Al ministero della Giustizia oggi il vertice con gli avvocati di Ilaria sulle garanzie da offrire all’Ungheria. Il dibattito all’Europarlamento
L’appunto è pronto: poche pagine in cui si indica una strada tecnica per ottenere i domiciliari in Italia, seppur dopo il riconoscimento della stessa misura in Ungheria. E contemporaneamente si illustrano ai giudici di Budapest quali sono le garanzie di sicurezza che il nostro ordinamento offre per chi è ai domiciliari: dal braccialetto elettronico al controllo da parte delle forze Polizia. Non è detto però che questa annotazione a cui hanno lavorato gli uffici in questi giorni venga messa a disposizione della famiglia Salis. Questo perché la questione degli arresti domiciliari per Ilaria non è più soltanto una vicenda tecnica da discutere in punta di diritto. Ma, inevitabilmente, è diventata una vicenda tutta politica da valutare con i requisiti dell’opportunità: «Davvero — si è chiesto qualcuno in via Arenula — dobbiamo creare un precedente di questo tipo, su una circostanza, tra l’altro, dibattuta dalla giurisprudenza?».
Il governo Meloni oggi quindi sitroverà davanti a un bivio sulla questione Salis, nella giornata tra l’altro in cui il Parlamento europeo in plenaria si troverà a discutere proprio della detenzione di Ilaria. La strada non è scontata. Perché appunto c’è chi nella maggioranza (Salvini, evidentemente, ma non solo) non intende usare una linea accondiscendente, per non mettere in discussione i rapporti con l’Ungheria ma soprattutto per dimostrare «alla vigilia delle elezioni europee intransigenza verso la sinistra dei centri sociali », dice senza aver paura di essere ridicolo un parlamentare, ex sottosegretario, della Lega. Ma c’è anche chi — davanti alle immagini di Ilaria ammanettata e con la prospettiva di una condanna da 20 anni per piccole lesioni — ritiene che la propaganda debba essere messa da parte. E offrire, quindi, tutta l’assistenza possibile. E possibilmente trovare un piano B: si era parlato, tra le altre cose, della possibilità di farle scontare gli arresti domiciliari in ambasciata ma, senza un accordo politico dei governi, appare tecnicamente impossibile.
Se ne continuerà a discutere stamattina, a ridosso dell’incontro che prima il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e poi quello della Giustizia, Carlo Nordio,avranno con il padre di Ilaria, Roberto Salis, e con il suo legale Eugenio Losco. «Ci aspettiamo un aiuto dall’Italia» aveva detto da Budapest, l’avvocato ungherese, Gyorgy Magyar. E ieri si ritrovava fiducia anche nelle parole del padre Roberto. «Sono convinto — ha detto ieri — che con lo sforzo di tutti si porrà presto fine a questa assurdità: sono certo che anchecoloro che hanno remato contro presto capiranno che sui diritti umani e civili non si possono usare termini come ma, però, eccetera » .
L’espressione che mette in difficoltà è però “diritti umani”. Anche perché l’interlocutore è Orban che deve anche rispondere alla sua opinione pubblica: Ilaria Salis è un’attivista antifascista. Ed èstraniera. Le due categorie su cui il governo ungherese costruisce la sua propaganda. Sono poi giorni complessi: sabato 10 è il “Giorno dell’onore”, l’adunata che nel ricordo delle truppe di Hitler trucidate dall’Armata Rossa, richiama a Budapest neonazisti da tutta Europa. E anche antifascisti che organizzano manifestazioni e workshop: per quello lo scorso anno la Salis era volata in Ungheria. Il Governo ha vietato già tre manifestazioni e c’è allerta massima per l’ordine pubblico, con controlli rafforzati anche davanti al carcere di Budapest dove è rinchiusa Ilaria Salis. Ilaria potrebbe diventare un simbolo da attaccare. E da difendere. Comunqu e vada, per lei non è un bene.