Luca monticelli
Il dossier del Cnel sul salario minimo è in arrivo. Al presidente del Comitato economia e lavoro Renato Brunetta, la premier Giorgia Meloni ha affidato la regia per giungere a una proposta, dopo il pressing delle opposizioni che hanno suggerito una paga per legge di 9 euro l’ora. Domani la proposta sul salario minimo verrà consegnata ai consiglieri del Cnel, e nella settimana successiva, giovedì 12 ottobre, il documento complessivo sarà discusso dall’assemblea del Comitato. Da quel che emerge dalle prime pagine, dedicate all’inquadramento e all’analisi del tema, il Cnel targato Brunetta tende a sposare la linea della presidente del Consiglio: non è una soglia minima oraria per legge la soluzione degli stipendi italiani, i più bassi in Europa. In assemblea è stato illustrato il documento relativo agli esiti della prima fase istruttoria sul lavoro povero e il salario minimo, già approvato dalla commissione dell’informazione con il solo voto contrario della Cgil e l’astensione della Uil.
«Siamo di fronte a un’emergenza salariale fondamentale e c’è un livello di precarietà incredibile», risponde il segretario delle Cgil Maurizio Landini, all’evento per i 20 anni di Sky. «Il governo ha fatto un errore nello scaricare sul Cnel il tema del salario minimo, che non può sostituirsi né al governo né alle parti sociali». L’esecutivo, continua Landini, «a un certo punto deve dire quello che vuole fare», dice rilanciando l’istituzione di un salario minimo orario sotto il quale nessun contratto deve andare.
Il documento del Cnel riferisce che il tasso di copertura della contrattazione collettiva in Italia «si avvicina al 100%, di gran lunga superiore all’80%», parametro della direttiva europea che richiama all’urgenza di varare un salario minimo. Da qui, spiega la commissione Informazione del Comitato guidato da Brunetta, «la piena conformità dell’Italia ai principali vincoli stabiliti dalla direttiva Ue, e cioè l’assenza di obblighi di introdurre un piano di azione a sostegno della contrattazione collettiva, ovvero una tariffa di legge». Quindi, la legge non è dovuta.
L’archivio dei contratti del Cnel segnala le criticità legate ai ritardi nel rinnovo dei contratti collettivi, però «non sempre il ritardo è sinonimo di non adeguatezza del salario», così come, si legge, la povertà lavorativa è un fenomeno più «complesso», e la soluzione non può essere solo il salario minimo. «La povertà lavorativa – evidenzia il Comitato – è il risultato di un processo che va ben oltre il salario e che riguarda i tempi di lavoro (ovvero quante ore si lavora abitualmente a settimana e quante settimane si è occupati nel corso di un anno), la composizione familiare (e in particolare quante persone percepiscono un reddito all’interno del nucleo) e l’azione redistributiva dello Stato».
Tornando alla contrattazione collettiva, lo studio discusso a villa Lubin sostiene che i contratti firmati da Cgil, Cisl e Uil sono 211 e coprono 13,3 milioni di lavoratori dipendenti del settore privato (ad eccezione di agricoltura e lavoro domestico). Rappresentano il 96,5% degli addetti dei quali conosciamo il contratto applicato, oppure il 92% del totale dei dipendenti tracciati nel flusso Uniemens. I sindacati non rappresentati firmano 353 contratti che coprono 54.220 lavoratori, lo 0,4% tra quelli a cui è noto il contratto applicato.
Più che l’introduzione nel nostro ordinamento giuridico di un salario minimo fissato per legge, il Cnel segnala «l’urgenza e l’utilità di un piano di azione nazionale a sostegno di un ordinato e armonico sviluppo del sistema della contrattazione collettiva» e una «risposta sinergica al nodo della produttività».
La commissione dell’Informazione di villa Lubin auspica quindi che il dibattito sulle buste paga possa essere «l’occasione per individuare nel Cnel un forum permanente di confronto e collaborazione stabile e continuativa tra le forze sociali e tutti i soggetti istituzionali che raccolgono dati utili per il monitoraggio della contrattazione collettiva e dei salari».
La scontro sul salario minimo toccò il suo apice a metà agosto, quando la premier Meloni incontrò le opposizioni a Palazzo Chigi, ma stretta dalle richieste di Elly Schlein e Giuseppe Conte rinviò di due mesi una eventuale proposta, assegnando il compito, appunto, al Cnel.
«Stiamo valutando come maggioranza di intervenire con delle misure che non siano il salario minimo garantito, partendo dai rilievi che Brunetta ci fornirà nei prossimi giorni», afferma Walter Rizzetto, presidente della commissione Lavoro della Camera ed esponente di Fratelli d’Italia. La ministra Marina Elvira Calderone ribadisce che non sono i 9 euro individuati dall’opposizione a garantire «la qualità e la dignità di un impiego».
Invece, il capogruppo del Pd in commissione Lavoro alla Camera Arturo Scotto bada al sodo: «Il 17 ottobre la nostra proposta tornerà in Parlamento per il voto. Questa è l’unica certezza. Qui la destra dovrà dire al Paese se è d’accordo o no, anche alla luce della sentenza della Cassazione che ribadisce la necessità di un salario minimo legale e costituzionale».