Parla lo scrittore censurato dalla Rai e attaccato da Meloni “I populisti sovranisti sono un rischio per tutte le democrazie”
AntonioScurati è più esplicito di sempre: «Il rischio perle democrazie liberali è qui e ora». Lo scandalo della censura del suo monologo d aparte della Raiha varcato i confini finendo sulle maggiori testate internazionali. Sollecitato dalle domande diRepubblica e di altri giornali del network europeoLena, lo scrittore allarga lo sguardo oltre la cronaca per inquadrare la portata politica e culturale della questione. In Italia intanto la festa della Liberazione diventa una prova del nove per saggiare la resistenza del tabù antifascista della destra al governo.
Giorgia Meloni dichiara su Instagram la sua «avversione a tutti i regimi totalitari e autoritari» e scrive in un post: «La fine del fascismo pose le basi per il ritorno della democrazia».
Non è proprio dirsi antifascisti, la parola continua a risultare ostica, per ragioni strategiche o identitarie?
«Prima di ogni calcolo politico c’è un motivo identitario. L’inimicizia nei confronti della cultura antifascista è parte integrante della storia personale e politica della premier e del gruppo dirigente che l’affianca. È una radice profondissima. L’identità neofascista giovanile è radicata, inestirpabile. Il sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu, ha tatuata sull’avambraccio la scritta “Trux”, che è una giocosa crasi tra il suo cognome e il termine “Dux”».
Giorgia Meloni è riuscita a smussare la sua immagine all’estero.
Quali tra le misure prese da questo governo le sembrano preannunciare un indebolimento della democrazia italiana?
«Ne cito una significativa. Il progetto di riforma costituzionale che prevederebbe l’elezione diretta del capo del governo e che, come insigni costituzionalisti hanno notato, svilirebbe il ruolo del Presidente della Repubblica come figura di garanzia e renderebbe il Parlamento ancora più marginale di quanto non sia già.Il discredito dell’istituzione parlamentare è un tratto comune a tutti i populismi sovranisti e li accomuna al fascismo mussoliniano.
Ciò che mi preoccupa è il peggioramento qualitativo della democrazia. Èin atto oggi una sua lenta e progressiva erosione. E il processo non riguarda solo l’Italia ma l’Europa. Il modello dei postfascisti sono le democrazie autoritarie o illiberali come l’Ungheria».
La premier non ha rinnegato né il partito illiberale polacco Pis né Orbán. Se alle elezioni europee dovesse ottenere intorno al 28% dei consensi, costituirà un rischio?
«I rischi ci sono. I successi elettorali di movimenti e partiti populisti sovranisti potrebbero intralciare la realizzazione di un’unità politica europea e anche di una difesa comune. Diversamente da quanto spesso gli analisti politici affermano, la vittoria elettorale della destra sovranista potrebbe accadere in altri Paesi, anche in Francia».
Tempo fa, proprio su Repubblica, lei ha dichiarato che è stato un errore ammettere nell’Unione europea l’Ungheria e la Polonia, lo pensa ancora?
«Sono tuttora convinto che l’allargamento dell’Europa sia stato fatto troppo in fretta, bruciando i tempi, mentre avrebbe avuto bisogno di maturare con modalità diverse.Ho seguito da semplice cittadino con apprensione le vicende politiche dellaPolonia, provo un grande senso di sollievo per l’esito delle ultime elezioni e per i democratici e progressisti polacchi».
Recenti sondaggi hanno rivelato che molti italiani sono contrari a mandare armi all’Ucraina: il 38% dichiara di non essere mai stato d’accordo, il 28% di aver cambiato idea e non esserlo più. Che fine ha fatto il senso della lotta per la Liberazione?
«L’Italia è ancora una volta l’avanguardia o il laboratorio di processi di trasformazione politica chepoi avvengono in altri Paesi europei.Lei usa un’espressione che mi piace molto: “il senso della lotta”.
In realtà non l’ha smarrito solo l’Italia ma un po’ tutta l’Europa occidentale.
Per ragioni storiche, quasi antropologiche: l’Europa occidentale, escludendo naturalmente i Balcani, ha vissuto il più lungo periodo di pace, prosperità, benessere che la storia dell’umanità ricordi.
L’ottundersi della coscienza civica, una certa smobilitazione dell’impegno civile, un certo individualismo egoista, sono conseguenze in parte di questo grande privilegio. Il che è anche una benedizione, per carità. Non rimpiango i tempi in cui gli italiani erano costretti a decidere se vivere o morire per combattere. Per tornare ai sondaggi, credo che il venir meno del sostegno morale alla lotta ucraina non dipenda da un calcolo ma piuttosto da apatia».
Come è cambiata la narrazione del fascismo in Italia?
«Il processo di revisione è cominciato prima di Giorgia Meloni. Ma ma non abbiamo visto attenuarsi il giudizio politico negativo della politica e dell’opinione pubblica sul fascismo. I postfascisti più che sulla riabilitazione esplicita del fascismo mirano alla liquidazione dell’antifascismo come fondamento della Costituzione e della Repubblica».
I conti con la storia in Italia non sono ancora stati fatti?
«Purtroppo no, per tante ragioni complesse tra cui il fatto che il sacrosanto mito resistenziale ha lasciato in ombra una verità essenziale, che doveva essere assorbita, elaborata e poi risputata nella coscienza collettiva: questa verità è che noi siamo stati fascisti, che il fascismo è stata una delle ultime invenzioni del genus italico e che quindi l’unico modo per seppellire questa identità è di assumersene la responsabilità e la colpa. Non è andata così, a differenza di quanto accaduto inGermania.La vittoria elettorale di FdI è stata l’ultima occasione storica in cui questo processo di catarsi avrebbe potuto avere luogo, ma è stato evitato sistematicamente».
Veniamo a lei: che cosa vuol dire per un privato cittadino, per uno scrittore, subire un attacco personale da parte del governo? Si aspetta delle scuse?
«Non si scuseranno mai, non è nella loro indole e non è nella loro convenienza soprattutto. Casomai scaricheranno la colpa su qualcuno dei loro e lo epureranno. Il loro metodo è sempre aggressivo, mai remissivo. Ho subito una violenza morale, psicologica. Sono stato additato come malfattore, truffatore, profittatore, quasi abbia estorto un compenso non dovuto. IlTg1ha offerto lo spettacolo indegno di una giornalista che ha chiesto la mia incriminazione per vilipendio alle istituzioni. Da tempo subisco minacce, non ho cambiatola mia vita. Ma al dilà del mio caso singolo abbiamo assistito ad attacchi aRepubblica, a Lilli Gruber, alla cancellazione della trasmissione di Roberto Saviano, alla querela a LucianoCanfora da parte della presidente del Consiglio».
Gettare discredito sugli intellettuali è un altro sintomo del populismo di stampo fascista?
«“Quando sento nominare la parola cultura metto la mano alla pistola”: la frase è di Goebbels. Non voglio affatto paragonare l’attuale classe dirigente italiana a Goebbels, però è vero che c’è un discredito dell’intellettuale da parte di questa destra estrema e populista. Screditare l’intellettuale, che sia portatore di un sapere letterario o scientifico, è una caratteristica del populismo sovranista. Ho subito attacchi personali anche da parte della seconda carica dello Stato, Ignazio La Russa. Ho preso qualche piccola iniziativa di dissenso, credo di essere stato l’unico italiano a rifiutare di far parte della delegazione che rappresenterà l’Italia come ospite d’onore alla prossima Buchmesse di Francoforte, ma non ho dato pubblicità alla cosa, altri lo avrebbero fatto, consapevole che nella maggioranza dell’opinione pubblica distratta prevale il fastidio per l’intellettuale di sinistra».
Che cosa l’ha ferita di più in questa storia che la riguarda?
«Sapere che i governanti del tuo Paese, eletti democraticamente dalla maggioranza del popolo ,possono arrivare a tali bassezze. C’è una corruzione dello spirito, un inquinamento di fondo».
L’intervista è stata realizzata insieme a Silvia Benedetti (LeSoir), Bartosz Hlebowicz (GazetaWyborcza), Valerie Segond (Le Figaro)e Clemens Wergin (Die Welt).