valeria d’autilia
Nuovo anno scolastico e vecchi problemi. Oltre 200mila precari tra i docenti, 50mila nel personale Ata, oltre un migliaio di istituti senza preside. E poi la fotografia di un’edilizia scolastica con episodi di crolli in aumento e lo spettro del Covid tra i banchi di scuola. Al momento quest’ultima solo una preoccupazione velata, nell’attesa di valutare l’andamento dei contagi e della nuova variante Eris.
Ed è così che, ieri, sono tornati in classe gli studenti di Piemonte, Trentino e Valle d’Aosta. Oggi tocca alla Lombardia. E via di seguito, sino a giorno 15. In tutto 7 milioni di italiani.
Alla ripresa delle lezioni, nessuna misura restrittiva nelle scuole, ma solo alcune precauzioni che dovrebbero essere ormai prassi collaudata. Dunque, stando alla circolare del ministero della Salute, mascherina, a casa se sintomatici, lavaggio frequente delle mani, evitare il contatto con i fragili. «L’intenzione del Governo – spiega la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri – è quella di considerare il Covid una malattia infettiva come altre». A parlare è il presidente, Filippo Anelli: «Al momento i dati sono bassi, ma se salissero morti e ricoveri, andranno rivalutate le politiche e non soltanto per la scuola».
In giacenza ci sono ancora le scorte di gel e mascherine fornite della fase più dura della pandemia. Finito l’obbligo, ora ci si affida al buon senso. Ne è convinto Massimo Andreoni, docente universitario e direttore scientifico della Società Italiana di malattie infettive e tropicali. «Offrire una mascherina agli studenti? Non ci vedo nulla di male». Al contrario, Mauro Pistello, direttore di Virologia dell’ospedale di Pisa e vicepresidente della Società italiana di microbiologia, è convinto che «all’estero sarebbe visto come messaggio di incapacità».
Come gli anni di Covid hanno insegnato, difficile che tra gli esperti ci sia sempre una linea comune. «L’incidenza dei contagi sale con l’età» spiega il docente universitario Antonello Maruotti, co-fondatore dello StatGroup19 sugli studi statistici della pandemia. «Tra i bambini 0-9 anni è 15 casi per 100mila abitanti, nella fascia 10-19 è a 7. Si arriva a 69 per gli over 90».
I presidi, soprattutto in questi primi giorni di scuola, hanno chiesto di evitare gli assembramenti. «Nessun allarme. Se dovesse verificarsi una recrudescenza di casi – ma lo ritengo improbabile – scatterebbero i vari protocolli. Con la differenza che adesso siamo preparati». Così Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi. Da parte sua, piuttosto, l’invito a intervenire sulle criticità strutturali che attanagliano il mondo scolastico. Il precariato su tutti. «Il concorso centralizzato ha dimostrato, nei decenni, l’incapacità di soddisfare il fabbisogno di personale. La soluzione sarebbe l’assunzione diretta da parte delle scuole, con mini concorsi». Più rapidi e gestibili, con modalità simili al resto d’Europa e, soprattutto, a quei Paesi che hanno risultati scolastici migliori rispetto all’Italia. Nel frattempo, l’esercito di precari quest’anno tocca quota 200mila sugli 800mila posti per l’insegnamento. I supplenti sono un quarto del totale, una percentuale altissima. Altro problema riguarda il concorso per dirigenti scolastici con una media ogni 7 anni. «Dovrebbero essere banditi ogni 3 anni e questo ci dà la misura dell’inefficienza».
L’avvio delle lezioni si presenta complesso in molte aree perché non tutti gli istituti saranno al completo con l’organico. «Un fenomeno che si ripete da anni – ricorda la segretaria generale Cisl Scuola Ivana Barbacci – occorre anticipare in primavera anche le nomine in ruolo». Gianna Fracassi, segretaria generale Flc Cgil, attacca: «Una scuola che pretende di funzionare con 200mila supplenti, di cui più della metà sul sostegno agli alunni con disabilità, non è nelle condizioni di garantire stabilità, continuità, qualità della didattica». Anche la Uil Scuola, con il segretario Giuseppe D’Aprile, è netta: «Ci ritroviamo ancora una volta con classi senza insegnanti». E poi le graduatorie prima pubblicate, poi ritirate e ripubblicate con altri errori «favorendo il balletto dei docenti con ricadute su insegnanti scavalcati da chi ha un punteggio più basso e alunni e famiglie che vedranno la continuità didattica sempre più come miraggio».
All’amarezza degli addetti ai lavori si sommano le notizie preoccupanti in termini di edilizia scolastica. Secondo un censimento di Cittadinanzattiva, tra settembre scorso e agosto di quest’anno, nelle scuole si sono verificati 61 episodi di crollo o distacchi di intonaco. Danni e interruzione della didattica, ma anche alcuni feriti. Non sono indenni neppure gli Atenei, come quello di Cagliari. Qui, peraltro, si registra la chiusura dell’istituto comprensivo di Genneruxi, inagibile da circa una settimana. Si era anche pensato di sistemare tende della Protezione civile nel campetto da calcio, con all’interno banchi e sedie. Ma poi c’è stato il dietrofront. Alcuni genitori si dicono pronti ad andare altrove: «Chiediamo sia rispettato il diritto allo studio».