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Arriva duro, senza ammissione di repliche, il giudizio della commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunjia Mikatovic. Direttamente da Lampedusa. «Sono colpita dall’allarmante livello di tolleranza nei confronti delle gravi violazioni dei diritti umani dei rifugiati, richiedenti asilo e migranti che si è sviluppato in tutta Europa». Non solo: «Le notizie di violazioni dei diritti umani dei rifugiati – aggiunge – sono così frequenti che difficilmente vengono registrate nella coscienza pubblica». In altre parole, il destino dei milioni di rifugiati accolti nel nostro Continente pare esser trattato come polvere da nascondere sotto al tap-peto. Con queste dichiarazioni, si apre oggi la Giornata mondiale del rifugiato. Ancora segnata, come ricorda il presidente dell’Anci Antonio Decaro, dal «sapore amaro della tragedia» consumatasi al largo delle coste del Peloponneso.
Le celebrazioni, che tingeranno di blu i monumenti di 16 città in tutta Italia, serviranno a puntare la lente d’ingrandimento sulle condizioni delle persone rifugiate in tutto il mondo: ben 35 milioni nel 2022, secondo i dati Acnur-Unhcr. Dei quali, spiega la Fondazione Ismu, 384.245 sono stati accolti in Ue con un permesso di protezione: il 44% sono rifugiati, il 31% beneficiari di protezione sussidiaria e il 25% di protezione umanitaria. Con la differenza che se ai primi viene offerto uno status permanente, ai secondi solo temporaneo. Il numero è in forte crescita (40%) rispetto al 2021. E per l’anno in corso i dati non sono più incoraggianti: di pari passo con gli
sbarchi, nel primo trimestre del 2023 le richieste d’asilo sono aumentate del 72% rispetto ai primi mesi del 2022.
In Italia, invece, è allarmante la condizione dei bambini. Secondo Unicef, sono oltre 100mila i minori stranieri non accompagnati giunti nel Paese via mare dal 2014. Seimila solo quest’anno. Ma il numero è persino «parziale», perché non tiene conto né dei rifugiati dall’Ucraina né di quanti arrivano dalle frontiere terrestri senza essere sistematicamente registrati. Rotta balcanica in primis. «Si tratta di bambini e adolescenti spesso in fuga da conflitti e violenze – si legge in una nota -. Questi dati sono probabilmente destinati a salire nei prossimi mesi, data l’incidenza di conflitti, crisi e disastri climatici che affliggono molti dei principali Paesi d’origine».
In generale, l’Italia è il terzo paese d’Europa, dopo Germania e Francia, per numero di permessi di protezione rilasciati. Nel 2022 Roma ha respinto il 45% delle domande esaminate (oltre 72mila), con un tasso inferiore alla media Ue di ben nove punti percentuali. Ma, secondo Ismu, in Italia oltre la metà delle protezioni sono umanitarie, quindi più deboli. Il motivo è presto detto: nel nostro Paese la maggior parte dei richiedenti asilo sono bengalesi, pakistani, egiziani, tunisini e nigeriani. Per loro è più difficile ottenere una protezione forte, come lo status di rifugiato, rispetto ad afghani e siriani. Che corrono maggiori rischi di persecuzione nei Paesi d’origine e sono più presenti in altre nazioni Ue.
Ma, anche per chi ha già ottenuto l’agognato esito positivo alla propria domanda, si apre la lunga strada dell’integrazione. Spesso impercorribile senza l’aiuto di volontari. Refugees Welcome Italia
è in prima fila da tempo: oltre 780 sono le persone accolte in famiglia dalla Onlus. Solo nell’ultimo anno, dall’Ucraina sono state inserite in nuclei italiani ben 425 persone, di cui circa 200 minorenni. Si tratta per la maggior parte di donne con minori o giovani arrivati da soli. A distanza di soli sei mesi dall’avvio del percorso in famiglia, la metà di loro ha migliorato il proprio livello di conoscenza della lingua italiana e un quarto ha già sottoscritto un contratto di lavoro. Non solo. Anche le grandi multinazionali hanno deciso di spendersi per la causa: Amazon, Hilton e Marriot sono solo alcune delle imprese che si sono impegnate, a partire da oggi, nel reclutamento di 13.680 rifugiati nei prossimi tre anni. Qualche agenzia di lavoro temporaneo (Adecco, ManpowerGroup, Randstad) ha promesso di aprire posizioni per 152mila rifugiati, mentre altre aziende hanno garantito di formarne 86mila.