono pieni, i ristoranti anche, i bar pure, i negozi quasi. L’invasione ha spinto lontano i residenti: chi per ricavarsi un nuovo reddito trasformando la vecchia casa in un Airbnb, chi perché gli affitti sono aumentati essendo più conveniente per tutti i proprietari ospitare i viaggiatori anche per pochi giorni alla volta che una famiglia per anni. E questo, giorno dopo giorno, ha cambiato il volto del centro. Sempre più bar, ristoranti, street food e sempre meno negozi di vicinato o di servizi. Così, mentre i bilanci dei residenti e del Comune sono per lo più migliori di prima (basta solo fare i conti con la tassa di soggiorno a Firenze e il biglietto di ingresso a Venezia), le città d’arte senza abitanti rischiano di trasformarsi definitivamente in veri parchi di divertimento.
Ci sono poi città che sono in crisi economica, ferite dalla tecnologia che avanza. Con il Covid molti hanno continuato a lavorare da casa e hanno scoperto che si vive meglio. E ora che l’emergenza sanitaria è finta, stufi della vita della metropoli, non hanno nessuna intenzione di tornare in ufficio, malgrado gli sforzi (anche fantasiosi e costosi) delle aziende per richiamarli. Soprattutto, sono molte le aziende che hanno abbracciato la nuova tecnologia e hanno disdetto i contratti di affitto.
È questo il caso, per esempio, di due importanti città degli Stati Uniti. New York, la capitale del business e della cultura, e Washington, la capitale della politica. E sappiamo tutti che quel che accade in America, di solito, dopo un po’ arriva anche da noi. A New York è rientrato lavorare in ufficio poco più del 40% dei dipendenti (media settimanale, picco il mercoledì), e non tutti i giorni. L’effetto sull’economia della città è stato immediato. Con molti uffici vuoti per i ristoranti non è più sostenibile aprire anche a pranzo, i conti non tornano neanche per il servizio pubblico di trasporto, in crisi profonda perché regista meno della metà dei passeggeri. Situazione ancora più grave a Washington, che ha molti meno turisti, dove, racconta il Washington Post , molte zone anche pregiate della città sono in mano a spacciatori, bande di ragazzi, disperati che piantano tende per dormire nelle piazze a un paio di isolati dalla Casa Bianca. Anche qui i ristoranti sono chiusi a pranzo, i negozi di servizio o di sostegno alla vita quotidiana hanno abdicato a bilanci insostenibili, gli uffici sono vuoti.
Dunque i motivi sono diversi, ma Firenze, Venezia, New York e Washington (ce ne sono tante altre ovviamente) hanno lo stesso problema. Hanno bisogno di abitanti, di famiglie che tornino ad abitarle. Che vuol dire vita quotidiana, negozi aperti, servizi pubblici con conti in equilibro. Come se i residenti fossero il «sangue» (e dunque la vita) di una città. Ed è a questo punto che le nostre strade divergono. Perché mentre in Italia sindaci, governatori, governo pensano solo a tamponare il presente con piccole e fragili strategie, in America vogliono reinventare la città e si lavora a piani molto ambiziosi e molto costosi per le finanze pubbliche.
Il sindaco di New York, Eric Adams, e quello di Washington, Muriel E. Bowser, stanno pensando di trasformare gli uffici abbandonati in abitazioni, cambiando quindi la destinazione d’uso e anche investendo molti soldi pubblici. Non una cosa facile, un ufficio è diverso da una casa. O ha troppe finestre o ne ha troppo poche, solo per fare un esempio. Ma a New York c’è un signore che da qualche anno fa questo: trasforma palazzi e grattacieli nati come uffici in case (di lusso) da abitare. Fino all’altro giorno le case di New York erano solo per gente molto ricca comunque, negli ultimi sette anni il costo di una casa è aumentato del 50 per cento. Il piano del sindaco Adams prevede mezzo milione di nuove case anche per chi non è milionario. Inoltre sta studiando anche un nuovo tipo di servizio pubblico, dieci linee gratuite per riportare a New York (e a Manhattan ovviamente) chi si è trasferito in periferia anche per motivi economici. In Comune stanno facendo i conti. Bowser cammina sulla stessa strada. Anche Washington vuol trasformare gli uffici abbandonati in case, e portare così centomila nuovi residenti nel centro ora abbandonato.
La via americana, come spesso accade, segue una visione, pensa in grande, scommette, rischia (d’altronde, quante volte è stata già reinventata New York?). E dovremmo anche noi tornare a essere ambiziosi, creativi, capaci di affrontare le avversità e non solo a subirle e mettere sacchi di sabbia, pensando che siano sufficienti a salvarci. Due esempi per tutti: non era meglio trasformare Sant’Orsola e l’ex tribunale di San Firenze in case da abitare? Non possiamo anche noi percorrere quella strada? Eppure lo avevamo fatto già tempo fa, alle Murate, trasformando un carcere abbandonato in case popolari e poi alla Manifattura Tabacchi, con abitazioni di lusso. Anche Firenze può salvarsi, tornare a essere una città e non un Parco del Rinascimento. Ma servono incentivi per i privati che volessero percorrere questa strada e investimenti pubblici per realizzarla nei palazzi di proprietà del Comune. Ma questa è la vera emergenza, restituire il centro ai fiorentini.
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