Cento appuntamenti in meno di due mesi alla ricerca delle impronte e dei segni che la storia ha lasciato e il presente ha raccolto e trasformato. È il tema del Chigiana International Festival di Siena
Una traccia, solitamente, è destinata a svanire: la traccia di un lupo nel bosco verrà coperta dalla neve, la traccia di un affresco o di un romanzo lascerà il posto alla versione definitiva. Ma quando la traccia diventa plurale e si ritrasforma in un reticolo di impronte, in una ramificazione di segni, quando traccia, insomma, diventa tracce, allora è assai più difficile cancellarla, raschiarla via, eliminarla. È esattamente questo l’intento palese, niente affatto sotterraneo, della edizione numero dieci di Chigiana international festival & Summer Academy, la gran festa di suoni dal mondo che per due mesi trasforma la città di Siena nella vera capitale della musica italiana.
L’edizione di quest’anno si svolge dal 5 luglio al 2 settembre e si intitola, per l’appunto, “Tracce”: un percorso alla ricerca delle impronte indelebili che la musica del nostro tempo ha trovato e ha lasciato lungo il suo cammino. «Il percorso che ci ha portato a cercare e a trovare queste nuove “tracce” – racconta Nicola Sani, il direttore artisticodell’Accademia Musicale Chigiana – inizia da lontano. Nell’arco di questo decennio abbiamo legato la musica ad alcune fondamentali categorie del sapere e dell’esperienza come la Natura, il Silenzio, la Luce, lo Spazio, la Parola, il Tempo, la Diversità. Quest’anno abbiamo cercato di far emergere una parola chiave della cultura contemporanea, tracce, appunto, che consente come poche altre di tenere legato il passato, i segni sonori che la tradizione ha lasciato dietro di sé, e il presente, ossia le impronte che la musica nuova ha trovato, raccolto e trasformato».
I numeri di questa decima edizione sono imponenti: oltre cento concerti in poco meno di due mesi, due grandi eventi all’aperto in Piazza del Campo, cinque spettacoli d’opera, otto prime esecuzioni assolute, ottocento interpreti, otto formazioni in residenza, senza dimenticare il cuore pulsante del festival, ossia i trentuno corsi di alta formazione musicale. Quali sono dunque le tracce principali che il festival ha colto, cercato, seguito? «La risposta sarà forse sorprendente, ma nel comporre il programma del festival mi ha guidato l’idea chele tracce del suono si trovino, in realtà, al di fuori del suono. I suoni che si organizzano in opere, concerti, spettacoli sono autentici “attori sociali” che dialogano tra loro e che entrano in relazione con gli esseri umani. Proprio per questa loro natura “sociale” gli oggetti sonori intrattengono rapporti non solo con chi li ascolta, ma con innumerevoli altri attori culturali: il cinema, le arti visive, la poesia, la letteratura, un paesaggio sonoro che si apre a ventaglio su infiniti “universi possibili”. È questo il paesaggio che abbiamo cercato di costruire mettendo in scena ben cinque titoli teatrali, tra i quali la novità assoluta di The Butterfly Equation di Thomas Cornelius Desi».
Ed è dunque per questo motivo che il focus del 2024 si concentra su György Ligeti, un compositore che come pochi altri ha creato nuove alleanze con diversi stili, arti, discipline? «Certo – continua Sani – il percorso di Ligeti è la rappresentazione esemplare del tema di quest’anno. Le sue tracce sono conficcate nella tradizione ungherese di Bartók, di Kodály, ma Ligeti le ha radicalmente trasformate inventando vocaboli nuovi come il micro- puntillismo, le variazioni didensità, una nuova drammaturgia della materia sonora. E la sua musica ha lasciato dietro di sé tracce profonde: l’idea di microstruttura raccolta da Stockhausen, il suono come macrocosmo che ha influenzato Scelsi, il rapporto tra timbro, spazio e tempo maturato da Feldman, e infinite altre ramificazioni». Di Ligeti il festival propone l’esecuzione di ben 28 brani, avvalendosi anche della presenza del figlio Lukas, compositore e percussionista. Ma molte altre sono le tracce profonde: il concerto inaugurale con l’Orchestra della Toscana e Marco Angius, con un programma che accosta, non a caso, Ligeti, Scelsi e Bartók, ilConcerto per l’Italiadel 19 luglio, in Piazza del Campo, con la Filarmonica della Scala e Myung-Whun Chung, la Sonata per viola e pianoforte di Šostakovi? eseguita da due maestre chigiane come Tabea Zimmermann e Lilija Zil’berštejn, il “tutto Schumann” con il baritono Christian Gerhaher e infine, tra le numerosissime novità, la radicale riscrittura “d’autore” delQuartetto per archi n. 8 di Salvatore Sciarrino.