Il Punto 13/12/2024
13 Dicembre 2024
Prima ventiquattr’ore, poi solo quattro, poi di nuovo ventiquattro. I giudici del Tar (Tribunale amministrativo regionale) non hanno riscontrato l’urgenza e la pericolosità della situazione sociale, e hanno dato ragione al sindacato di base (Usb), che ha indetto l’agitazione e ha così potuto scioperare tutto il giorno senza incorrere in sanzioni. Il Tar, motivando la sua scelta, ha fatto presente che non c’era stata nessuna sollecitazione da parte della Commissione di garanzia sulla regolamentazione degli scioperi, unico organo preposto in base alla legge numero 146 del 1990 a imporre la precettazione da parte del prefetto o della presidenza del Consiglio (e non del ministro dei Trasporti). È stata dunque applicata semplicemente la legge. E neppure il ministro Salvini, che aveva firmato la precettazione per “salvare lo shopping natalizio”, messo con le spalle al muro, ha potuto questa volta sbraitare più di tanto contro i magistrati, nemico numero uno (insieme ai sindacati) del governo Meloni. È stato invece costretto a svelare il suo vero obiettivo politico: cambiare la legge sugli scioperi, che vanno limitati e, se possibile, annullati.
Si tratta quindi di un episodio che non può essere compreso se non lo si legge collegandolo a una tendenza politica più generale, quella del tentativo delle destre di mettere le mani sui diritti costituzionali e soprattutto sul conflitto sociale, e se non lo si intrepreti anche come segno di una forte contraddizione. Si ha l’impressione che – dietro le campagne da “legge e ordine” – non ci sia solo la propaganda elettorale. Alla base delle crociate di Salvini, e di Piantedosi e Calderoli, sembra esserci qualcosa di più. È come se i politici della destra lavorassero per conto terzi: per rispondere a interessi che travalicano i singoli episodi e si iscrivono in una trasformazione del conflitto sociale, che potremmo anche ricominciare a chiamare scontro tra classi.
I magistrati non fanno politica. Sono pagati per applicare le leggi e per emanare sentenze giuste. I giudici del Tar non hanno simpatie maggiori per i sindacalisti, rispetto a quelle che provano per un ministro come Salvini. Non erano chiamati a scegliere tra lui e l’Usb, sindacato di base nell’area della sinistra. E lo hanno dimostrato sempre ieri, dando ragione in serata ai tassisti Ncc (Noleggio con conducente), che appartengono a un’area politica molto diversa rispetto a quella del sindacalismo di base.
Alla vigilia dello sciopero dei trasporti, gli Ncc sono scesi in piazza con tanto di fumogeni in dodici città per protestare contro la norma del decreto interministeriale Piantedosi (Interni) e Salvini (Trasporti), che imponeva una pausa di venti minuti tra una corsa e l’altra, disposizione contestata dagli autisti che non vogliono essere danneggiati economicamente con la rinuncia a qualche corsa. A protestare, tra i fumogeni, i cori e gli slogan, anche imprese come Uber, Limolane, Transfeero e l’associazione Muoversi, che rivendicano la loro voglia di lavorare: “Non chiediamo favori, raccomandazioni o condoni fiscali”, dicono. Affermazione che ci lascia alquanto perplessi ripensando a tutte le battaglie corporative contro l’applicazione delle direttive europee sulla concorrenza e sulla regolamentazione delle licenze. Ricordiamo che i tassisti sono stati, con i gestori degli stabilimenti balneari, una buona base elettorale per la vittoria della destra.
Quello che succede, nel campo della mobilità, è di grande utilità per capire le debolezze “strutturali” di un governo che, per vincere, è costretto a negare anche se stesso, mettendo in scena tradimenti vari. I tassisti si sono infatti meravigliati di questo “attacco” di Salvini e Piantedosi. E hanno subito ottenuto quello che volevano. Ma nello stesso tempo non dicono che sono stati risparmiati dalla scure del decreto sicurezza, che è un altro scandaloso esempio della politica dei due pesi e due misure. Come hanno già detto in molti, quel disegno di legge rischia di essere una norma ad personam, che scarica tutta la sua potenza contro chi manifesta pacificamente, ma evita di colpire altre categorie. Nella legge, per esempio, l’arresto per blocco stradale è previsto per chi ostruisce il passaggio “con il proprio corpo”. Non è invece menzionato chi i blocchi stradali li fa con altri mezzi, come un’automobile o magari un taxi. O anche un trattore, come avvenuto nei mesi scorsi con le proteste degli agricoltori.
Che Salvini o Piantedosi lavorino davvero per il bene del Paese, lascia comunque perplessi ripensando ad alcuni episodi accaduti di recente, che forse non hanno avuto l’attenzione che meritavano. Uno riguarda il ministro Piantedosi. Rispondendo, nel settembre scorso, a un question time in parlamento sugli scioperi nella logistica, il ministro ha fatto sapere che, dal primo gennaio a oggi, in quel settore si erano realizzate 240 manifestazioni, “la maggior parte promosse da organizzazioni sindacali di base”, e che nel corso di 183 iniziative si è verificato il blocco delle merci. Molte manifestazioni sono state caratterizzate da una forte tensione con le forze di polizia. Per questo, il ministro fece la sua promessa: “Quando il decreto sicurezza verrà definitivamente approvato sarà mia premura richiamare le autorità a rafforzare le azioni di carattere preventivo al fine di scongiurare il mancato rispetto del diritto di imprese logistiche e dei loro lavoratori”. Una confessione? Il governo si muove perché sollecitato dalle imprese della logistica?
Una scena che sembra ripetersi oggi con Salvini. Il governo si dà da fare perché spinto dalle imprese che non vogliono più essere bloccate dal conflitto sociale, e auspicano una privatizzazione generalizzata anche nel settore dei trasporti. Sarà probabilmente questo il nocciolo della prossima campagna contro lo sciopero. Una politica che lavora per favorire gli interessi economici che – al di là della propaganda – sono evidentemente ancora molto forti. Torna alla mente quel “mi manda Picone” del film di Nanni Loy del 1983. E torna in mente anche un altro regista, questa volta britannico, Ken Loach che, venendo in Italia per presentare il suo ultimo film, The Old Oak (vedi qui), ci ha colpito per il suo monito ai sindacati e all’opinione pubblica: attenzione a quella classe politica che si nasconde dietro la difesa dei diritti dei cittadini- consumatori per attaccare il diritto di sciopero. Siamo tra Loy e Loach.