Ma dietro le quinte si lavora al piano per arrivare alla pace
21 Settembre 2023Il progetto. La polemica
21 Settembre 2023
Pesa il pressing dei Paesi dell’Est, mentre cresce l’opposizione alle deroghe su nuove procedure di frontiera. Solidarietà e sostegno al nostro governo sia sul memorandum con Saied che sul piano per l’isola
Bruxelles
Niente negoziati con gli Stati membri sugli altri punti del Patto sulla migrazione se non arriverà il via libera all’ultimo grande dossier che ancora divide i 27: il regolamento sui casi di crisi e forza maggiore.
Il Parlamento Europeo alza la voce con le capitali, in un autunno che si preannuncia difficile, visto che si dovrà trovare l’accordo sull’intero Patto in tempo per le Europee di giugno. Sulla Commissione Europea, intanto, sale il pressing di vari Stati per l’attuazione del memorandum d’intesa con la Tunisia e del piano in dieci punti della presidente Ursula von der Leyen per Lampedusa. Ieri alla riunione dei 27 ambasciatori presso l’Ue, in preparazione del Consiglio dei ministri dell’Interno del 28 settembre, soprattutto Italia, Francia e Olanda hanno chiesto che la Commissione al Consiglio faccia un’informativa completa sullo stato di attuazione di entrambi.
A quanto si apprende, nella riunione degli ambasciatori vari Stati membri hanno offerto solidarietà all’Italia, anche se un portavoce del cancelliere tedesco Olaf Scholz ha lamentato che la Germania è a sua volta «oberata» sul fronte migratorio, lasciando capire di essere lei più dell’Italia ad aver bisogno di sostegno.
Ieri intanto Frontex, l’Agenzia delle frontiere esterne Ue, ha annunciato che amplierà il suo sostegno all’Italia, aumentando il numero di ore dei voli che monitorano il Mediterraneo e offrendo ulteriori immagini satellitari delle principali aree di partenza dalla Tunisia.
Quello che il Parlamento ha stoppato sono i negoziati su due normative Ue su cui da tempo i 27 hanno trovato un’intesa: Eurodac (la raccolta delle impronte per il database Ue) e lo screening dei migranti irregolari alle frontiere esterne. Sono due delle cinque normative che compongono il Patto. Altre due approvate (a maggioranza, per aggirare il veto di Polonia e Ungheria), l’8 giugno a Lussemburgo – dopo anni di negoziati – riguardano il “cuore” del Patto: la gestione della migrazione e dell’asilo con il varo della solidarietà obbligatoria in caso di crisi (o accoglienza da un bacino complessivo di 30.000 migranti, o pagamento di 20.000 euro a migrante non preso) e sulle procedure di asilo. All’appello manca solo il regolamento sulle situazioni di crisi e di forza maggiore, che rende obbligatoria la solidarietà e accelera i tempi per fare scattare la ridistribuzione, e prevede una serie di deroghe sulle responsabilità dei Paesi di prima linea in caso di crisi.
« Il Parlamento – ha dichiarato la presidente del Gruppo di contatto sull’asilo, l’eurodeputata bulgara socialista Elena Yoncheva – ha ripetutamente sottolineato il suo impegno a una riforma complessiva delle politiche Ue di asilo e migrazione » e «il regolamento sulle crisi è un elemento essenziale ». L’accordo sul regolamento sulle crisi è lontano. Pesa il pressing dei Paesi dell’Est di includere tra le situazioni di emergenza la «strumentalizzazione » dei flussi (come ha fatto la Bielorussia,
che ha convogliato migliaia di migranti irregolari alle frontiere degli Stati Ue confinanti), che la Germania rifiuta. Inoltre, alcuni Paesi, come l’Austria, la Danimarca, la Finlandia (in parte anche la Francia), si oppongono a qualsiasi deroga agli obblighi di attuare la procedura di frontiera, mentre l’Italia chiede massima flessibilità. E la Germania mantiene forti dubbi sulle deroghe, legati soprattutto ai timori di un allentamento del rispetto dei diritti umani, che preoccupa soprattutto la componente verde della coalizione “semaforo” a Berlino. E poi c’è l’ostruzionismo di Ungheria e Polonia, contrarie all’intero Patto e soprattutto a qualsiasi forma di solidarietà obbligatoria.
La presidenza spagnola ha preparato un testo di compromesso, che però ancora non convince, tanto che Madrid al Consiglio del 28 settembre aveva deciso di dedicare al punto solo un’informativa. Ieri però vari ambasciatori, tra cui quello italiano, hanno chiesto un vero dibattito, e probabilmente l’otterranno. Molti Stati, inoltre, chiedono un’intesa al più presto.