Il saggio del cardinal Martini riedito con un nuovo contributo del Papa
di Orazio La Rocca
Vicini alla gente come padri e fratelli, con mitezza, pazienza e misericordia. Poveri, non accecati dalla ricchezza. Senza ambizioni e voglia di carrierismo, privi di tentazioni di nobiltà e mondanità…». Ecco l’identikit del nuovo vescovo del terzo millennio. Lo traccia papa Francesco in un libro da poco in distribuzione, scritto idealmente a 4 mani col confratello gesuita e cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo Milano dal 1979 al 2002, scomparso il 31 agosto 2012 a 85 anni. Un testo —Il vescovo, il pastore edito dalla San Paolo — suddiviso in due parti. Nella prima, la ristampa de il “Il Vescovo”, scritto nel 2011 da Martini pochi mesi prima di morire dedicato alla figura, all’opera e al ruolo che i vescovi di oggi sono chiamati a svolgere. Nella seconda parte, il commento di papa Francesco che in molti tratti riprende le analisi di Martini. Argomento delicato, in quanto “strumento” operativo per ogni Papa nella investitura di quanti saranno inviati a governare le “provincie” della Chiesa, i vescovi, appunto, attualmente circa 5.400 in tutto il mondo, tra capi diocesani, ausiliari e titolari con incarichi al servizio della Santa Sede (nunzi apostolici, responsabili e segretari di dicasteri…), scelti in un “bacino” di oltre 400 mila sacerdoti.
«Quale profilo dovrebbe avere oggi un vescovo? », la risposta, nella prima parte del testo, del cardinale Martini non lascia spazio a dubbi. «Prima di tutto — scrive il porporato — il candidato all’episcopato deve dare prova di integrità, onestà e obbedienza alle leggi dello Stato; deve essere leale, capace di dire il vero e di non mentire mai per nessun motivo. Deve, inoltre, essere dotato di tanta pazienza, virtù antichissima, ma sempre necessaria, ed essere uomo della misericordia, capace di farsi carico della sofferenza del mondo e di offrire motivi di speranza per sofferenti, ultimi e bisognosi». Non da meno, il futuro vescovo, secondo Martini, deve avere anche «buona educazione, dolcezza del tratto, fermezza paterna, amore per il bello e per le sue forme, e mostrarsi capace di ammettere i propri errori ». Dunque, conclude il porporato, deve essere «anzitutto un uomo vero», in grado di «mettere al centro di tutto l’Evangelo di Gesù Cristo, Parola del Padre attuata dallo Spirito Santo, dal quale è sceso e scende ogni bene sulla terra, ora e nei secoli futuri».
Concetti, caratteri ed indicazioni che papa Francesco riprende ed amplia — 11 anni dopo la pubblicazione de Il vescovo — alla luce della sua esperienza pontificia. «Io sto cercando di consacrare vescovi — confessa infatti Bergoglio — che siano innanzitutto pastori fedeli e non arrampicatori. Vescovi che si sentono figli della Chiesa, che è donna ed è l’unica che può partorire i suoi figli se noi glielo permettiamo. E bisogna sempre chiedere a clero e laici — rimarca papa Francesco, rilanciando, a sorpresa, una modalità elettiva episcopale delle prime comunità cristiane — che cosa pensano di un certo candidato vescovo. E non accettare pressioni per le sue elezioni. Questo perché le elezioni di un vescovo devono essere limpide!…». Quanto ai criteri adottati dall’attuale pontefice nelle nomine vescovili, molti i tratti comuni con Martini, anche se papa Francesco non manca di aggiungervi la sua personale impronta. Secondo Bergoglio, i candidati all’episcopato devono essere, infatti, «pastori vicini ed in mezzo alla gente come padri e fratelli; capaci di mitezza, pazienza e misericordia; devono amare la povertà, sia interiore (come libertà per il Signore), sia esteriore (come semplicità e austerità di vita). Non devono avere una psicologia da “principi”; non devono essere ambiziosi, né brigare per ottenere l’episcopato come se si trattasse di una carica mondana. Infine devono avere la consapevolezza di essere sposi di una comunità precisa, della Chiesa di cui sono inviati, senza ambire mai a una più grande e più di prestigio». In merito alla missione pastorale, per Bergoglio i nuovi vescovi «poiché il loro ministero sarà quello di seminare la Parola, devono essere anche uomini pazienti». Ricordando, a questo proposito, che «il cardinale Giuseppe Siri era solito dire che 5 sono le virtù di un vescovo: prima la pazienza, seconda la pazienza, terza la pazienza, quarta la pazienza e ultima la pazienza con coloro che ci invitano ad avere pazienza».