Al MAH di Ginevra, la star del contemporaneo in veste di curatore e artista ha ideato un percorso in cui le sue sculture e installazioni dialogano con le opere classiche della storia dell’arte svizzera
dalla nostra inviata Lara Crinò
Ginevra
mmaginate un tipico museo enciclopedico d’inizio Novecento: la facciata imponente, le sale dalle alte finestre, una gigantesca collezione che spazia dalle prime civiltà ai giorni nostri, includendo anche migliaia e migliaia di oggetti d’uso, mobilio, orologeria ( siamo in Svizzera). Un patrimonio destinato, nell’ordine delle cose, a restare in gran parte nascosto negli archivi, mentre il visitatore si aggira, un po’ sperduto, per una teoria di stanze fuori scala e un paio di volte l’anno l’istituzione si rianima grazie a qualche esposizione blockbuster. Si può cambiare quest’ordine delle cose, risignificando gli oggetti e le opere, instillando il dubbio e la meraviglia? Funziona come una mostra temporanea il progetto di Ugo Rondinone per il Musée d’Art et d’Histoire ( MAH) di Ginevra, dal titolo When the Sun Goes Down and the Moon Comes up ( fino al 18 giugno) ma è molto di più: è una risposta a queste domande e una proposta per il futuro non solo dell’istituzione ginevrina, ma di tutti i musei otto- novecenteschi che popolano le città europee. Lo sa bene Marc-Olivier Wahler, direttore del MAH, già a capo del Palais de Tokyo diParigi, che ha voluto Rondinone, star del contemporaneo di stanza a New York ma come lui originario della Confederazione, per l’ultima delle sue “ Open Invitation”. Negli ultimi tre anni, forte dell’esperienza parigina e di una lunga carriera da curatore, Wahler si è dedicato a togliere la polvere al Musée, dando carta bianca prima a Jakob Lena Knebl (Walk on the Water, 2021) poi a Jean- Hubert Martin (Draw York Own Conclusion, 2022): ciascuno ha ridisegnato un percorso all’interno dell’edificio, scardinando l’abitudine e suggerendo nuove connessioni. Nella doppia veste di artista ospite e di curatore Ugo Rondinone porta a compimento questo mandato, integrando i propri lavori nel tessuto identitario del MAH e reinventando il passato. Operazione raffinatissima e libera, che si ispira, ha spiegato lo stesso Rondinone, in primo luogo all’architettura simmetrica del palazzo.
All’ingresso, il visitatore è accolto dalla sua grande scultura circolare, alta oltre cinque metri, the sun(2017); a farle da contraltare, alla fine del tragitto, c’è invece the moon (2022). Nelle due ali laterali, obbedendo alla doppia polarità
maschile/femminile, eros/thanatos,
Rondinone rilegge l’opera di due grandi dell’arte svizzera, riallestendone quadri e disegni e usando teche di cemento che occupano e riscrivono lo spazio. Nell’ala sinistra, i nudi – tele, disegni, schizzi – di Félix Vallotton: un’enciclopedia del corpo umano, soprattutto femminile, e delle sue passioni, nel tratto del maestro di Losanna che in Francia conobbe tutte le correnti, dai nabis al postimpressionismo, senza farsi comandare da nessuna.
Ed è Vallotton, con le curve che impone ai corpi ma anche ai paesaggi, il silenzioso musicista che ispira, qualche stanza più avanti, le posture delle sette sculture che Rondinone ha distribuito nello spazio ribattezzato “ On The Edge”: come certe figure da seicentesco teatro anatomico, le ha realizzate in cera, ma mescolandola con terre che arrivano dai diversi angoli del globo. A destra dell’ingresso, invece, nella galleria rinominata “ Ten Pillars” veniamo introdotti all’altro nume tutelare del MAH: ci accolgono infatti dieci pitture di guerrieri svizzeri a grandi dimensioni, firmate da Ferdinand Hodler.
Si resta stupiti, quasi interdetti da questa marzialità d’antan, che subito si scioglie nella stanza successiva. Qui i sublimi paesaggi alpini di Hodler, datati ai primi anni del Novecento, ci abbracciano con la loro qualità onirica, acquatica: ed è l’acqua, l’acqua degli oceani, ciò che riempie i cavalli di vetro dell’installazione the horizons,realizzata da Rondinone nel 2020. Ma il gioco più stupefacente con cui l’artista curatore vuole chiarire che una mostra può essere« complessa senza essere difficile, tenera senza essere soffice » è la reinvenzione, in collaborazione con Frédéric Jardin, degli appartamenti di Ferdinand Hodler e di Félix Valloton. Due garçonnière decadenti che sono vere e proprie stanze della mente: mobili, disegni, reperti archelogici provengono dalle collezioni del MAH e sono stati risistemati qui, seguendo suggestioni pittoriche e letterarie: la più trasparente è la stanza di Jean des Esseintes nel romanzo di Huysmans,À rebours, ma lo Sperellidel dannunziano Il piacere vi si troverebbe a suo agio. Paradossalmente è in questi due spazi volutamente sovraccarichi che ciascuno di questi oggetti riacquista la sua dignità di manufatto, ricordandoci perché nei musei scegliamo, generazione dopo generazione, di conservare ciò che riteniamo arte, ciò che troviamo ingegnoso, utile, semplicemente umano. Una lezione di libertà, di grazia, che rende onore a chi ha scelto e a chi guarda. « Tutto – spiega Ugo Rondinone indicando ciò che ha realizzato – anche una statuetta o un brandello di tessuto, può essere un modo di mostrare gratitudine».